mardi 9 octobre 2007

Conversation de Milan, première partie : les échanges

PRIMA PARTE

GLI SCAMBI

- Les échanges -

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Friday, October 19, 2007 6:47 AM

Subject: [SLP-Corriere] COMUNICATO N. 1 DI JACQUES-ALAIN MILLER

Comunicato n. 1

Informo la comunità italiana del Campo freudiano che sarò a Milano la domenica 28 ottobre prossimo. Presiederò, la mattina e il pomeriggio, una Conversazione in cui le contraddizioni che ingombrano l’avanzata del Campo freudiano in Italia saranno esplicitate e trattate in senso dialettico. L’ingresso sarà libero per tutte le persone interessate. I fondatori del nuovo Istituto di psicoanalisi applicata recentemente riconosciuto (legge Ossicini) vi esprimeranno senza censura di nessun tipo le loro ragioni e le loro intenzioni, come pure le loro critiche relative alla SLP e all’Istituto freudiano. Invito i responsabili di queste due istituzioni a esprimersi persino in tutta libertà. Il pomeriggio sarà consacrato al dibattito generale, che non durerà meno di tre ore. In un secondo comunicato, darò le informazioni necessarie: luogo della Conversazione; orari previsti; redazione e invio degli interventi scritti che verranno letti il mattino. Una pubblicazione esaustiva seguirà. — Jacques-Alain MILLER, 19 ottobre 2007

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Friday, October 19, 2007 5:41 PM

Subject: [SLP-Corriere] COMUNICATO N. 2 DI JACQUES-ALAIN MILLER

Comunicato n. 2

Cari colleghi, ho il piacere di annunciarvi che, consultati tramite posta elettronica questa mattina, i membri del Consiglio d’amministrazione di UFORCA, l’unione delle 25 Sezioni cliniche di Francia e del Belgio, hanno deciso all’unanimità che la nostra associazione anticiperà l’importo delle spese della Conversazione del 28 ottobre, ovvero: 1 volo in business class andata ritorno Parigi-Milano; 2 notti d’albergo; affitto della sala. Il nostro collega H. Castanet, di Marsiglia, in viaggio studio in Cina, ha dato il suo accordo per telefono. Faccio ricercare una sala disponibile a Milano. Qualsiasi informazione in questo senso è benvenuta. Nel prossimo comunicato darò i primi elementi del programma. — Jacques-Alain MILLER, 19 ottobre 2007

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Saturday, October 20, 2007 1:55 PM

Subject: [SLP-Corriere] COMUNICATO N. 3 DI JACQUES-ALAIN MILLER

Comunicato n. 3

Cari colleghi, la Conversazione del 28 ottobre non ha ancora una sala, ma vi posso dare gli elementi del programma così come l’ho in mente. Ingresso libero. Accoglienza alle 9 e 30, dalle 10.00 alle 13.30: lettura degli interventi scritti, inframmezzata da discussioni. Pomeriggio, dalle 15.00 alle 18.00: dibattito generale. Gli interventi scritti (durata massima da 5 a 10 minuti) devono pervenirmi entro giovedì 25 ottobre, alle ore 20.00, a mezzo posta elettronica all’indirizzo mail: jam@lacanian.net con l’oggetto: conversazione. Per dare in prospettiva un avvenire all’evento, annuncio che la mia intenzione è che questa Conversazione non sia l’ultima: prevedo fin da ora di tenere la successiva fra un anno, in prossimità del sabato 1° novembre, sempre a Milano. — Jacques-Alain MILLER, 20 ottobre 2007

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Saturday, October 20, 2007 11:55 PM

Subject: [SLP-Corriere] DA JACQUES-ALAIN MILLER – SCAMBI

Scambi 1. Avendo ricevuto una e-mail da Carlo Viganò, gli ho chiesto se potevo diffonderla su SLP-Corriere: “d’accordo”, mi ha risposto. Questa, dunque, è una nuova rubrica che s’inventa, quella dei nostri primi scambi che precedono il 28 ottobre. Riceverò volentieri dei testi per questa “Conversazione prima della Conversazione”, all’indirizzo jam@lacanian.net con oggetto: scambi. — Jacques-Alain MILLER, 20 ottobre 2007

Caro JAM,

senza attendere il comunicato che dovrebbe fornire le ‘informazioni necessarie’ le invio un breve scritto in cui proverò ‘ad esprimermi persino in tutta libertà’.

Non ho mai avuto altre responsabilità che quella di un insegnamento nell’I F, ma faccio parte del Consiglio SLP e mi ritengo comunque responsabile di questa scuola. A questo titolo intervengo.

Dunque viene fondato un nuovo Istituto di psicoanalisi applicata e questo evidenzia delle ‘contraddizioni che ingombrano l’avanzata del Campo freudiano in Italia’. Gli interessati sono invitati ad esplicitarle per poterle trattare in senso dialettico in una Conversazione a Milano.

Ora: non è da oggi, evidentemente, che ‘i fondatori esprimono le loro ragioni e le loro intenzioni, come pure le loro critiche relative alla SLP e all’Istituto freudiano’ e questo ha prodotto degli effetti. In particolare ha prodotto in me (e per me) e così credo per ciascuno, se non in ciascuno, una forma di verità soggettiva riguardo alle due istanze. Essa si è già tradotta in decisioni, uno per uno, che riguardano la psicoanalisi (e la scuola).Una verità soggettiva non è però un giudizio, o non lo è sempre, dal momento che i pregiudizi pullulano.

Questo è il primo punto: come fare perché una Conversazione, che si svolgerà fra una settimana, possa portare ciascuno a formulare un giudizio e poi a confrontarlo ‘dialetticamente’ con quello di altri? La Conversazione non tende, come tale, a produrre un nuovo ed inedito effetto di verità, questa volta collettivo, che farà sì che ciascuno se ne esca con l’idea di appartenere alla verità emersa oppure all’area d’ombra che essa avrà creata?

Ammettiamo pure che nella situazione italiana si sia prodotta una urgenza tale da rendere inevitabile la produzione di tale verità. Io ritengo che purtroppo sia così, dal momento che diversi tentativi di portare alla ribalta la dialettica ora auspicata, andarono a vuoto in passato. Allora vengo al secondo punto, che concerne i modi differenti dell’implicazione delle due istanze, SLP e Istituto freudiano, nella suddetta dialettica.

Le ‘proposte’, per quanto ne sappiamo, riguardano il discorso Istituto, cioè quel passaggio che, nella formazione dell’analista, articola il suo discorso con quello del sapere (Università), con tutto il peso di potere che oggi il sapere ha preso nella società. In linea di principio ritengo che qui si possa pensare ad un pluralismo delle vie secondo cui viene fatto il passaggio al discorso universitario, che può lasciare il soggetto “libero” nella sua scelta di desiderio rispetto alla psicoanalisi. Anche se capisco quanto il peso politico del sapere-potere incida in una realpolitik (che comunque non è la politica del reale).

Invece ‘le critiche relative alla SLP’ devono poter essere elaborate all’interno del lavoro di scuola (cartelli, insegnamenti, convegni, scrittura, passe e controlli della clinica), fino a portare ciascuno ad una sua decisione (non collettiva, ma uno per uno). Non è ancora del tutto spento, in Italia, il ricordo di una frattura che si produsse a questo livello e che rese molto difficile a molti lo svolgimento di questo compito nella scuola.

In termini concreti (ed è il terzo ed ultimo punto) direi di tener ancora una volta presente l’esempio di un’altra storia dove verità soggettiva e verità pubblica trovano un difficile accordo, quello ricordato da lei, proprio a Milano, della Rerum novarum e anche del suo seguito più recente.

La dialettica a livello del sapere, cioè il dibattito, potrà trovare un ambito regolato, di cui il Campo freudiano si può fare protagonista, creando con la sua autorevolezza circoli virtuosi di dibattito e di presenza pubblica. La formazione dell’analista invece non può avere come ambito di crescita che la scuola una, quella che è capace di dare un esito di ricerca soggettiva alle dissidenze. In questa direzione trovo che sia centrale per la ‘comunità italiana’ una riproposta della passe che tenga conto degli sviluppi da lei dati nel suo Corso al tema dell’inconscio reale.

Cordialmente suo

Carlo Viganò

Milano, 20 ottobre 2007

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From: Marco Focchi

To: SLP-Corriere

Sent: Sunday, October 21, 2007 1:17 PM

Subject: [SLP-Corriere] Conversazione 28 ottobre

VERSO IL 28 OTTOBRE

La logica della Conversazione, come si è sviluppata nel Campo freudiano, presuppone la lettura preliminare dei testi di cui poi si discuterà nel momento dell’incontro. La Conversazione del 28 ottobre avrà tra l’altro, come proprio oggetto, una serie di critiche scientifiche ed etiche che Massimo Recalcati e i fondatori del nuovo Istituto riconosciuto dalla legge Ossicini (e che ora chiede di essere riconosciuto dal Campo freudiano) rivolgono all’Istituto freudiano e alla SLP. Chiederei a Massimo di approfittare dello spazio di Scambi aperto da Miller per rendere pubbliche le sue critiche, in modo da arrivare a discuterne pacatamente domenica prossima, avendo sgombrato il campo dalle congetture e potendosi appoggiare alla solidità delle argomentazioni.

Marco Focchi

Presidente SLP

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Sunday, October 21, 2007 9:12 PM

Subject: [SLP-Corriere] COMUNICATO N. 4 DI JACQUES-ALAIN MILLER

Comunicato n. 4

Cari colleghi, Grazia, dell’Istituto freudiano, mi fa sapere che ieri è riuscita ad avere un’opzione informale per telefono per una sala di 280 posti, disponibile tutta la giornata di domenica 28 ottobre, al prezzo di 3.160,00 €, più 40 € l’ora per il tecnico audio/registrazione. Avrà tutti i dettagli domani, me li invierà ma, a priori, va bene. — Jacques-Alain MILLER, 21 ottobre 2007

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Tuesday, October 23, 2007 5:23 AM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 2

Ho apprezzato le riflessioni di Carlo articolate sui vari registri istituzionali messi in gioco dal tema della Conversazione di Milano.

Concordo sul principio che il discorso universitario può lasciare il soggetto libero nella sua scelta desiderante verso la psicoanalisi e, per questa ragione, essendo l’IF modellato su un insegnamento universitario, vale anche per esso tale principio.

Quello che però, a questo punto, va aggiunto di essenziale è l’autentico obiettivo dello sforzo che guida la politica dell’IF, che non può considerarsi confinato al conferimento di diplomi di psicoterapeuta.

Credo infatti che si possa essere d’accordo nel dire che il nostro insegnamento in questo contesto punti oltre il discorso universitario, cioè a creare le condizioni di una domanda verso la Scuola, che è Una, come ben ricorda Carlo. In altri termini, è per noi prioritario creare nell’allievo di oggi le condizioni di un desiderio di far parte domani della SLP, per continuarvi lì la sua formazione analitica.

In questo senso, vedo un nesso diretto e unico tra la SLP e l’Istituto Freudiano, mentre la presenza di un altro Istituto in Italia che chiede di far parte del Campo Freudiano, in un contesto di rottura di transfert con la SLP, mi chiedo, a quale al di là di Scuola punterebbe a rilanciare la domanda? Verso quale Scuola di Psicoanalisi del CF indirizzerebbe il desiderio di formazione? Dobbiamo presumere, alle Scuole in Europa, o perchè no in America Latina?, con l’evidente assurdo, almeno ai miei occhi, di una tale situazione, dove ritroviamo, a un grado secondo, la negazione del transfert iniziale.

Per il nesso di struttura di transfert di lavoro che lega l’Istituto alla SLP non vedo come si possa praticare la strada di una moltiplicazione degli Istituti di formazione psicoterapeutica affiliati al Campo Freudiano in Italia.

Paola Francesconi

Ho scritto questo testo per un dibattito interno dell’École de la Cause freudienne, lo invio a SLP-Corriere come contributo a Scambi. JAM, 23 ottobre 2003


Del trattamento dialettico delle opinioni, di Jacques-Alain Miller

L’opinione è un sapere, una forma elementare del sapere (platonismo di Lacan). Su un oggetto dato, ciascuno ha la propria opinione (almeno una). Le opinioni sono naturalmente plurali; saranno espresse? Saranno taciute, imbavagliate? Si affermeranno, vacilleranno, s’invertiranno? Persisteranno, deperiranno o addirittura si dissiperanno? Dipende.

Le opinioni che si esprimono in una comunità di parlesseri tendono normalmente a organizzarsi in contraddizioni. Vi sono due trattamenti possibili di tali contraddizioni: acuirle sino a che diventino contrapposte; limarle sino a che risultino compatibili e armoniose (Leibniz) o che si sopprimano e si superino per Aufhebung (Hegel). Il primo trattamento conduce alla separazione: esclusione di uno o più individui; partenza di una minoranza; addirittura dissoluzione della comunità. Il secondo, invece, rinforza l’alienazione-identificazione al migliore del gruppo: le contraddizioni animano un dibattito, il dibattito dimostra una dinamica, la dinamica si comunica, si estende e la comunità vince. La sua vita diventa più presente ai suoi membri, più intensa; essa diventa per se stessa un soggetto-supposto-sapere, la causa di un nuovo amore; muta e si trasforma. È il senso stesso della pratica detta della Conversazione, istituita una decina di anni fa nel Campo freudiano.

Bisogna che, in occasione di un’elezione, dei “programmi” si oppongano? Questo non sarebbe conforme, mi sembra, alla dinamica più sopra descritta della doxa. Sarebbe preferibile che l’elaborazione collettiva di un programma tramite l’Aufhebung delle opinioni (“orientamenti”) preceda l’elezione individuale dei responsabili, altrimenti la comunità cesserebbe d’essere soggetto (detto rapidamente; da dimostrare). Diciamo almeno che è auspicabile in una comunità radunata dalla convinzione (o dallo sforzo per) che la fine dell’analisi, ad esempio, non è (non sia) una questione d’opinione, ma di elaborazione collettivamente controllata.

Si deve riservare la pratica della Conversazione a momenti privilegiati e rari per conservarle le sue virtù? O si deve istituire uno spazio elettronico permanente d’informazione e di dibattito? Internet riserva a ciascuno un accesso diretto a molti personaggi un tempo irraggiungibili; anche i costumi (Rachida Dati, “nobody”, ricevuta da Sarkozy dopo quattro lettere); gli scambi tra membri (350) potrebbero essere fluidi e costanti, non eccezionali e compassati, o invece acidi. C’è però un ma: la comunicazione costante rende insipida, spunta la parola, annega i suoi poteri nel blablablà. Dunque, non so. È da discutere.

Jacques-Alain Miller

Parigi, 15 ottobre 2007

NB: mi sarebbe piaciuto avere il tempo di sviluppare “l’arte delle controversie” secondo Leibniz; comprendere meglio, dal punto di vista dell’utente, alcuni riferimenti della “Fenomenologia dello spirito”, confrontandoli con il “Contratto sociale”; evocare l’interesse di Lacan per il “Trattato dell’argomentazione” di Perelman.

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Tuesday, October 23, 2007 5:34 AM

Subject: [SLP-Corriere] COMUNICATO N. 5 DI JACQUES-ALAIN MILLER

Comunicato n. 5

Cari colleghi, la Conversazione del 28 ottobre si terrà al Centro Congressi Palazzo delle Stelline, Sala Volta, C.so Magenta, 61 20123 Milano, secondo gli orari indicati (accoglienza alle 9.30; inizio alle 10.00). Vi ricordo che gli interventi scritti devono pervenirmi entro giovedì alle 20.00, all’indirizzo jam@lacanian.net, con l’oggetto: conversazione. Mi si possono inviare anche dei testi per la rubrica scambi. Miquel Bassols e Hebe Tizio, di Barcellona, che dirigono l’Istituto del Campo freudiano in Spagna, mi annunciano che saranno presenti a Milano. Analogamente, Vicente Palomera, attuale Presidente dell’École Européenne, tenta di liberarsi per venire. Éric Laurent mi ha avvertito che sta preparando un testo per scambi. Qui di seguito troverete tutte le indicazioni necessarie per raggiungere il Palazzo delle Stelline. — Jacques-Alain MILLER, 23 ottobre 2007

COME RAGGIUNGERE IL CENTRO CONGRESSI

È possibile visualizzare la mappa nel sito www.stelline.it CENTRO CONGRESSI - DOVE SIAMO

Prendere come punto di riferimento la Stazione Cadorna (Ferrovie Nord, Metropolitana Linea 1 e Linea 2). Prendere Via Carducci e svoltare in Corso Magenta; proseguendo si arriva a Sant’Ambrogio e al Museo della Scienza.

Oppure si può arrivare fino a Piazza Sant’Ambrogio (MM Linea 2) e raggiungere Corso Magenta da Via Carducci, o in Piazza della Conciliazione (MM Linea 1) e attraverso Via Ruffini entrare in Piazza Santa Maria delle Grazie, dove vi sono la splendida Basilica e l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci.

AUTOBUS 16 - 18 - 19 - 50

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Tuesday, October 23, 2007 2:48 PM

Subject: [SLP-Corriere] LETTERA DEL DELEGATO GENERALE DELL'AMP AI MEMBRI DELLA SLP

Lettera ai membri della SLP

Gli sviluppi recenti della situazione italiana presentano un carattere senza precedenti, per l’AMP, e richiedono un commento da parte del suo Delegato generale.

Sei colleghi italiani, alcuni dei quali sono membri della SLP, hanno annunciato, dopo aver ottenuto il riconoscimento ufficiale di un Istituto di psicoanalisi da loro creato, di aver deciso di tagliare ogni rapporto con la SLP, pur volendo mantenere dei legami con l’AMP. Desiderano, dunque, poter rimanere membri dell’AMP senza essere più membri della SLP. Hanno in mente un modo di legame associativo specifico per loro. Questa domanda è inedita. Nel Campo freudiano, è capitato che Istituti diversi stessero vicini. Invece, non accade mai che due associazioni di psicoanalisi, che due scuole, siano riconosciute dall’AMP in uno stesso paese.

Vi è, nell’AMP, un profondo movimento verso l’uno; non per questo, però, essa misconosce il molteplice. In effetti, cos’è l’AMP? Essa è stata fondata il 7 gennaio 1992 da Jacques-Alain Miller. Tale creazione ricevette immediatamente l’approvazione delle quattro Scuole allora esistenti nel Campo freudiano: l’École de la Cause freudienne in Francia (ECF), l’Escuela del Campo freudiano di Caracas (ECFC), la Scuola Europea di Psicoanalisi del Campo freudiano (EEP) e l’Escuela de la Orientación lacaniana del Campo freudiano in Argentina (EOL). Il 1° febbraio 1992, l’AMP e queste quattro Scuole hanno firmato il Patto di Parigi: le quattro Scuole hanno così deciso di convergere nell’AMP.

Da un lato, l’AMP deriva dalla comunità internazionale plurilingue che ha preso forma e consistenza nel corso dei venticinque anni trascorsi dopo il primo Incontro internazionale del Campo freudiano, convocato a Caracas in presenza di Jacques Lacan, (1980). Questa comunità è molteplice.

Dall’altro, essa è organizzata sotto forma di Scuole. Cos’è una Scuola? La fondazione dell’École Freudienne de Paris il 21 giugno 1964 riaffermò al contempo la validità dell’esperienza psicoanalitica e la necessità di ristabilirne il principio freudiano nella teoria e nella pratica; con questa fondazione, Jacques Lacan introdusse la nozione di una forma associativa sino ad allora inedita: al posto della Società divenuta tradizionale, fondata sul riconoscimento reciproco dei didatti, egli propose la Scuola, i cui membri avrebbero trovato nel riconoscimento di un non-sapere irriducibile – S /(A) – che è l’inconscio stesso, la molla per proseguire un lavoro di elaborazione orientato dal desiderio di un’invenzione di sapere e della sua trasmissione integrale, quello che in seguito Lacan avrebbe chiamato il matema.

La Scuola, incentrata sull’elaborazione dell’esperienza analitica quale si raccoglie nell’esperienza della Passe, presuppose un movimento di elaborazione oggettiva di tale esperienza. In questo senso, essa tende verso l’Uno dell’elaborazione trasmettibile. Una Scuola trova in questo il fondamento della sua unità. Carlo Viganò, nella sua lettera del 20 ottobre, ha indicato molto bene questo punto quando ci dice che “La formazione dell’analista invece non può avere come ambito di crescita che la scuola una, quella che è capace di dare un esito di ricerca soggettiva alle dissidenze. In questa direzione trovo che sia centrale per la ‘comunità italiana’ una riproposta della passe che tenga conto degli sviluppi da lei dati nel suo Corso al tema dell’inconscio reale.”

Questo movimento verso il reale in gioco nella formazione dell’analista è anche quello che fonda l’unità tra le Scuole. Sostiene il desiderio che si è manifestato quando, il 14 luglio 2000, il Congresso dell’AMP adottò la “Dichiarazione della Scuola Una”, che precisa la dinamica che lega le Scuole: “Se i suoi membri si distribuiscono in diverse Scuole, che sono l’ambito naturale del loro lavoro quotidiano, essi sentono comunque di far parte di uno stesso insieme, di condividere gli stessi riferimenti e lo stesso destino nella psicoanalisi, di costituire un unico e stesso movimento mondiale… I firmatari, membri dell’Associazione Mondiale, si riconoscono come compagni di una medesima causa e dichiarano di costituirsi in Scuola Una. Una, in senso contrario alla tendenza naturale verso l’allontanamento, la divergenza, la dispersione. Una, ma senza la noia che va assieme all’omogeneità dell’Uno, poiché plurale e non standard…”

Tale movimento verso l’Uno fonda l’originalità dell’AMP. “Non è tutto un mondo come lo è l’IPA, che è un conglomerato di gruppi psicoanalitici o il loro parlamento. L’AMP è solo un gruppo, un gruppo solo, i cui membri sono ripartiti in Europa e in America Latina, un gruppo, ma è il più compatto e numeroso che ci sia al mondo”. (1)

La domanda di questi colleghi di essere, da un lato, membri dell’AMP senza avere, dall’altro, rapporti con la SLP, pone dunque all’AMP un problema di grande entità. In questo senso, essa può concepire di rinunciare al suo attaccamento all’Uno? Può forse prendere in considerazione questa ipotesi senza attentare al concetto stesso di Scuola?

In seno a una stessa Scuola, certe forme del molteplice hanno modo di presentarsi, a condizione che non ostacolino la polarizzazione della Scuola attraverso l’esperienza della Passe. La logica che porterebbe con sé il riconoscimento di due associazioni di psicoanalisi in uno stesso paese sarebbe quella di ammettere due dispositivi, addirittura due concezioni diverse della passe. Esse divergerebbe rapidamente senza che l’unificazione nei lavori dell’AMP possa porre rimedio al male.

Le questioni poste da questi colleghi all’AMP potranno essere sviluppate durante la Conversazione del 28 ottobre con Jacques-Alain Miller. Lo saranno sullo sfondo di quanto vi è di decisivo nell’articolazione delicata dell’Uno e del molteplice nell’estensione del campo dell’AMP.

Éric Laurent

(1) J.-A. Miller, Lettere all’opinione illuminata, Astrolabio, Roma, 2002, p. 171.

Traduzione: Adele Succetti

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Tuesday, October 23, 2007 3:38 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 3

Cari Colleghi della SLP

Marco Focchi mi invita ad aprire il dibattito in vista dell’incontro convocato da JAM per la prossima domenica a Milano. Mi invita ad esplicitare ciò che nella mia lettera di dimissioni inviata il 12 febbraio 2007 a JAM, e per conoscenza al Presidente dell'Istituto Freudiano e a Focchi stesso, in riferimento alla politica dell’Istituto Freudiano, definivo sinteticamente “gravi alterazioni etiche e scientifiche”. Attualmente questo mio giudizio si estende anche alla SLP.

Veniamo a quelle che considero alterazioni etiche. Come molti di voi ricorderanno nell’autunno del 2002 decisi di lasciare l’ABA seguito da alcuni amici. Fu per me un passo difficile perchè metteva fine ad una bella avventura e inevitabilmente comprometteva legami di amicizia importanti per la mia vita. Fu però una scelta necessaria perchè i miei sforzi di rendere quella istituzione più coerente col discorso analitico avevano urtato contro un limite che dovetti constatare essere insuperabile: la logica economicistica dell’azienda prevaleva inesorabilmente su quella clinica. Insieme ad altri compagni di strada abbiamo dato vita a JONAS. Questa nuova istituzione di psicoanalisi applicata intendeva non disperdere il patrimonio scientifico accumulatosi negli anni di lavoro in ABA, riorientandolo però in modo più coerente verso il Campo Freudiano. Nacque, dunque, JONAS, sputato dalla balena dell’ABA. Nacque su uno slancio personale e collettivo di grande forza. Eravamo più poveri ma più felici, come si dice. Molti giovani, per lo più allievi dell’Istituto Freudiano, ci hanno seguiti con entusiasmo. Abbiamo iniziato una nuova avventura navigando tra mille difficoltà. Abbiamo probabilmente commesso alcuni errori nella guida di questo processo tumultuoso. JONAS nasceva ufficialmente il 28.1.03. Nasceva, lo ripeto, come un’istituzione di psicoanalisi applicata alla terapeutica, sulla scia delle elaborazioni teoriche che JAM stava in quel tempo mettendo a punto. Il suo intervento nel campo della formazione riguardava esclusivamente la formazione degli operatori e in nessun modo si faceva riferimento alla formazione dello psicoanalista. Tuttavia, le prime accuse che ci investirono furono di questo genere. Vi candidate ad essere dei formatori di psicoanalisti! Autorizzate alla pratica della psicoanalisi! Siete malignamente concorrenziali con la SLP! Queste accuse ci venivano rivolte dai vertici della SLP e dell’Istituto Freudiano ma rimbalzavano, salvo rare eccezioni, in tutta la nostra comunità di lavoro. Cercammo in tutti i modi di far intendere che la nostra vocazione non era formativa ma applicativa. Intervenimmo sugli statuti stessi della nostra Associazione ribadendo in modo ancora più chiaro e netto che, cito l’articolo 3, “JONAS considera la formazione dello psicoanalista di pertinenza dell’AMP e delle sue Scuole e ad essa rinvia per tutto ciò che ne investe le procedure della sua produzione (analisi personale e controllo) e della sua verifica (passe)”.

Il nostro obbiettivo era quello di offrire al Campo Freudiano un progetto che avrebbe avuto bisogno del suo sostegno pieno per potersi sviluppare con forza. Eravamo su di una zattera, esposti ai quattro venti. Sconosciuti dal territorio, diffamati dall’ABA, senza risorse economiche, attaccati dai nostri stessi colleghi. Avremmo invece davvero avuto bisogno del Campo Freudiano come partner! JAM fu il solo a tenderci una mano con la creazione del RIPA (a cui il significante IRPA rinvia anagrammaticamente come un omaggio). Ma la reazione dei rappresentanti italiani del Campo Freudiano, del Presidente dell’Istituto e del Presidente della SLP, come dello stesso Consiglio della SLP, fu di aggressione rabbiosa o di silenzio neutrale. Idem per PIPOL che ci ha censurati sino allo scorso anno per poi notare con tono di rimprovero la nostra assenza al suo ultimo incontro congressuale. La diffusione della calunnia, delle accuse di personalismo, di azione ipnotica sui giovani, di affarismo, di verdiglionismo, circolarono in tutta la nostra comunità….

Permettetemi però di non voler indugiare sui dettagli di quella reazione e sulle sue manifestazioni più odiose. Per me, per noi che abbiamo fatto JONAS e per tutti coloro che oggi ci lavorano con entusiasmo, applicati alla clinica e all’intervento nel sociale, tutto questo appartiene al passato. JONAS è sopravvissuto ai mari in tempesta e cresce bene. Non abbiamo rancori.

Vorrei però ricordare una delle accuse più ingenerose che ci colpirono perchè ad essa si collega il progetto e la realizzazione di IRPA. L’accusa era quella di svuotare l’Istituto Freudiano dei suoi allievi. Nessuna accusa si rivela forse più ingiusta e calunniosa di questa. Lo dice uno che con il suo lavoro ha orientato negli anni, in modo continuo, verso l’Istituto una vera e propria massa di persone. Ma lo dice anche il fondatore di Jonas. Nessuna emorragia! Con lealtà Jonas ha sempre indirizzato i suoi tirocinanti verso l’Istituto Freudiano riconosciuto come uno strumento indispensabile della Scuola. Indietro ci tornava però solo diffamazione, tornavano gli allievi disorientati, intimoriti dal clima ostile a Jonas in cui si trovavano.

Un solco etico si è scavato ed è oggi impossibile negarne l’incidenza. Con la nascita dell’IRPA abbiamo costruito un luogo dove potremmo indirizzare chi conosce la psicoanalisi di Lacan attraverso JONAS, o chi la conosce attraverso il nostro lavoro personale nelle Università e nelle Istituzioni della salute mentale, senza però temere di esporli ad un luogo attraversato da un transfert negativo sul nostro stesso lavoro.

Per non prendere troppo spazio, vengo ora alle alterazioni scientifiche. Entro nell’argomento con un ragionamento di fondo che secondo me è al cuore di questa crisi e che mi auguro possa aprire una nuova prospettiva del Campo Freudiano in Italia. Il mio ragionamento parte dal presupposto che dove si dà una versione monolitica dell’Uno, dove cioè l’Uno assume la funzione sclerotizzante del dogma, si verificano inevitabili effetti di censura e di inebetimento collettivo. La didattica dell’Istituto Freudiano e la politica culturale della SLP, seppure con differenze sensibili che non ho il tempo di approfondire, si reggono a mio modesto giudizio su di una interpretazione scolastica (sia nel senso della burocrazia, sia in quello ontologico) del carattere di eccezione che ciascuno di noi riconosce alla lettura di JAM del testo di Lacan. Un sintomo evidente di ciò che sto affermando? Le tesine dell’Istituto Freudiano, come la stessa produzione scientifica della SLP. Ciò che si incentiva non è la soggettivazione critica della propria esperienza e del rapporto con i concetti della psicoanalisi, ma la loro riproduzione asettica, sterilizzata. Siamo di fronte ad una deformazione universitaria del sapere a cui però si aggiunge un motivo suggestivo. L’S2 del sapere ripetuto dà luogo alla fascinazione verso l’S1 dell’enunciazione dogmatica seguendo un circolo che rafforza se medesimo e che conduce inevitabilmente a cancellare o a denigrare tutto ciò che esiste al di fuori da questo stesso circolo. Questo circolo è composto dalla triade Freud-Lacan-Miller. L’andamento dei lavori teorici e delle tesine degli allievi (tranne ovviamente eccezioni) tendono a ripercorrere infinte volte questa triade ma sempre secondo percorsi predefiniti. In questo modo il sapere si irretisce, diviene appunto scolastico, manca di ossigeno, si stereotipa in formule olofrastiche, sino al limite dello slogan o del mantra. C’è linguaggio senza parola direbbe Lacan. Questo non significa, lo ripeto, che io neghi che quella triade sia ciò che fa consiste la psicoanalisi come teoria e come esperienza, ma proprio perchè penso questo, cioè penso che Freud-Lacan-Miller, facciano consistere la psicoanalisi come teoria e come esperienza, si abbia il dovere etico di praticarla adeguatamente. Non dunque sotto il segno della ripetizione conformista, ma sotto quello della soggettivazione critica. Per questa ragione profonda io penso che la pratica della censura (denigrazione, cancellazione, misconoscimento di tutto ciò che cade all’esterno del circolo chiuso del sapere dogmatico) sia oggi cuore della politica culturale dell’Istituto Freudiano e della SLP.

Vengo alla conclusione di questo mio primo intervento. La psicoanalisi ama il molteplice nelle sue determinazioni più particolari. È solo per la via di questo amore che essa rende possibile che vi sia dell’Uno. Perchè se il molteplice viene azzerato dall’Uno non c’è psicoanalisi ma psicologia delle masse. Non molto tempo prima di morire Gennie Lemoine mi aveva scritto che il Campo Freudiano ha bisogno di amicizia. È vero. Io credo che i dispositivi non siano affatto più forti degli uomini. È, perdonatemi, il mio sartrismo di fondo. Senza una politica, o senza delle politiche dell’amicizia, i dispositivi si riducono a dei tritacarne superegoici. Abbiamo creato l’IRPA in un impeto creativo. Non sarà il doppione dell’Istituto. Sarà un’altra cosa, differente. Una politica laica e illuminata del Campo Freudiano dovrebbe riuscire a non disperdere questo patrimonio. Dovrebbe difendere il diritto del molteplice. Sostenere il principio etico che non esiste un solo modo giusto, il giusto modo, di essere in rapporto alla causa analitica. Non esiste un solo modo per servire la Scuola, non esiste un solo modo di praticare la militanza per la Causa analitica. Esistono molteplici modi di vivere e di praticare il rapporto con la Causa. Non esiste uniformismo nel rapporto con la Causa come ci spiegava JAM nel suo memorabile discorso di Torino. Se invece si impone l’Uno dell’uniformismo non siamo più nel campo della psicoanalisi ma in quello del totalitarismo. Certamente, poiché non esiste un’istituzione Ideale, il dramma di ogni istituzione (comprese ovviamente JONAS e l’IRPA), consiste sempre nell’avvertire per tempo e nel contrastare quotidianamente la tendenza inesorabile dell’invenzione a scadere nello stereotipo, dello stile soggettivo a farsi maniera. Perdonate allora il mio giudizio critico su questo punto: l’Istituto Freudiano e la SLP non garantiscono più questa funzione di contrasto.

Cordialità

Massimo Recalcati

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From: Adele

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Sent: Tuesday, October 23, 2007 4:19 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 4

Un nuovo istituto di psicoterapia chiede di stabilire rapporti con il Campo Freudiano. Se il fatto è una novità certo non costituisce una sorpresa per chi osserva le iniziative di Massimo Recalcati e dei colleghi che lo accompagnano: si tratta, se devo giudicare da quello che vedo realizzato nella mia città – Bologna –, di iniziative che si possono definire quanto meno aggressive verso la Scuola. Tuttavia al di là di questa valutazione condivido quanto scrive il nostro Presidente ed attendo di ascoltare le argomentazioni di Recalcati. Ciò che è interessante notare è che la discussione è ancora una volta orientata a partire da una logica di contrapposizione tra la Scuola e l’Istituto – tanto è vero che l’iniziativa di Recalcati consiste appunto nell’avere fondato un nuovo Istituto. Questo tema anima l’intervento di Carlo Viganò che trovo assolutamente discutibile nell’analisi della situazione italiana e nelle prospettive che delinea.

L’analisi di Viganò

Viganò suggerisce, con grande abilità di scrittura, che la situazione italiana è segnata da critiche inascoltate alla SLP e non manca di evidenziare che “diversi tentativi di portare alla ribalta la dialettica ora auspicata, andarono a vuoto in passato”. Eppure egli stesso ricorda l’intervento di Miller al Forum di Milano e dovrebbe parimenti ricordare le discussioni ed il confronto che ne sono seguite. Se questa non è dialettica è evidente che Viganò pensa a qualcos’altro, e farebbe bene a spiegarcelo.

In seconda battuta Viganò fa risorgere un tema di grande successo polemico negli scorsi anni, quello dei difficili rapporti tra Scuola e Istituto Freudiano. Credo sia il momento di stabilire un punto di verità su questo tema: se c’è stata contrapposizione, tensione con l’Istituto, essa è stata animata da un piccolo numero di colleghi, non certo dalla Scuola nella sua più ampia maggioranza. Aggiungerò, con franchezza, che l’obiettivo polemico di questo esiguo gruppo di colleghi mi è sembrato essere più che l’Istituto il suo Presidente. Non discuto le ragioni di questi colleghi ma essi non rappresentano la Scuola e dovrebbero smetterla di parlare a suo nome e di trasformare in istituzionali questioni che non lo sono.

Le prospettive di Viganò

Per quanto riguarda l’Istituto la posizione di Vigano è chiara: “In linea di principio ritengo che qui si possa pensare a un pluralismo delle vie” Dunque Viganò ritiene possibile che esistano più istituti collegati alla Scuola. Trovo la questione mal posta e mal risolta. Innanzitutto mal posta perché non stiamo parlando “in linea di principio” ma siamo convocati a discutere di un atto di qualcuno che di questioni di principio evidentemente se ne è poste poche. Si tratta della politica della SLP.

Per quanto riguarda la prospettiva del pluralismo, su cosa si fonda e a cosa mira? Cosa dovrebbe portare? Occorre su questo tema fare un passo indietro. La scelta del Campo Freudiano in Italia è stata quella di assoggettarsi alla legge “Ossicini” ritenendo che non vi fossero altre possibilità di mantenere viva la pratica e l’insegnamento della psicoanalisi. Diversamente non avremmo alcun Istituto visto che la Scuola si occupa della formazione degli analisti e non della distribuzione di diplomi di psicoterapia. Non esiste infatti alcuna possibile conciliazione logica (ed etica) tra il discorso dell’analista e quello universitario: è questa la ragione per cui questo rapporto sarà sempre segnato da una tensione intrinseca, che prescinde dalle risposte istituzionali che si possono inventare. È dunque un’ingenuità pensare che la soluzione sia nel creare più risposte universitarie, ovvero che il pluralismo sia la risposta “magica” ad un impedimento logico ed etico. Ingenuo e difficile è pensare che al pluralismo degli Istituti non corrisponda un pluralismo delle Scuole: è il mondo dell’IPA.

Trovo invece che in questo rapporto impossibile tra pratica analitica ed insegnamento universitario, la Scuola abbia giocato bene le sue carte: essa garantisce direttamente che all’interno della formazione dell’Istituto si dia quanto meno la possibilità di accedere al discorso analitico, di intravedere una pratica di discorso singolare, lontano da effetti di suggestione e manipolazione. Discutere questo punto significa mettere in discussione la Scuola stessa ed io non ne vedo alcuna ragione. Della vitalità della Scuola, della sua forza e della sua azione parlano i risultati: chi ha partecipato al convegno di maggio ne ha avuto ampia testimonianza.

Considerazioni

La sopravvivenza della psicoanalisi è una partita difficile. Il nostro punto di forza è partecipare ad una scuola Una orientata e sostenuta dall’almeno uno, non certo dal pluralismo. Il pluralismo è ciò che impera altrove con gli effetti di babele che osserviamo nell’IPA. È una babele che ben si legge come effetto di ciò che Lacan insegna in “Funzione e campo”: una modalità di soddisfazione del desiderio, un suo riconoscimento “attraverso l’accordo di parola o lotta di prestigio, nel simbolico o nell’immaginario”. Non è la via della psicoanalisi.

Pasquale Indulgenza

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From: Adele

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Sent: Tuesday, October 23, 2007 4:23 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 5

Gentile Jacques-Alain Miller, faccio parte della comunità italiana del Campo freudiano. Non essendo a conoscenza delle critiche scientifiche e etiche che Massimo Recalcati e i fondatori del nuovo Istituto rivolgono all’IF e alla SLP, ma essendo un membro che lavora per la SLP e la “Scuola-Una”, attendo la pubblicazione esaustiva che J.-A. Miller nel primo comunicato dice che seguirà.

La posta in gioco è quindi una frammentazione del Campo freudiano in Italia?

Sottolineo, per aiutare me stessa a orientarmi, alcuni passaggi della Teoria di Torino sul soggetto della Scuola che è stato l’intervento di Miller nel 2000 per far avanzare il movimento della Scuola in formazione verso la sua creazione avvenuta nel 2002.

Ci sono due modi di enunciazione che sono opposti.

I collettivi sono equivalenti, ma appena diciamo “Noi” e “Voi” è una Scuola divisa e quindi tutta la libido va nella corsa alla frammentazione.

“Dal posto dell’ideale qualsiasi discorso si fondi sull’opposizione amici/nemici e che la cementi, intensifica, in questo modo, l’alienazione soggettiva.” Questo è il primo modo d’enunciazione che è “massificante”.

Il secondo modo d’enunciazione “emette un discorso opposto che consiste nell’enunciare delle interpretazioni. Interpretare il gruppo significa dissociarlo e rinviare ognuno dei membri della comunità alla propria solitudine, alla solitudine del suo rapporto con l’Ideale. Il secondo discorso è interpretativo e demassificante.” Quindi nel secondo discorso è la causa analitica che motiva l’Ideale.

Sono stata una allieva dell’Istituto freudiano. Da questa posizione ho potuto verificare che l’Istituto freudiano funziona come circuito funzionale che serve alla Scuola.

La Scuola e l’Istituto non possono essere frammentati. Il rischio è di alimentare il “Noi” e “Voi”, non sarebbe più la causa analitica che motiva l’Ideale.

da un membro della SLP e dell’AMP

Donata Roma

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Sent: Tuesday, October 23, 2007 5:37 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 6

Bene, domenica prossima prolunghiamo il nostro soggiorno a Milano per discutere del nuovo Istituto fondato da Massimo Recalcati e da alcune persone insieme a lui, nostri colleghi, formati, come anche Massimo R., all’interno del Campo freudiano.

Un altro Istituto!, viene da dire, dopo quello di Roma che ha una sede anche a Milano. Sarà interessante conoscere da Massimo R. le ragioni che lo hanno spinto a creare, anzi fondare, un suo Istituto.

Vorrei sottolineare che il primo marcia bene, non solo grazie al suo Presidente ma anche grazie all’impegno dei rispettivi Direttori di Sede e a quello dei Docenti che vi insegnano e che seguono gli Allievi in tutoraggio, uno per uno e insieme, tutti quanti secondo uno stile che chiamerei etico. Stile etico, anche se l’aggettivo è un po’ abusato, per dire che la posizione di chi vi insegna non è da confondere con la posizione dell’analista. Sappiamo che il transfert si mette in moto piuttosto facilmente nei luoghi d’insegnamento, ma il transfert va preso in conto all’interno del dispositivo analitico, dove se ne fa l’uso che Jacques Lacan ha insegnato, a partire dagli errori e dalle impasse di Freud, per non cadere nelle trappole immaginarie. Fuori da tale dispositivo, il transfert è solo e sempre immaginario.

Veniamo ora alle critiche, scientifiche ed etiche, che Massimo R. dovrebbe rendere pubbliche. Critiche alla SLP (Scuola lacaniana di psicoanalisi), emanazione della AMP (Associazione mondiale di psicoanalisi), e all’Istituto freudiano di cui Massimo R. è stato docente, nonché Direttore della sede di Milano.

La prima garantisce la formazione dell’analista della scuola secondo l’insegnamento di Jacques Lacan, il secondo garantisce la formazione dello psicoterapeuta, sempre secondo l’insegnamento di Jacques Lacan, per rispondere alla legge Ossicini. Due organi di formazione, dunque, facenti riferimento all’insegnamento di Jacques Lacan, promosso e portato avanti con rigore scientifico ed etico da Jacques-Alain Miller.

Massimo R., dunque, deve fare delle critiche a due organi rappresentativi del Campo freudiano in Italia per quanto riguarda la formazione degli psicoterapeuti ma, soprattutto, degli analisti della Scuola, quello stesso Campo a cui domanda il riconoscimento dell’Istituto da lui fondato.

Viene da chiedersi perché Massimo R. non abbia colto l’occasione delle riunioni dei docenti per fare le critiche scientifiche all’Istituto e, d’altro canto, perché non abbia pensato di portare alla Commissione di garanzia della AMP le sue critiche etiche, ben più gravi, alla SLP.

No, Massimo R. prima si dimette dalla SLP e dall’Istituto freudiano e poi decide di esprimere le sue critiche.

La nostra Scuola, la SLP, ha attraversato momenti molto difficili, abbiamo assistito e partecipato a discussioni, battaglie e repentini mutamenti di posizione di alcuni nostri colleghi e Massimo R. c’era, era presente, era partecipe, era coinvolto. La SLP non è stata, non è e non sarà mai la scuola perfetta, la scuola ideale, poiché vi si intrecciano i godimenti e le strutture di chi vi partecipa, ma è comunque dall’interno di essa che possiamo affrontare le questioni etiche e scientifiche che mano mano si impongono, lasciando cadere un po’ di ideale, da un lato, e impugnando un po’ meno la misura fallica, dall’altro, e senza coccolarsi tra le braccia dell’anima bella.

Per concludere, Massimo R. critica ciò a cui domanda.

Bene, mi auguro che la giornata di domenica 28 a Milano sia l’occasione per dissipare questioni dal sapore immaginario, tormenti a specchio, per poter proseguire nel nostro lavoro di crescita della scuola, di formazione degli allievi e degli analisti e, infine, per stendere un velo pietoso sulle calunnie che hanno toccato alcuni di noi negli anni trascorsi.

A domenica.

Céline Menghi

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From: Adele

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Sent: Tuesday, October 23, 2007 6:17 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 7

Vorrei intervenire sulla base del testo inviato da Massimo Recalcati. Ne sono motivato soprattutto, anche se non esclusivamente, per la funzione di Presidenza della SLP che ho svolto nel periodo a cui egli fa riferimento diretto.

Massimo Recalcati ribadisce tre cose, a mio parere, da sottolineare nel suo discorso: Che per lui ora non ci sono rancori.

Neanche per me.

Che oramai la SLP non è più per lui un luogo di garanzia etica e scientifica.

Di questo giudizio prendo atto e me ne dispiace.

Che per lui la SLP significa oramai versione monolitica dell’Uno con effetti di burocrazia e di scolastica irrigidita.

Questo giudizio non lo condivido affatto anche se lo rispetto.

Vorrei dire che la mia personale esperienza di oramai più di venticinque anni dentro la comunità italiana del Campo Freudiano prima e della SLP dopo non mi ha mai fatto vivere l’esperienza di un monolitismo dell’Uno.

Dell’Uno c’era il transfert di lavoro ma è il molteplice che, personalmente, ho sempre visto in esercizio, sia sul piano scientifico che , occorrerebbe aggiungerlo data l’importanza che esso ha nella psicoanalisi, sul piano clinico. Il monolitismo non è mai stata l’idea di nessuno nella SLP, men che meno la mia, e soprattutto il monolitismo non è stato mai praticato anche perché sarebbe veramente la cosa più difficile da praticare nel discorso analitico. Massimo Recalcati vede il monolitismo laddove, in tutti questi anni, io ho visto emergere un pluralismo, testimonianze e apporti diversi, particolari. L’arrivo delle nomine di due AE della SLP ha in tal senso, il suo valore di prova. Da questo punto di vista, quindi, debbo constatare, egli ha vissuto un’altra Scuola da quella che ho vissuto io in tanti anni.

E qui, se egli mi permette, vorrei dire due parole sul fatto che proprio di vissuto, di vita vissuta si è trattato. Del fatto che l’istituzione Scuola non è venuta giù dal cielo, dal sublime del grande Altro disincarnato, puro meccanismo significante, ma ha necessitato che vi ci si mettesse della propria esistenza, della propria vita vissuta e, lo voglio ricordare, la mia l’ho messa per dieci anni. Dieci anni di vita vissuta a cercare (bene, male? Ciascuno da’ il suo giudizio, ed è giusto che sia così) di rendere praticabile l’avventura della comunità italiana del Campo Freudiano, di rispondere con dignità e correttezza etica ai principi che informano il discorso analitico, di lavorare al meglio sulla spinta della fiducia ricevuta dal Campo Freudiano in generale e da Jacques-Alain Miller in particolare.

Vita vissuta in dieci anni di riunioni permanenti, in cui tutto era discusso, molto era da districare, spesso le sorprese, dalle buone alle più infide, erano sempre pronte a dare il loro benvenuto: quel che sembrava fosse sul tavolo, chiaro, un momento dopo, no!, si ricomponeva al di fuori, diverso, perchè, per me, ignorato. Tutto ciò lascia il segno: tensione, preoccupazione, sentimenti i più disparati. Ma c’era primaria l’energia e l’entusiasmo che prendeva slancio dalla causa della psicoanalisi, dal progetto di dare vita ad uno spazio nuovo, in cui si potesse ritrovare la generazione del ‘prima’ della SLP e la generazione che avrebbe trovato la SLP pronta ad accoglierla, a sostenere il desiderio di formazione. Ritengo di non aver risparmiato energie in tal senso né per organizzare, inventare, con l’aiuto indispensabile dei colleghi, le attività, locali, nazionali e internazionali, poi per rendere conto, a partire dalla responsabilità della mia funzione, nelle riunioni dell’AMP, di quanto si stava facendo nella Scuola… Tutto ciò per dieci anni. Questo non è stato, né avrebbe potuto essere, messo in atto da un puro meccanismo, ma solo con la messa a disposizione di un bel pezzo della propria vita da parte di qualcuno. E così è stato per me. Ciascuno ha pagato il proprio prezzo di vita vissuta per l’esistenza di dieci anni di comunità italiana del Campo freudiano, ed io ho pagato il mio, e sono contento di averlo fatto perchè lo meritava e lo merita ancora.

Maurizio Mazzotti

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From: Adele

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Sent: Tuesday, October 23, 2007 6:22 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 8

Interveniamo brevemente per porre una questione in vista della Conversazione di domenica 28 ottobre.

La pluralizzazione nel campo “Istituto”, la logica del molteplice al posto dell’Istituto Freudiano, ci sembra vada ad alterare radicalmente l’attuale costituzione del Campo Freudiano in Italia. Se l’Istituto ha la funzione di articolare, nella formazione dell’analista, il suo discorso con quello del sapere, con l’attenzione a che si mantenga l’asse del sapere non-tutto, il taglio dell’annodamento con la Scuola non lo riduce forse a istituzione universitaria tout court che trova in se stessa la propria autorizzazione?

E ancora, la logica del molteplice, caratteristica oggi del potere, la prospettiva che si apre della formazione di un arcipelago di elementi “Istituto” ci pone la questione del principio della loro consistenza come istituzioni del Campo Freudiano. Ricordiamo allora l’intervento di Palomera nel 2000 che legava, citando Holderlin, la proposta dell’arcipelago alla nostalgia del padre. L’annodamento tra le istanze che si è realizzato in Italia non rappresenta invece forse proprio quel “fare a meno del padre a condizione di servirsene” che abbiamo messo al lavoro nel Congresso dell’AMP?

Luisella Mambrini

Daniele Maracci

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Tuesday, October 23, 2007 6:26 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 9

Mi unisco alla richiesta di Marco Focchi per “sollecitare Massimo ad approfittare dello spazio di Scambi aperto da Miller per rendere pubbliche le sue critiche”. Mentre scrivo queste note giunge la mail di Massimo. Sono molto stupito di quanto scrive proprio a partire dalla questione dell’amicizia. Sono dispiaciuto di cogliere una posizione chiusa e che ha già deciso la sua strada che appare contro le istanze del Campo freudiano in Italia. Non trovo, in realtà, critiche su cui poter intervenire costruttivamente e mi limito allora a constatare che lo studio di Lacan che si riesce a fare nell’Istituto freudiano risponde certamente ad un’istanza universitaria ma non solo e, forse, non sono sufficienti quattro anni dell’Istituto per riuscire ad essere propositori nel molteplice. La Scuola Lacaniana in Italia è il luogo di lavoro e l’ambito di confronto per tutti gli allievi ed ex allievi dell’Istituto. In questi anni ho colto una grande opportunità per tutti quelli che vogliono partecipare orientati dalla causa analitica, nessuno escluso.

Per quanto mi riguarda, in particolare, ho da esprimere un sentimento di riconoscenza e di plauso per le persone e le istanze che hanno fatto funzionare l’Istituto freudiano e la Scuola lacaniana in Italia ed approfitto di questo spazio per poterlo testimoniare con vigore. Colgo tuttavia e non senza preoccupazione, la questione in gioco che andrà ad animare la conversazione milanese di domenica prossima. Quello che posso affermare con chiarezza e mi fa piacere di poter avere l’occasione per dirla è che senza l’Istituto freudiano e senza la Scuola Lacaniana di Psicoanalisi certi progetti di psicoanalisi applicata non si riescono e non si possono fare. Lavoro da sempre nelle istituzioni pubbliche e ne conosco i limiti strutturali e clinici. Per queste ragioni mi sono trovato, spinto dai miei stessi collaboratori dell’ente pubblico, a fondare, qualche anno fa, istituzioni nuove per gestire una Comunità terapeutico-riabilitativa ed un Consultorio di Psicoanalisi applicata nella città di Milano ed in Provincia. Queste istituzioni, che hanno il riconoscimento provinciale, regionale, dell’Ospedale e dell’ASL di riferimento sono nate con una convenzione siglata proprio con l’Istituto freudiano. Una convenzione che prevede la formazione permanente degli operatori e che apre le proprie porte anche ai tirocini. Sono istituzioni necessarie perché la richiesta assistenziale e riabilitativo terapeutica è molto alta. La nascita di queste istituzioni di psicoanalisi applicata è dovuta all’incontro con il lavoro di Lacan e, soprattutto, alla partecipazione che mi è stata resa possibile dall’organizzazione del Campo freudiano in Italia. Il lavoro per l’avvio di questi progetti parte da molto lontano e voglio approfittare di questa occasione per sottolineare l’importanza della disponibilità e della dedizione, disinteressata, di molti colleghi della Scuola con cui mi sono trovato a discutere ed a confrontarmi. In particolare un plauso ed un ringraziamento personale a Maurizio Mazzotti, a Paola Francescani, Carlo Monteleone, Luisella Brusa, Marco Focchi, Carlo Viganò, Domenico Cosenza, Martin Egge, Daniele Maracci, Virginio Baio, Antonio Di Ciaccia senza il cui apporto non ci sarebbe stato possibile realizzare i progetti citati. Un grazie particolare anche a tutti gli altri colleghi con cui mi sono trovato in vari gruppi di lavoro e di discussione clinica. Trovo, nella organizzazione e nella vitalità del Campo freudiano, punti di riferimento istituzionali preziosi che sanno cosa vuol dire essere al servizio della causa e tali da essere in grado di far da baluardo significativo a tutto ciò che va al di là della causa.

Nella speranza che queste istanze escano, dalla conversazione di domenica prossima, più forti e determinate porgo cordiali saluti.

Giuseppe Pozzi

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Tuesday, October 23, 2007 6:36 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 10

Voglio rispondere alla lettera di Pasquale Indulgenza. Sono, dalla sua costituzione, collaboratore stabile dell’equipe di Jonas Bologna. Conosco tutti i suoi membri e tutte le iniziative cittadine, molte delle quali mi hanno visto partecipe. Non mi risulta che in alcun modo chiunque dei suoi membri, abbia mai operato “iniziative che si possono definire quanto meno aggressive verso la Scuola”. Chiedo a Indulgenza di elencarle dettagliatamente, se se le ricorda, e di isolarne con precisione l’elemento o l’intenzione aggressiva.

cordialmente,

Uberto Zuccardi Merli

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Tuesday, October 23, 2007 8:44 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 11

Gentile Jacques-Alain Miller

concordo nel ritenere che in Italia sia in atto un’avanzata del Campo freudiano, così come negli altri paesi dove l’AMP è presente.

Penso che questo avanzamento sia stato reso possibile anche dal lavoro deciso d’insegnamento dell’Istituto freudiano che dal 1990 ha formato tanti allievi all’applicazione terapeutica della psicoanalisi freudiana nel suo orientamento dato da Jacques Lacan.

Il percorso della Scuola in Italia è stato invece più travagliato e sofferto: crisi del 1999, scioglimento della SISEP, Scuola in formazione, formazione della SLP nel 2002.

Nel momento in cui si è verificata una più decisa convergenza tra le due istituzioni, SLP e IF, l’effetto è stato quello di una spinta propulsiva nell’avanzamento del Campo freudiano in Italia, come possono testimoniare le diverse istituzioni italiane riconosciute nel RIPA e la nascita dei CECLI di Roma e di Milano insieme con tutti i CPCT degli altri paesi che hanno seguito l’esperienza inaugurale del CPCT di rue de Chabrol.

Queste istituzioni dove si applica la nuova clinica degli “Effetti terapeutici rapidi in psicoanalisi” rappresentano la frontiera del “nuovo lacanismo”, come è stato affermato nel corso della Conversazione di Barcellona del 12-13 febbraio 2005.

Vi sono processi di unificazione che portano al molteplice rivolto verso un’unica causa, altri la cui moltiplicazione è l’effetto di una frammentazione rispetto alla causa.

Ben vengano dunque le moltiplicazioni dei CPCT. UNA la Scuola. Uno l’Istituto di specializzazione del Campo freudiano in Italia.

Cordialmente

Alberto Visini

Membro SLP, Ex allievo dell’IF

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From: Adele

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Sent: Tuesday, October 23, 2007 7:23 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 12

Cari colleghi,

Massimo Recalcati, accogliendo il mio invito a rendere pubbliche le critiche che riteneva di dover rivolgere all’Istituto freudiano in primo luogo, e che sente di dovere estendere alla SLP, mi rende possibile chiarire un momento di crisi che, iniziato nell’autunno del 2004, si è trascinato per più di due anni creando, nella nostra comunità, amarezza, a volte rancori, più spesso incomprensioni.

Recalcati descrive – con maestria, sfiorando con tocco raffinato la tastiera emotiva che la parola ci offre quando la si sa usare – lo sforzo, la generosità, le energie profuse per la realizzazione di un progetto di psicoanalisi applicata che ha preso corpo con il nome di Jonas. Dipinge poi ai nostri occhi l’avversione dei colleghi, la posizione d’isolamento in cui si è sentito, le calunnie, la persecuzione, l’impossibilità di comunicare che lo hanno costretto alla scelta drastica di ritirarsi dall’Istituto e dalla Scuola.

Prendo questa prima parte della sua lettera come una testimonianza, la manifestazione di un’esperienza soggettiva di cui non ho difficoltà ad ammettere la verità, perché tocca le corde di qualcosa che ho conosciuto in me, e che forse tutti, giovani o anziani, in qualche momento abbiamo sperimentato. L’esperienza soggettiva ha sempre un lato Historia Calamitatum: prendo questo riferimento ad Abelardo per il peso che la castrazione ha nella sua vicenda, un peso reale nel suo caso.

Tutti noi – noi che abbiamo percorso una lunga strada nel mondo della psicoanalisi, nello scambio con i colleghi, nell’impresa di formare le istituzioni necessarie all’esistenza della psicoanalisi, o semplicemente nello sforzo di vivere in queste istituzioni e di convivere con gli altri – tutti noi abbiamo conosciuto il senso d’isolamento, a volte la difficoltà di comunicare, la spinta ad andare in una direzione che ci pareva irrinunciabile e che i colleghi, per ragioni a noi in quel momento incomprensibili, osteggiavano.

E tutti noi siamo andati oltre. Non ci siamo fermati. Forse a volte ci siamo sentiti feriti, e credo che tutti noi, in certi momenti, abbiamo dovuto far forza sui nostri impulsi recalcitranti per non sbattere la porta, per non rovesciare il tavolo da gioco dove le carte ci sembravano truccate, e abbiamo dovuto stringere i denti per far prevalere le ragioni della causa analitica rispetto al senso di ingiustizia soggettiva che sentivamo.

Bisogna infatti – non sempre è facile, ma è sempre necessario – passare dalle configurazioni soggettive al quadro oggettivo, bisogna entrare nella dialettica che porta dal nostro piccolo angolo visuale a un piano in cui il panorama si presenta in tutt’altra ampiezza. Recalcati si dichiara sartriano: io qui sento Hegel come una guida più sicura.

In questa lettera, che è rivolta a tutti i miei colleghi della SLP, vorrei ora per un istante parlare direttamente a Massimo e dirgli: pur capendo il senso profondo del tuo disagio, sai in cosa vedo un indice del fatto che, a mio parere, non hai fatto il necessario passaggio dalla configurazione soggettiva al quadro oggettivo?

Nella tua lettera osservi che nel momento in cui tu e quelli che ti affiancavano eravate in una zattera esposta a tutte le procelle (alcuni hanno definito Jonas come una “macchina da guerra”, tu lo definisci una “zattera di salvataggio”: direi che è innanzi tutto una contesa poetica, una disputa sul giusto modo di nominare le cose) il Consiglio non vi ha dato manforte, ma ha reagito invece in modo rabbioso, o tutt’al più neutrale.

Credo di riconoscere in quest’ultima definizione in particolare la posizione che io ho tenuto, e non lo prendo come una critica, perché è una realtà: in un momento in cui si era creato un forte conflitto tra te e altri componenti del Consiglio (quale Consiglio degno di questo nome non ha traversato e superato momenti difficili come quelli che hai sperimentato in quell’occasione?) io ho tenuto una posizione neutrale (vorrei dire di benevola neutralità, se quest’espressione non avesse altre risonanze nel nostro lessico). Al punto che, quando hai dato le dimissioni dalla docenza dell’Istituto, e io ero da poco stato nominato direttore della sede milanese, mi ero offerto, dalla mia nuova posizione, di tentare una mediazione. Ma ricordi la tua risposta? Hai considerato che era troppo tardi.

Quel che mi colpisce, nella parte della tua lettera sul mancato salvataggio da parte del Consiglio, è che sembri dare per scontato che il Consiglio dovesse intervenire, e sembri stupito che potesse non condividere il tuo progetto, e sembra quasi che, prendi cum grano queste mie parole, un po’ ti offenda l’idea che qualcuno possa restare neutrale anziché abbracciare di slancio la tua impresa.

Ecco, Massimo, in questo vedo il segno inconfondibile di un arresto alla configurazione soggettiva. Vedo che questo ti ha indignato a tal punto da impedirti di aspettare, di lasciare tempo (e ritrovo significativamente questa tua impazienza – fascinoso tratto di un carattere impetuoso e battagliero – nella tua risposta che ho menzionato sopra sul ritardo nella mediazione).

Il passo, che tutti noi abbiamo fatto, di passare dalle configurazioni soggettive a un quadro oggettivo che permettesse di vedere con più ampia visuale la direzione della causa psicoanalitica, tu non lo hai fatto. Questo ha generato in te il senso d’incomprensione, ha avviato la sarabanda delle accuse reciproche, ha messo in moto la spirale delle calunnie, la situazione che abbiamo conosciuto e in cui nessuno ha diritto di proclamarsi innocente.

Ma se si guardano i fatti spassionatamente, è impossibile non vedere che tutto è partito dalla cristallizzazione di una configurazione soggettiva che non è riuscita a mettersi in dialettica con le altre componenti, ed è la configurazione che corrisponde al tuo vissuto, e che descrivi nella tua lettera con avvincente tono epico.

L’epica vuole eroi, vincitori e vinti, vittime e carnefici, Achille ed Ettore, la psicoanalisi inclina piuttosto al comico, dove il protagonista, come racconta Lacan, cade nella melassa, si trova impicciato in mille guai, ma alla fine è ancora in piedi, buffamente in piedi. Ma è più difficile essere un po’ buffone, come Lacan, che non eroe.

Voglio parlare ora della seconda parte della lettera, e qui torno a rivolgermi a tutti i miei colleghi della SLP, perché formulando le sue critiche il tono di Recalcati cambia, e assume un accento in cui non è possibile non sentire una venatura offensiva verso coloro a cui mi rivolgo, i colleghi della SLP, di cui voglio e debbo ora farmi avvocato.

Recalcati considera che il Campo freudiano abbia preso la direzione del Pensiero Unico. Addio varietà, addio slancio creativo, addio alla ricchezza del molteplice, addio al marezzato panorama fatto di mille rivoli di ricerca: tutto è azzerato da un Uno ingordo, ottuso, totalizzante. Il destino del Campo freudiano è il conformismo, il diagramma piatto del pensiero. La prova ne sono le tesi degli studenti e la produzione dei colleghi presente nelle nostre pubblicazioni.

Dico semplicemente che, per quanto riguarda gli studenti, Recalcati e io dobbiamo avere avuto esperienze diverse: ho letto in questi anni decine e decine di tesi e sono sempre rimasto sorpreso dalla ricchezza, dalla fantasia, dalla qualità che l’insegnamento dell’Istituto riusciva a far emergere nella produzione dei nostri allievi. Ma deve essere un po’ come dice Andy Warhol: quando vai in strada e vedi un volto bello, poi un altro, poi un altro ancora, allora non vedi più niente di bello e tutto ti sembra semplicemente normale. Recalcati deve avere smesso di confrontare i lavori dei nostri studenti con quelli degli allievi di altre scuole: la differenza gli sarebbe balzata agli occhi.

Parliamo dei colleghi ora. Cari colleghi, qui Recalcati vi dice senza mezzi termini che quel che scrivete è noioso, piatto, irrilevante, inquadrato, allineato a una concettualità predigerita che non esce dal “ristretto” riferimento a Freud-Lacan-Miller.

Cari semplici, rozzi colleghi, non leggete più niente, e il vostro intelletto si è attenuato in una giostra che gira a vuoto sulla predetta triade.

Sono stranito, lo ammetto, perché credo che Recalcati stia parlando degli autori dello Champ freudien, e mi domando se abbia presente libri come quello di Castanet su Klossowsi, di Attié su Mallarmé, di Depelsenaire su Kierkegaard, di Wajcman sull’arte: non sono certo lavori che pestano acqua su riferimenti triti e ritriti.

Ma, direte, Recalcati si rivolge ai colleghi italiani: è in Italia che il livello e tanto scaduto. È forse un tipico caso di autodenigrazione italiana, dove gli italiani denigrano gli altri italiani chiamandosi fuori dal mucchio? (Ecco tornare la configurazione soggettiva irrisolta, l’eccezione eroica). È così? È davvero così? Tra gli italiani non voglio prendere titoli come esempio (ma ciascuno di noi può dare da sé un’occhiata ai cataloghi delle nostre collane per farsi un’idea della varietà di riferimenti).

Io tuttavia non penso che Recalcati voglia a tal punto offendere i colleghi italiani e considerarli assolutamente al di sotto degli standard dello Champ freudien. E comunque non penso io che sia così. Nelle nostre riviste, nelle nostre pubblicazioni, nei nostri periodici leggo il riflesso di un’elaborazione comune, che riflette un progetto fondato su riferimenti che ci uniscono in una produzione che non è d’autore, ma collettiva.

È questo il progetto che abbraccio, la prospettiva che voglio, e alla quale credo tutti noi miriamo e dedichiamo le nostre energie migliori: un grande Scilicet, un luogo di elaborazione collettiva della psicoanalisi, dove nessuno si pretende autore ex gregis, e dove tutti siamo coinvolti, con le nostre particolarità, con le nostre differenze, con i nostri molteplici punti di vista, con i nostri dibattiti, con le nostre conversazioni, con la dialettica incessante che fa vivere il nostro pensiero nella psicoanalisi. Chiamarsi fuori da questo è rinunciare al pensiero psicoanalitico, che è collettivo, per abbracciare una via individuale, una solitudine attorniata di seguaci.

Ora, se Recalcati ha così poca stima della produzione che trova nello Champ freudien, perché chiede che il suo Istituto ne faccia parte?

Se il suo Istituto ha nel proprio momento costitutivo il rifiuto della Scuola qual è il suo posto nello spazio dello Champ freudien? Qual è il suo scopo? La formazione di psicoterapeuti? L’Istituto freudiano è stato pensato in articolazione con la Scuola proprio perché fosse finalizzato, tenendo conto della legge Ossicini, alla formazione di psicoanalisti. Un Istituto riconosciuto dalla legge, ma non collegato a una Scuola, potrebbe formare solo psicoterapeuti. Perché lo Champ freudien dovrebbe interessarsi a un Istituto finalizzato solo alla produzione di psicoterapeuti?

Partiamo infatti dal presupposto che anche chi opera nella psicoanalisi applicata sia passato per la formazione di una Scuola. Come sottolineava Miller in conclusione a PIPOL3, nei Centri clinici che stiamo creando vanno gli analisti più “tosti”, in grado di far diagnosi a tambur battente, in grado di basarsi su una ricca esperienza. Quella che porta all’esercizio della psicoanalisi applicata è una via più difficile, più impegnativa, non una via che può fare a meno della Scuola.

Credo che, al di là delle critiche e delle risposte che ci siamo dati in questo breve scambio, che riguarda il passato e su cui spero non avremo più bisogno di tornare, il vero problema politico sia questo: può e vuole la comunità italiana integrare in sé la cristallizzazione di un gruppo in forma di Istituto, un gruppo che manifesta disamore per la Scuola, disistima per la produzione scientifica dello Champ freudien, chiusura solitaria rispetto alla dialettica molteplice in cui tutti noi ci muoviamo? A questo interrogativo, ritengo, dovremo rispondere il 28 ottobre.

Marco Focchi

Presidente SLP

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Wednesday, October 24, 2007 4:30 AM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 13

Vorrei sottoporre all’attenzione dei colleghi italiani, due brevi riflessioni in vista della prossima Conversazione.

In primo luogo, incuriosita dall’interesse – indicato da J.-A. Miller nel suo testo apparso in Scambi n. 2 – di Lacan per il “Trattato dell’argomentazione” di Perelman, ho cercato su internet informazioni su questo autore e ho trovato un’intervista fatta alla Dott.ssa Carmen Dell’Aversano (http://www.italianoscritto.com/interventi/testi/dellaversano.htm), ora docente di psicolinguistica presso la Scuola di Psicoterapia Costruttivista, che, alla domanda “Perché secondo te in Italia l'argomentazione è così estranea alla cultura del paese?” ha risposto come segue:

“In primo luogo perché, tanto per citare di nuovo il Trattato, l’argomentazione presuppone una comunità di eguali, e la cultura italiana è una cultura arrogantemente gerarchica, in cui chi sta in alto considera gli inferiori esseri subumani, privi di diritti e incapaci di intendere e di volere, e chi sta in basso considera i superiori tronfi incompetenti da “fare fessi” (naturalmente, date le premesse, non si può negare che entrambe le parti abbiano le loro ragioni).

In secondo luogo perché la cultura italiana è una cultura di malafede e di rassegnazione, in cui nessuno crede che possa cambiare qualcosa e di conseguenza nessuno è disposto a lasciarsi convincere di niente, perché convincere vuol dire persuadere, e la persuasione vuole sempre persuadere all’azione. Ma se la possibilità di cambiare qualcosa attraverso l’azione è esclusa a priori, perché mai si dovrebbe sprecare tempo a lasciarsi convincere di alcunché?

In terzo luogo perché la cultura italiana è violentemente settaria: la logica del marcare il territorio, della polarizzazione dell’umanità in amici e nemici, dello spirito di corpo (che ovviamente non è estranea ad alcuna società umana) ha nella nostra quotidianità un peso opprimente. Questo vuol dire che le argomentazioni vengono giudicate in base a un unico parametro: la provenienza. Se l’argomentazione è di un amico, la sua qualità concettuale potrà essere impresentabile, ma tutti coloro che sono schierati nello stesso campo si sentiranno in dovere di difenderla: se è di un nemico, nessuna considerazione di qualità oggettiva la potrà salvare. Questo vuol dire che per la maggior parte degli oratori, soprattutto nel discorso pubblico, impegnarsi a costruire argomentazioni buone rappresenta soltanto una perdita di tempo.”

Cribbio! mi verrebbe da dire…. Pur essendo una sostenitrice dell’argomentazione, mi pare che la Dott.ssa Dell’Aversano lasci ben poco spazio all’argomentazione e alla fiducia in un “significante nuovo” , e si ritrovi, invece, ad occupare il posto di Alceste che, come dice Lacan nel suo “Discorso sulla causalità psichica”, “… nella sua anima bella non riconosce di concorrere lui stesso al disordine contro cui insorge” (Scritti, p. 167). Ne desumo, quindi, che l’arte dell’argomentazione non è affatto semplice e che, invece, è molto facile cadere nella tentazione dello specchio di Narciso. Per evitare di cadere in tale trappola in genere è necessario (e sufficiente) un terzo, nel caso specifico J.-A. Miller, che ringrazio perché, ancora una volta, prende a cuore il destino della Scuola italiana di psicoanalisi.

In secondo luogo, vorrei sottoporre alla riflessione dei colleghi una situazione che a me pare abbastanza evidente, perlomeno per quanto ho potuto constatare con allievi o ex-allievi dell’Istituto che conosco. Molto spesso, dopo aver terminato il proprio cursus di formazione, gli allievi dell’Istituto (circa 40 l’anno) – SIA che appartengano a Jonas SIA che non vi appartengano – lo lasciano con un certo sollievo (molto probabilmente dovuto all’impegno di studio richiesto) e non si dirigono – come invece dovrebbe essere – verso la Scuola, non partecipano molto alle attività che essa organizza e tanto meno cominciano a impegnarsi in prima persona per fare avanzare la sua elaborazione teorica e clinica. Forse tutto ciò è dovuto solo alla timidezza o alla consapevolezza di essere soltanto all’inizio del proprio percorso di formazione…è comprensibile. Quello che, però, mi rattrista è vedere che anche le teste più “fini”, gli allievi più curiosi, a un certo punto, sembrano rassegnati al silenzio e a una sorta di inerzia che lascia intravedere solo il peggio. “Perché avviene questo?” – mi chiedo e vi chiedo.

Molto probabilmente questa è una questione solo laterale, rispetto alle tematiche più importanti che verranno discusse durante la prossima Conversazione. A mio parere, però, essa non può essere elusa….Leggendo i diversi testi diffusi su Scambi, mi rendo conto di essere un po’ dissonante, ma, come sappiamo, la scelta per la psicoanalisi non prevede né la comodità né il comfort.

Cordiali saluti

Adele Succetti

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From: Adele

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Sent: Wednesday, October 24, 2007 4:32 AM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 14

gentile JAM

siamo due partecipanti della SLP, allievi dell’Istituto Freudiano, ex soci Jonas, ex analizzanti di Massimo Recalcati. Decidiamo di scriverle insieme questa mail poiché, malgrado le differenze soggettive, la traiettoria dei nostri percorsi è simile e perché più volte insieme ad altri colleghi abbiamo discusso della nostra situazione.

Dobbiamo innanzitutto premettere che la nostra domanda di adesione alla allora nascente SLP avvenne proprio in concomitanza con il grande fermento seguito alla rottura tra il gruppo Davanzo, Maiocchi ecc. ed il resto della allora SISEP. Non possiamo non notare che la comunità italiana è di nuovo in fermento, di nuovo questa si anima in relazione ad una possibile espulsione od auto-espulsione di alcuni dei membri della SLP.

Entrambi abbiamo interrotto la nostra collaborazione con Jonas perché non in linea con lo sviluppo del lavoro che lì si svolge, allo stesso tempo non possiamo però negare, dal nostro punto di vista, che chi è in Jonas “ci ha provato”. Entrambe le nostre analisi sono state toccate, questa è la valutazione che diamo entrambi, dal conflitto che si è instaurato tra il gruppo Jonas ed il resto della SLP poi.

Abbiamo osservato come i gruppi di analizzanti facessero coalescenza intorno ai nuclei transferali, abbiamo osservato come i lavoratori di Jonas perdessero interesse nell’attività della SLP e come nel gruppo di istituzioni della rete si attaccasse la mancanza di etica nel trattamento del transfert da parte dei “jonasiani”. Dalla nostra possiamo solo sottolineare come in una logica dei noi e dei loro sia proprio il transfert alla scuola a perdere, di come la via degli “ex” sia tendenzialmente ridicola, mentre un reale è qui in gioco e deve essere trattato aldilà dell’asse a-a'.

cordialmente Marco Bani e Debora Azzi

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From: Adele

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Sent: Wednesday, October 24, 2007 4:46 AM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 15

Il testo di Éric Laurent, quello di Luisella Mambrini e Daniele Maracci, e altri ci hanno ricordato come la forza che sostenne la costruzione della SLP consistette in una volontà generale dell’Uno affinché superasse gli interessi individuali o locali, vale a dire, che fu necessario che il desiderio di dar vita alla dottrina psicoanalitica di Freud e Lacan vincessero particolarismi e “arcipelaghi” vari.

Dal suo canto, l’intervento di Maurizio Mazzotti serve a ricordarci che questa preoccupazione per l’Uno nella Scuola Lacaniana di Psicoanalisi non si trasformò in volontà di tacere. Come argomento segnala la recente nomina di due AE. Questo riferimento alla passe mi pare capitale, specialmente in questa conversazione, dato che la Scuola, incentrata sulla elaborazione del più particolare di ognuno, presuppone – come segnala Éric Laurent – “un movimento di elaborazione oggettiva di tale esperienza”. Questo è, a mio parere, il modo giusto di impostare l’articolazione tra l’Uno e il molteplice nella Scuola, come un movimento di andata e ritorno. Dietro l’“uno per uno” della esperienza della passe, la Scuola tende a andare di nuovo verso l’Uno della elaborazione trasmissibile, il che è un altro modo di dire verso il reale della esperienza psicoanalitica.

La SLP può, grazie alla sua esistenza, a quella dei suoi propri dispositivi e, tra i quali, quello della passe messo in piedi dalla EEP, aprirsi alle questioni interne, così come al di fuori, verso la vita sociale e istituzionale per farsi conoscere e rispettare. Questo è un compito che ci concerne tutti in un momento in cui le scuole lacaniane esistenti in Europa stanno difendendo e promuovendo il futuro della psicoanalisi nel nostro continente e, più in là, nel mondo.

Vicente Palomera

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From: Adele

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Sent: Wednesday, October 24, 2007 4:48 AM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 16

Desidero rispondere alla lettera di Pasquale Indulgenza per precisare quanto segue:

diventai socia Jonas sin dalla sua costituzione scegliendo di lasciare l’Aba per un progetto nuovo nel quale credetti e credo ancora. All’epoca ero già membro SLP e partecipavo assiduamente a tutte le iniziative della segreteria della città di Bologna.

Sono membro dell’equipe di Jonas Bologna sin dal suo nascere ed ho deciso, condiviso e partecipato a tutte le iniziative che Jonas ha promosso nella città di Bologna e anche nei dintorni. In alcune di esse sono stata protagonista in prima persona. Non mi risulta che Jonas Bologna abbia promosso iniziative che si possano ritenere, in alcun modo aggressive nei confronti della SLP. Semmai, vorrei ricordare, che nel dicembre 2004, in occasione delle conferenze organizzate dalla segreteria della SLP di Bologna, fui io ad essere aggredita, al termine della mia relazione sulla mia esperienza in Jonas. Ricordo che si trattava di un ciclo di conferenze promosso dalla segreteria per mettere a confronto le diverse esperienze che membri e aderenti SLP avevano fatto in istituzione. Indulgenza lo rammenterà bene, poiché all’epoca era segretario. Da quel momento la mia partecipazione alle attività bolognesi mi è risultata sempre più dolorosa.

In ogni caso, per tornare a Jonas Bologna, credo che Indulgenza possa tranquillamente circostanziare quanto enuncia genericamente.

Cordialmente

Francesca Bonaccurso

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From: Adele

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Sent: Wednesday, October 24, 2007 4:52 AM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 17

Colleghi,

apprendo dall’intervento di Massimo Recalcati i contenuti delle critiche rivolte alla nostra Scuola ed all’ Istituto Freudiano. Le critiche, in linea di massima, sono costruttive se vengono espresse in tempo utile, distruttive se vengono espresse “troppo tardi”.

Da molti mesi, in diverse realtà, siamo impegnati in un lavoro di confronto e di comprensione delle motivazioni che hanno spinto i più giovani a farsi coinvolgere nel progetto Jonas. Emergono spesso perplessità e differenze di atteggiamento. Nulla è tanto compatto ed uniforme, né nella SLP né in Jonas.

La discussione a mio avviso, richiama almeno due aspetti, da articolare tra di loro

1) La crescita ed i cambiamenti che si sono verificati nel Campo Freudiano in Italia e la sua complessità organizzativa, la qualità ed il costante riferimento di questo ad: SLP, Istituto Freudiano ed AMP.

2) Le eventuali strategie “innovative” che possano emergere, dell’energia che vi si spende da parte di singoli o dei gruppi “con tanto entusiasmo” e gli scopi di tali innovazioni.

In generale, mi sembra che come metodo, sia consigliabile discutere delle strategie che si vuole sostenere e mettere in atto, sul nascere, ancor più se esse sono innovative ed emergenti.

Se avessimo discusso ad esempio, a suo tempo, sull’opportunità di impiegare energie per il riconoscimento di un nuovo Istituto, avrei espresso parere negativo in ogni caso, senza nemmeno esaminare chi fosse il promotore e quali i principi guida o le motivazioni.

Il mio parere si sarebbe basato semplicemente su di un aspetto strutturale, relativo alla specificità del contesto italiano e, quindi, proprio alla legge Ossicini.

Se da un lato abbiamo sostenuto che la formazione dell’analista è demandata alla Scuola Una, espressione del Campo Freudiano, (che secondo noi esprimono oggi il grado più alto di applicazione dell’insegnamento di Lacan per l’articolazione dell’analisi in intensione ed in estensione), sappiamo anche che l’Istituto Freudiano, ha tentato di articolare in una forma istituzionale riconosciuta da una legge, la formazione dell’analista alla formazione di primo grado degli psicoterapeuti italiani, cosa che non è avvenuta in altri Paesi europei ad es.

Di tale operazione, che ritengo coraggiosa, possiamo oggi cogliere i primi effetti positivi, grazie all’impegno costante di Antonio di Ciaccia e dei docenti che, tra tante difficoltà, si sforzano di lavorare seriamente.

Non saprei come collocare un secondo Istituto in questo panorama per il semplice motivo che, per come è concepita la legge, non potrebbe non porsi in concorrenza con l’Istituto Freudiano e per questo non sarebbe certo di aiuto.

Inoltre mi sembra improbabile pensare un riconoscimento da parte del Campo Freudiano senza riferimento nella SLP, come d’altro canto sarebbe impossibile pensare un sapere referenziale senza sapere testuale.

La legge Ossicini, non è una legge scritta dal Campo Freudiano, è una legge italiana, nemmeno fatta bene secondo me, poiché comporta un effetto di mercato che rischia di dare una impronta pseudo universitaria alla formazione degli psicoterapeuti, abbassando progressivamente i livelli di qualità delle informazioni su cui tale formazione si poggia.

Già molti istituti Ossicini fanno riferimento a J. Lacan, ma la cosa non mi sembra abbia un rilievo ai fini della nostra Scuola.

Mai come in questo caso, direi, si verifica con evidenza una disgiunzione tra legge scritta ed etica!

La proliferazione di scuole e di istituti, mi sembra solo l’effetto peggiore di una legge che ha istituito il libero mercato tra gli indirizzi di formazione. La molteplicità, come si può notare, non sempre implica una ricchezza!

La ricchezza del Campo Freudiano, al contrario, credo che sia rappresentata proprio dal suo riferimento alla Scuola di Lacan, alla SLP ed all’AMP quindi, alla cura esigente e particolare della formazione dell’analista che è orientata a non cedere alla logica di mercato. È una logica che raccoglie uno per uno, con il proprio bagaglio di diversità, con la propria strategia sintomatica, il proprio entusiasmo. Ciò che è di ognuno, non è quello degli altri, non necessariamente è di tutti.

Smettiamo dunque di far riferimento a fenomeni di massa, di confondere la politica con le generalizzazioni, i rancori con gli entusiasmi.

In pratica, se qualche cosa dobbiamo cedere oggi, secondo l’indicazione di Freud, è il nostro narcisismo, ciò che appartiene al nostro privato, ciò che di più intimo ci rimanda ai nostri vari godimenti, tenendo conto che gli analisti non tendono a far gruppo, piuttosto si separano.

Ringraziando Miller per aver risposto con puntualità al nostro appello, spero che la Conversazione di Milano porti buon vento e, che in ogni caso, non sia “troppo tardi”.

Vi auguro un buon lavoro

Emilia Cece

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Wednesday, October 24, 2007 4:55 AM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 18

Ringrazio Massimo Recalcati per aver dato una prima testimonianza della sua posizione.

Lo ringrazio in quanto mi ha offerto la possibilità di leggere in maniera inedita la struttura della sceneggiata napoletana.

Come è noto, l’epilogo di tale genere rappresentativo che ha appassionato per decenni generazioni non solo di terroni del mondo, è imperniata sull’uccisione del “malament”, dopo aver insidiato “ess”(lei) a discapito di “iss”(lui).

Ora accade che dopo aver criticato in maniera sicuramente legittima, ma da me non condivisa, le istituzioni e la comunità delle quali ha fatto parte per anni, ricoprendone funzioni chiave e dopo aver costituito un nuovo istituto come da legge Ossicini, ne chiede un riconoscimento alle stesse istanze sulle quali ha sputato.

Ma il “malament”, (in questo caso l’Istituto freudiano e la SLP, nella loro produzione scientifica e nella posizione etica) è stato fatto fuori, è infrequentabile.

Chiedo pertanto a Recalcati, per quale motivo voglia continuare ad averci a che fare.

Cordialmente Pasquale Mormile

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Wednesday, October 24, 2007 3:34 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 19

A Jacques-Alain Miller

1. Do il benvenuto all’IRPA e faccio i complimenti ai colleghi e allievi di JONAS per essere riusciti nella loro avventura.

2. Ma faccio parte della SLP e dell’IF: non posso festeggiare perché sono segregato.

Proprio quando, come SLP e IF, a Bologna e a Parigi, dopo l’échec della passe all’entrata, in Italia, era stata festa grande per la nomina ad AE della Scuola, di Carmelo Licitra Rosa e Massimo Termini!

3. L’IRPA, è l’effetto di un atto. Quale? Di un tempo logico che i colleghi di JONAS hanno percorso tenendo fuori campo le istanze SLP-IF e dall’istante di vedere, e dal tempo per comprendere e dal momento di concludere.

L’IRPA ha la sua origine sulla critica e sulla condanna di un duplice “soggetto”, Scuola-Istituto. Condanna senza la presenza dei “colpevoli”. Senza contraddittorio, senza discussione, senza dare la parola. Fuori dal “Campo della Scuola” e del “Campo dell’Istituto”.

E perché non passare dal convocare gli Stati Generali?

4. I colleghi di JONAS che ho incontrato, che incontro e incontrerò l’ho sempre fatto prima di tutto in quanto colleghi, cioè allievi, ex allievi, docenti dell’IF, e come futuri membri o come membri della Scuola. È con questo spirito che vengo a Milano.

5. Cioè con lo spirito che non abbiamo da camminare sul prato della enunciazione del soggetto, sia esso mio analizzante o analizzante del collega.

6. Vorrei capire: perché JONAS tira per la giacca Jacques Alain Miller? Da una parte, domanda che gli tenda la mano dell’AMP, mentre, dall’altra parte, dà un buffetto alla sua mano della SLP – IF.

Non rischia che la SLP – IF sia l’oggetto da estrarre dall’AMP?

Non rischia che la libbra di carne sia sostituita da una esclusione?

7. Jacques-Alain Miller non costruisce mai una Scuola su di una segregazione.

Non sarebbe più una Scuola: sarebbe un gruppo.

8. Tramite queste iniziative, Jacques-Alain Miller sarà ancora il détour grazie a chi ritroviamo una atmosfera di fiducia e di rilancio di lavoro. Benvenuto allora il 28 ottobre!

9. Grazie, infine, all’IF e alla SLP per lo sforzo, la generosità e la ricerca con la quale ognuno è responsabile del proprio discorso, delle conseguenze, della propria causa.

Virginio Baio

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Wednesday, October 24, 2007 3:35 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 20

Gentile Jacques-Alain Miller,

sono segretario della SLP a Milano e docente incaricato della Sezione Clinica dell’IF.

L’andamento del dibattito su Scambi sta precisando che la questione in gioco va ben oltre l’ammissione di due istituti in Italia.

Se prima del chiarimento di Massimo Recalcati si poteva solo supporre che la creazione di un nuovo istituto fosse in opposizione alle altre realtà italiane del Campo freudiano, ora invece è detto apertamente.

Il nuovo istituto nasce contro l’Istituto freudiano e contro la SLP.

Dunque come si può credere che dicendo sì a questo istituto non si andrebbe nel senso di una frammentazione della nostra comunità analitica, aiutando quella spinta alla disgregazione che nella Dichiarazione della Scuola Una è definita come “tendenza naturale all’allontanamento, alla divergenza, allo sbriciolamento”?

Lo ritengo quasi impossibile. Così come è quasi impossibile non scorgere un’altra mira in questa operazione: la possibilità di un’altra scuola nel nostro paese.

Il delegato generale dell’AMP, Éric Laurent, nel suo commento fa di questa possibilità la vera scelta in gioco in questo momento.

E perché dovremmo volere due scuole? Secondo Massimo Recalcati perché la SLP funziona secondo una logica “totalitaristica”, non garantisce il diritto al pluralismo, non esercita un controllo sufficiente sulla tendenza all’uniformismo, inebetisce i suoi membri e tende a funzionare come un “tritacarne superegoico”.

Gli interventi che hanno preceduto il mio hanno già detto ampiamente quanto ingenerosa, grottesca e anche offensiva sia questa visione della SLP e dei suoi membri.

Ma, per esperienza personale, devo dire che è anche affascinante crederci.

Parzialmente ho creduto in queste idee, forse in modo un po’ umorale, irriflessivo e giovanile. Ho fondato Jonas insieme a Massimo Recalcati. Mi sono ritrovato su quella che è stata definita “una zattera in mezzo alla tempesta”, con appunto venti che tiravano da tutte le parti ecc. Anzi l’ho costruita io stesso, questa zattera. È stato “eroico” farlo e crederci.

E avere una piccola compagnia di amici con cui condividere questa avventura.

Ma mi mancava la psicoanalisi. E ho via via notato che in quell’Istituto freudiano, che avrebbe dovuto essere monolitico, dove avrei dovuto incontrare docenti seriali e insegnamenti monocordi, c’erano insegnanti appassionati e programmi diversissimi.

Forse troppo diversi, semmai. Ho potuto diplomarmi con una tesi sul “Gruppo monosintomatico” in cui, certo, citavo la “triade”, ma anche abbondantemente Didier Anzieu, René Kaës, Wilfred Bion, Sigmund Foulkes e Franco Fornari senza che nessuno mi mettesse in riga.

E quale discriminazione o censura ho subito nella Scuola perché fondatore di Jonas?

Ho avuto la possibilità di intervenire nei Convegni e nei Forum. Ho avuto la possibilità di pubblicare degli articoli nella rivista “Attualità lacaniana” e su “La psicoanalisi” (su Bion, sulla psicoanalisi dei gruppi, dell’arte ecc.). Per finire, ho fatto domanda per divenire membro della SLP e questa domanda è stata accettata.

Che ne era, dunque, delle calunnie, delle denigrazioni, degli ostracismi ecc.?

Al di là della loro realtà, non avevo forse cercato io una lontananza dalla Scuola per altre ragioni, più reali e più vere, che qui non è interessante comunicare?

Ora, certamente il mio rapporto con la Scuola è nato e si è definito in un’esperienza analitica, ma tutte queste smentite sono state decisive anche solo sul piano cognitivo, perché hanno spazzato via le convinzioni con cui avevo portato avanti un altro progetto e delle quali, ovviamente, mi sento il solo responsabile.

Quando due anni fa ho lasciato l’esperienza di Jonas ho temuto quello che si sta verificando e che non posso condividere. Ho temuto che il talento e la passione, di Massimo Recalcati e delle persone che lo stanno seguendo, non entrassero più in un rapporto di scambio con la Scuola. È una possibilità che vorrei ancora scongiurare, ma non vedo come si possa partendo da una contrapposizione così radicata da parte dei fondatori dell’IRPA.

Lei scrive che ci sono due trattamenti possibili delle contraddizioni: vorrei credere che in questa Conversazione di domenica si possano limare le opinioni “sino a che risultino compatibili e armoniose (Leibniz) o che si sopprimano e si superino per Aufhebung (Hegel)”.

Questa è la via per me auspicabile. Ma il prezzo per percorrerla è limare l’idea di Scuola Una?

Oppure potrà esserci una via diversa per la composizione delle divergenze e un superamento delle antitesi? Credo che l’appuntamento del 28 ottobre potrà fare ulteriore chiarezza su questi interrogativi.

Cordialmente,

Fabio Galimberti

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Wednesday, October 24, 2007 3:36 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 21

Mi si chiede conto da parte di Uberto Zuccardi Merli di precisare a quali atteggiamenti aggressivi faccio riferimento. Vorrei iniziare proprio dall’episodio che, con incredibile impudenza, Francesca Bonaccurso ricorda. Ero allora segretario cittadino della SLP ed insieme con i colleghi avevo organizzato una serie di incontri i cui ciascuno illustrava come la psicoanalisi fosse di riferimento anche in ambiti non immediatamente clinici: ricordo che Francesconi intervenne sulla sua esperienza di perito nell’ambito del diritto familiare, Maracci dell’attività con le istituzioni sociali, De Panfilis del suo lavoro di psicomotricista, io sul lavoro nell’ambito delle adozioni.

L’intervento di Francesca Bonaccurso è consistito – letteralmente – nella lettura di ciò che si trovava disponibile sul sito internet di Jonas: “Jonas è un’esperienza nata dal desiderio deciso di Massimo Recalcati ecc..”

All’interno di un’iniziativa della Scuola, in un periodo già segnato da tensioni, qualcuno viene a fare la pubblicità di Jonas nel corso di una iniziativa pubblica della Scuola: cosa devo dire di questa iniziativa se non che essa è aggressiva nei confronti della Scuola, che è una provocazione? Ricordo a Bonaccurso che nessuno l’ha interrotta, ha effettuato la lettura del materiale pubblicitario di Jonas fino alla fine. Dopo di che le si è chiesto di spiegare di cosa ci stava parlando e perchè. Non mi sembra sia stato in grado di rispondere in maniera adeguata.

Vorrei ricordare a Zuccardi le iniziative prese da lui e Recalcati a Bologna: conferenze in cui, come psicoanalisti della SLP, sono intervenuti in sedi pubbliche, con il patrocinio di istituzioni locali. Di queste iniziative abbiamo appreso per caso, trovando i loro volantini (che conservo) in giro per la città: non una telefonata, non un contatto con la segreteria locale per informare, per invitare. Se non si trattasse di operazioni condotte con malanimo, con intenzione ostile, perchè ci si dovrebbe comportare in questo modo? O mi si vuole dire che sono iniziative animate da “affectio societatis”?

L’elenco di fatti analoghi è lungo, se ce ne sarà bisogno lo si esaminerà. Ma non credo che Uberto, della cui capacità ed intelligenza ho stima, voglia fare intendere a me e ad altri di non avere colto di cosa si trattava. Chi vuole andare via dalla SLP vada – lo dico ad Uberto e a tutti con sincero dispiacere, con amarezza. Ma abbia il coraggio di testimoniare una scelta, non di vestire il costume di scena del perseguitato.

Con affetto

Pasquale Indulgenza

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Wednesday, October 24, 2007 3:37 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 22

Cari colleghi della SLP

Daccapo. Continuo il mio ragionamento, evito di riprendere provocazioni, vecchie abitudini, proiezioni, predizioni da Cassandra di provincia, interpretazioni selvagge, queste sì, davvero, di stile verdiglioniano puro, cioè da avanspettacolo della psicoanalisi. Troppo triste per me. Daccapo, invece. Forza, mi dico, dai Massimo R! Forza! Ancora uno sforzo! Insisti!

Mi sforzo allora, ancora, almeno ancora una volta, di ragionare insieme a voi. E vi pongo la questione che più mi sta a cuore: Cosa ne sarà della psicoanalisi fra vent’anni, fra cinquant’anni? Cosa ne sarà di lei in questo nuovo secolo? E cosa ne sarà dell’esperienza singolare dell’inconscio? Saremmo noi tutti come carcasse di dinosauri barcollanti in vecchi musei di scienze naturali? Saremmo destinati all’estinzione, noi, gli psicoanalisti, coloro che per Lacan appartengono, fanno parte logicamente, del concetto di inconscio, poiché lo sanno fare esistere? E quale mutazione mentale e antropologica, quale devastazione sociale, questa estinzione provocherebbe? Quale disastro per la nostra Civiltà? Cosa sarebbe un uomo, o addirittura l’uomo, senza inconscio?

Penso che dobbiamo adeguare i nostri discorsi non alla nostra sopravvivenza identitaria ma a quella della psicoanalisi. Siamo nel pieno di una battaglia culturale, questa sì davvero decisiva. Penso allora che dovremmo fare uno sforzo per costruire legami nuovi, alleanze di lavoro, scambi, intersezioni, transiti. Senza denigrare chi non è come noi. Penso al nostro lavoro in difesa della psicoanalisi come raccolto in un Campo e penso questo Campo come attraversato da vettori differenti, stili singolari, soggettivazioni discontinue. L’universalismo dell’Uno diventa un’astrazione – e talvolta anche un incubo – se non tiene conto del localismo particolare della pulsione e della singolarità irriducibile del desiderio. Penso che queste tensioni possano annodarsi e dare luogo a vincoli associativi nuovi, a legami, a transfert di lavoro, ad amicizie inedite. L’Uno è l’l’Uno del Campo e dell’orientamento e il molteplice è il molteplice delle esperienze e dei legami associativi.

Mi chiedo allora, e me lo chiedo veramente, se l’armatura gerarchica della SLP, se un concetto di Scuola costruito sulla verticalità gerarchica, sull’importanza dei titoli, sulla burocrazia del discorso dell’Università, sull’insediamento permanente delle cariche istituzionali, sulla “voce grossa” del Padrone, sul comando superegoico e su i suoi ritornelli infernali (questi sì, davvero ipnotici), sia una riposta adeguata a questo grave compito che ci attende. Non dovremmo provare invece a praticare altre strade? Attivare transfert e alleanze di lavoro, associative, trasversali, sul fondamento di una nuova politica dell’amicizia. Rompere, questa volta sì davvero, l’isolamento culturale in cui si è caduti impietosamente. Incapaci di parlare la lingua dell’Altro, arrotolati nella ripetizione senza vita del già detto e del già sentito. Tenere conto di questo, tenere conto degli stili, dei modi di godimento singolari, delle pratiche soggettive e non forzare verso l’uniforme, la divisa, l’obbligazione a stare insieme. Praticare davvero l’inconsistenza dell’Altro. Perchè l’Uno non può essere un laccio. Preservare la dimensione laica della psicoanalisi, questa volta sì davvero, dalla tendenza settaria all’isolamento, magari per complesso di superiorità. A tutto questo risponde l’iniziativa dell’IRPA: orientamento lacaniano della teoria e della clinica, apertura a psicoanalisti di diverse appartenenze, in grado di contribuire a far avanzare la nostra ricerca, presenza tra i nostri docenti di filosofi, sociologi, teorici della politica, punte della cultura italiana, capaci di interrogare efficacemente la contemporaneità, interesse per le applicazioni istituzionali e gruppali della psicoanalisi alla terapeutica, coinvolgimento di importanti strutture della Salute Mentale.

E il Campo? Si ridurrebbe ad un corpo in frammenti? Si frantumerebbe? Si disperderebbe? Il Campo dovrebbe poter intercettare e adunare queste esperienze molteplici di legame, non esigere una integrazione forzata, non alimentare una versione monopolistica dell’Uno, non annientare il desiderio e i suoi impeti creativi, ma accogliere il molteplice, aggiornare la propria versione dell’Uno, renderla più flessibile e modale e meno ontologica e essenziale. Ci vuole invenzione, diffusione, moltiplicazione, disseminazione, contagio dell’invenzione, perché la psicoanalisi non si estingua nel prossimo futuro e con essa la possibilità dell’esperienza singolare e sovversiva dell’inconscio.

Ma Massimo R.! Dai! Cosa ti sei spinto a dire? E a chi parli? A che stai parlando? Non vedi che sei diventato un corpo estraneo per questa comunità e che questa comunità – quella italiana – ti è divenuta a sua volta estranea? Di quanto odio hai ancora bisogno per capirlo? Non ne hai abbastanza? E JAM? Cosa ne penserà JAM? Il tuo maestro, il tuo analista. Perché lo sai che è a lui, come sempre, alla sua chiamata, al suo disegno, alla sua strategia che ancora stai rispondendo. Non è questo un dietro front clamoroso! Non è un voltargli le spalle proprio nel momento più topico! E se invece JAM sapesse ascoltarti, come ha saputo ascoltarti sempre, ancora una volta? Se inventasse una qualche magia, una delle sue? Augurati di no Massimo R.! Prova ad immaginare a quali turbolenze i tuoi compagni di Scuola italiani sarebbero obbligati. Accettare il successo dell’IRPA, di JONAS, un transfert ingovernabile, plurale, l’esistenza di un altro legame associativo tra psicoanalisti, diverso dalla SLP, la tua persona ancora nel Campo Freudiano!! Prova ad immaginare in che nuovo tritacarne finiresti Massimo R.! Hai visto come si annuncia la conversazione di domenica? Hai visto i toni pacati del tuo Presidente? La sua vera faccia? Quella che già avevi conosciuto anni fa nel lavoro di Scuola a Milano? Basta è notte adesso. Guarda i tuoi figli e tua moglie dormire Massimo R. Guardali bene. “Sì, ecco, li guardo, li sto guardando, adesso. Penso a quanto li amo. E penso che tutto questo circo non varrebbe davvero una loro unghia”. Bene, allora buonanotte Massimo R. Riposa, domani sarai a Bologna. Ti hanno invitato a parlare di bellezza in un Istituto religioso. Qualcuno potrebbe vedervi un’ aggressione verso la SLP. Dovrai fare un altro sforzo Massimo R. Ma potrai parlare anche dell’IRPA e della bellezza dell’invenzione.

Massimo Recalcati

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Wednesday, October 24, 2007 3:38 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 23

Caro J.-A. Miller, Cari colleghi della SLP e dell’Istituto freudiano,

Ex allieva dell’Istituto freudiano e membro SLP, mi aggiungo al dibattito per rievocare qualcosa di già avvenuto proprio a Milano.

Anche allora J.-A. Miller aprì il dibattito e scrisse una lettera: la lettera a Lucrezia.

Quel momento è stato foriero di una scissione e dell’apertura di un clone (permettetemi) dell’Istituto Freudiano, approvato dalla legge Ossicini, ancora oggi in atto.

Ma non fu solo una scissione, ha anche portato qualcosa di nuovo, un nuovo legame tra i membri e coloro che lo sono diventati nel frattempo.

Leggo così il seguito degli eventi: la nascente SLP e l’Istituto Freudiano sono passati, grazie al lavoro di membri e partecipanti, allievi e non, e delle istanze direttive, hanno fatto “la passe” potendosi così intrecciare saldamente all’AMP.

Una differenza rispetto ad oggi: chi ha scelto la scissione non ha chiesto alcun riconoscimento né a J.-A. Miller né un riconoscimento da parte del Campo Freudiano a differenza di M. Recalcati il quale ha pure un’esigenza in più, quella di non lasciarsi toccare dai significanti SLP e Istituto freudiano.

Cosa c’è di nuovo dalla Lettera a Lucrezia ad oggi per chi è al lavoro nella Scuola e nell’Istituto se non quell’articolazione già in atto ma sempre da attivare, su cui appoggiarsi ma da creare ogni volta, dell’Uno e del molteplice grazie all’estensione dell’AMP per SLP e anche per l’Istituto Freudiano a cui ci invita Éric Laurent?

Franca Nicoletta Bolzani

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Wednesday, October 24, 2007 3:39 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 24

Nel suo intervento, Massimo Recalcati, dopo aver ricostruito con toni un po’ romantici le traversie delle realtà istituzionali da lui fondate, ripropone l’espressione in cui egli intende condensare la somma delle motivazioni che avrebbero determinato la sua progressiva emarginazione dalla SLP nonché le sue dimissioni dall’Istituto freudiano. L’espressione in questione, che riporto parafrasandola, è quella di un dissenso aperto verso gravi alterazioni etiche e scientifiche compiute dall’attuale Direzione.

Sospettando già da tempo che si trattasse di un pretesto, ho letto attentamente le argomentazioni articolate a sostegno di questa pesante affermazione, e alla fine il sospetto era diventato la piena certezza che tale formula fosse effettivamente pretestuosa.

Mi vorrei rivolgere direttamente a Massimo cominciando dalla contestazione che egli rivolge alla linea scientifica.

1. Tu lamenti lo stile troppo scolastico della didattica dell’Istituto freudiano, alludendo agli effetti di noia e di sterilità che esso ingenera. Ti rispondo ricordandoti che l’Istituto freudiano è il luogo in cui si devono insegnare i fondamentali, il luogo in cui si deve fare – perché no! – la scolastica del lacanismo, il luogo in cui gli allievi devono produrre dei lavori e delle tesine il più possibile precise e puntuali, anche se noiose o ripetitive, il luogo in cui si devono apprendere i rudimenti dell'approccio clinico. Ciò ti scandalizza? Questa è la rotta in cui io e la gran parte dei docenti ci ritroviamo, questo è il funzionamento che con molte difficoltà abbiamo cercato di avviare, nell’intenzione proprio di arginare la direzione contrapposta, quella da te auspicata, ovvero quella di un’invenzione, come tu la chiami, ma che io chiamerei, più propriamente, un incoraggiamento a delirare in lacaniano, i cui effetti formativi, per l’esperienza che abbiamo potuto farne, sono disastrosi e pressoché nulli. Si può discuterne: io, ed altri, la maggioranza credo, vediamo le cose così e il bilancio degli ultimi anni sembra confortarci, confermandoci di aver imboccato la direzione giusta: gli allievi hanno le idee più chiare, almeno a Roma, non dicono cose sconnesse, sono ben orientati, quel poco che apprendono lo possiedono veramente.


Divergenze, pareri difformi e proposte totalmente o parzialmente alternative possono essere presentati nei luoghi idonei, per essere discussi ed eventualmente approvati, se raccolgono il dovuto consenso: questo è il funzionamento istituzionale.

In questo peraltro l’Istituto freudiano mi pare condivida pienamente la linea comune che informa la politica dell’insegnamento nel Campo freudiano. Per quanto ne sappia io, le Sezioni cliniche francesi e spagnole, e anche quelle sudamericane, non si discostano molto da questa modalità puntuale, rigorosa, un po’ forse ripetitiva, di trasmissione del sapere, che mi sembra peraltro dettata dal fatto che il nostro non è un sapere letterario o fenomenologico, pronto a spiccare il volo per ogni dove, ma vincolato alle difficili e cogenti articolazioni della struttura.

2. Dico questo non per ratificare o per celebrare l’idea di una staticità inerte e immobile del sapere. C’è sicuramente la necessità del nuovo, dell’invenzione, dell’escursione proficua e dell’interazione con altri campi dello scibile: ma che cosa ha a che vedere questo con la formazione degli allievi, che invece devono assimilare proprio i punti cardinali senza farsi frastornare e confondere da variazioni sul tema, magari fascinose? La novità, l’invenzione, che sono certo essenziali per rilanciare, vitalizzare e mobilizzare il sapere analitico, nel suo ruotare intorno a S(A/), come sottolineava Éric Laurent nel suo intervento, sono cose difficili e non basta l’entusiasmo per realizzarle: ci vogliono soprattutto capacità specifiche, ponderatezza che sappia contenere gli slanci e i fin troppo facili voli pindarici; altrimenti l’invito al nuovo diventa una spinta a delirare, come la letteratura analitica attesta abbondantemente.

Dunque non è compito degli allievi inventare, e credo che sarebbe altamente irresponsabile spingerli in questa direzione, senza quel minimo di zavorra rappresentato dai fondamenti della nostra letteratura. Al contrario sono proprio i docenti, i membri della scuola, quelli un po’ più anziani, quelli che hanno cioè minimamente maturato e assimilato questi fondamenti, che sono chiamati a cimentarsi con le sfide del nuovo. Tu sei stato e potresti continuare ad essere uno dei più capaci a produrre questo nuovo: Cosa ti impedisce di farlo o di continuare a farlo? Perché, per produrre questo nuovo, bisogna creare delle lacerazioni dentro la comunità? I colleghi francesi, come ricordava Focchi nel suo intervento, hanno dato mirabili esempi di produzioni davvero, e sottolineo davvero, originali e interessanti (si vedano i lavori su Klossowsky, Mallarmé, ecc...), eppure non mi pare che un Castanet o un Lacadée, per citare i primi due che mi vengono in mente, abbiano sentito la necessità di fare un atto di rottura rispetto alla comunità fondando istituzioni concorrenti. E quand’anche, come tu dici, fosse stato necessario creare un laboratorio, un luogo di incontro tra pensatori di diversa estrazione, cosa avrebbe impedito di giungere a tale risultato in modo più pacato e ragionato, con quella che Salvemini chiamava la “pazienza della democrazia”, senza strappi, facendo della creazione di un luogo siffatto non già l’occasione per lanciare una provocazione, ma il momento per un arricchimento della comunità?

Insomma non mi pare, in tutta onestà, di rilevare l’esistenza di impedimenti, nell’attuale configurazione del Campo freudiano, per la realizzazione di un ambito di elaborazione del sapere analitico, nella confluenza e nella convergenza con altri saperi, nell’ottica di un dinamismo e di una innovazione salutari. Forse Jacques-Alain Miller o altri ti avrebbero ostacolato? Non credo proprio! E infine, nella remota ipotesi che il progetto non fosse stato accolto dalle istanze che avrebbero dovuto approvarlo, bisogna rimettersi a tali decisioni, giacché le istituzioni – caro Massimo – non sono giurisdizione privata. O forse è proprio per questo che sei stato mosso a fondare una “tua” istituzione?

Dunque, hai eretto un istituto che, a dispetto delle belle dichiarazioni secondo cui esso non interferirebbe con l’Istituto freudiano, di fatto ne è il rivale e il concorrente. L’opposizione è chiara: lì, cari ragazzi, la noia dei pedanti, qui l’effervescenza degli inventori. Questo istituto è dunque una spaccatura che tu introduci dentro la nostra comunità, e questo per me non è accettabile.

Alla luce di tali considerazioni, che smontano le tue argomentazioni, ti rivolgo la domanda: dunque qual è il vero problema? Perché delle due l’una: o tu credi veramente in quello che ci hai spiegato, e allora – permettimi di dirtelo in tutta franchezza – sei completamente ottenebrato dal pregiudizio, oppure stai giocando la tua partita confezionando accortamente le giustificazioni che hai giudicato più plausibili, ivi compreso il trito e abusato tema dell’uno e del molteplice nella Scuola.

E veniamo ora all’imbarazzante accusa riguardante l’etica. Questa, devo confessarti, è stata per me la più inquietante, finché non ho capito quello che volevi dire con tale espressione. Allora mi sono tranquillizzato e disteso, sorridendo un pochino.

Tu affermi che negli statuti di Jonas è detto chiaramente che le finalità dell’istituzione non si confondono con quelle della SLP e dell’Istituto freudiano. Hai ragione: sulla carta è detto così, ma di fatto non è e non è stato così, perché nel nostro campo – e tu non puoi fingere di ignorarlo – non sono gli statuti quelli che influenzano l’atteggiamento delle persone, nella fattispecie gli allievi di Jonas, ma il transfert, quel transfert massiccio verso la tua persona che tu sei molto capace di suscitare, e che si connota come negativo verso l’IF e la SLP, all’insegna dello screditamento e della delegittimazione.

Così, malgrado quanto affermato negli statuti, i tuoi allievi, sulla scorta di questi pregiudizi da voi instillati, essi stessi direttamente (non arrivo a insinuare, come vedi, che l’abbiate voluto fare espressamente, anche se comunque, osservo, avete fatto ben poco per rettificare l’andazzo) hanno trasformato Jonas in un surrogato dell’IF e della SLP, disertando appena possibile gli eventi comunitari, partecipandovi di malavoglia e con un atteggiamento di spocchia e di supponenza, e sempre ostentando l’arroganza di chi si sente appartenere a un gruppo superiore, guidato da un capo superiore.

Può darsi poi – come tu dici – che in questo clima avvelenato i tuoi allievi avvertissero intorno a loro un atteggiamento non amichevole e non accogliente, ma qui siamo già molto a valle, e perderemmo solo tempo a stabilire chi ha cominciato per primo, chi ha tirato la prima pietra. Mi sembra più importante sottolineare la diffidenza preconcetta a monte, di cui tutto il resto non è che una cascata di effetti. Ci tengo anche a dire che non faccio di tutta l’erba un fascio, e che ho avuto il piacere di conoscere ed apprezzare alcuni allievi provenienti da Jonas di grande qualità e intelligenza, che non sempre si sono posti con atteggiamento sgradevole e provocatorio.

Concludo con due considerazioni:

1. Accogliere una domanda di formazione rivoltaci da allievi impegna fortemente la nostra responsabilità. Non credo che una realtà così confinata per la polarizzazione del transfert e così variegata nella sua composizione culturale, come risulta configurarsi l’IRPA, possa essere il luogo ottimale per dispensare una buona formazione analitica. E soprattutto, se non si vuole finire sommersi sotto una marea di conseguenze cliniche, legali e di immagine dai risvolti allarmanti, bisogna pensarci ben bene prima di sguinzagliare dei ragazzini, armati di tanto entusiasmo e scarso bagaglio, a far conferenze di qua e di là sulle tematiche più varie; e ancora più accorti ad affidare ad allievi in formazione, o poco più, delicate responsabilità cliniche e istituzionali che solo degli analisti navigati sono in grado di assumersi, come l’esperienza dei CPCT francesi dimostra.

2. Per fare delle cose come quelle da te auspicate – e anche qui l’esempio dei colleghi francesi e spagnoli è paradigmatico – non è necessario occupare a tutti i costi una posizione di padronanza.

Carmelo Licitra Rosa

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From: chiara mangiarotti

To: SLP-Corriere

Sent: Wednesday, October 24, 2007 9:43 AM

Subject: [SLP-Corriere] Slp-Corriere Scambi (*)

Mi associo alla domanda di Pasquale Mormile, del quale ho apprezzato la simpatica interpretazione, “per quale motivo (Recalcati) voglia continuare ad averci a che fare (con il malament)” per continuarla: perché noi (i componenti del malament) siamo costretti ad avere a che fare – e a quanto pare in ore notturne, vedi gli ultimi Scambi – con chi spinge la sua critica al confine con l’insulto.

Preferirei occupare il mio tempo diversamente.

Chiara Mangiarotti

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From: Alberto Turolla

To: slP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Wednesday, October 24, 2007 11:38 AM

Subject: [SLP-Corriere] Scambi (*)

Ho atteso di avere degli elementi, minimi, almeno, sui quali poter avanzare alcune considerazioni a partire dall’affectio che, non da ora, determina il mio rapporto alla Scuola di Lacan.

La prima considerazione è implicita in quanto sopra, solo ora, dopo il messaggio di Éric Laurent, ho, ma penso di poter dire, abbiamo, a cielo aperto delle informazioni minimali a partire dalle quali esprimerci, eventualmente.

Dopo quella comunicazione è venuta anche quella di Massimo Recalcati, sollecitata dal ns presidente Focchi.

Ora il quadro è sufficiente per esprimere quello che inevitabilmente sappiamo essere un “giudizio di appartenenza”, prima ancora che un “giudizio di esistenza”, secondo l’abc freudiano.

Poi, possono seguire tutte le argomentazioni possibili e plausibili.

Ciò che fa specie in una Scuola, non associazione, ma scuola di psicoanalisi, è vedere subito abbandonati i banchi, per correre all’intervallo delle argomentazioni extra-analitiche, in una ridda di “ti dico che è proprio così”, “no è colà”, ecc, ecc.

Quanto alla questione da prendere in considerazione, dato che sembra ci sia una domanda, mi esprimo in questi termini. Sono stato fra quelli tiepidi alla costituzione dell’Istituto freudiano, proprio perché, vexata quaestio, comportava una deviazione rispetto agli ideali analitici puri. Poi ho esperito quanto la Scuola, ancora in fieri, dovesse, in ogni senso all’Istituto, senza il quale molto probabilmente non sarebbe né più né meno.

La creazione della SLP ha permesso di riarticolare la connessione Istituto-Scuola e i frutti si sono visti non solo nell’ultimo convegno di Bologna ma anche in appuntamenti internazionali, dove sempre più è stato presente un “effetto scuola”, ma in stretta connessione con l’Istituto stesso dato che molti ormai vengono da lì.

Certo le argomentazioni di Recalcati assomigliano un po’ alla storiella del paiolo, sempre di freudiana memoria, come ben sottolinea Focchi.

Ma siamo sempre nell’intervallo e si sa che si scherza e si ride, ci si spintona ed altro.

Un nuovo Istituto? riconosciuto dalla AMP, se ho compreso, bene, che rilanci, anzi no, che porti a fondare una nuova scuola?

Ebbene c’è proprio qualcosa che mi sfugge, mi sfugge dove sarebbe l’affectio societatis che presiederebbe questa Operazione. Non entro, come vedete, nelle critiche espresse che starebbero alla base di questa Operazione. Considerando che ho vissuto tutte le vicissitudini dal 1974 in poi (leggi dalla “Lettera gli italiani”) mi sembra un modo neanche tanto passabile di ricostituire un tripode: due Istituti ed una scuola, per ora, in attesa che si poggi sulla quarta gamba, quella che terrà stabile il tutto!

Alberto Turolla

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From: Giorgio Fa

To: jam@lacanian.net ; slp-corriere@yahoogroups.com

Sent: Wednesday, October 24, 2007 9:04 AM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI (*)

Buongiorno a tutti, in qualità di studente dell’Istituto Freudiano – IV anno – sede di Roma – per la prima volta mi sento coinvolto, dunque sollecitato a scrivere tramite questo canale, in merito all’ormai nota vicenda della nascita di una nuova scuola/Istituto che aspira al “Campo freudiano” e che ha il sapore di una messa in discussione della formazione presso l’unico Istituto, al momento attuale, accreditato in tal senso.

In particolare mi riferisco alla possibilità/perplessità che l’istituto di nuova creazione possa confondere ancor più la già disarticolata situazione formativa nel campo della psicoterapia in Italia, nello specifico, psicoanalitica.

Perché, invece, non pre-occuparsi dei reali problemi legati alla causa analitica nel nostro paese (scissioni/chiusure/attacchi interdisciplinari/lavoro) e al dopo formazione specialistica? Ma la “causa” è solo per chi fa rumore??

Non solo allo stato attuale si formano dei giovani all’esercizio “immaginario” della psicoterapia in un mercato talmente saturo da non garantirne l’esercizio più ad alcuno, non solo non si orientano gli sforzi di scuola all’istituzione di spazi, comunità professionali atte a far lavorare gli specializzati (oh!!! non più prestatori d’opera?), ma spostiamo l’attenzione verso le questioni formative, apriamo nuove scuole con membri vecchi, forse delusi, cloni delle precedenti. Si sorvola sul problema fondamentale, di struttura che riguarda la messa in questione del discorso universitario peggiorato dal capitalismo che fa funzionare queste scuole di specializzazione come catalizzatori di domande auto-referenziali di studenti che, provenienti specialmente dalla facoltà di psicologia, si troveranno a fare i lavori più impensati, meno qualificati e redditizi, pur essendo specializzati, continuando ad arricchendo le tasche dei pochi “padroni” che s’interessano della formazione senza pensare minimamente alle prospettive da proporre a chi formano.

A coloro i quali si trovano in una posizione di padronanza rispetto il campo freudiano in Italia, propongo le seguenti osservazioni:

Un istituto di formazione già esiste, funziona e risponde ad una scuola che si cerca di rendere “una”, è in grado di formare alla psicoanalisi secondo l’orientamento datole da Lacan (basti ricordare due AE di recente nomina, Carmelo Licitra Rosa e Massimo Termini e l’esperienza di passe che ci hanno donato, entrambi ex-studenti dell’Istituto Freudiano) a chi serve un altro? Le possibilità professionali, d’inserimento lavorativo per gli studenti, sono carenti, infatti l’Istituto accoglie (con un costo) forma, ma non fornisce sbocchi professionali, anzi li dimentica in favore di ulteriori occasioni formative (dunque la formazione è proprio l’unica cosa che non manca). Una scuola di formazione, dal mio punto di vista, dovrebbe avere la responsabilità di instaurare un rapporto serio con la società ove è inserita e dovrebbe interrogarsi sul rapporto che con essa stabilisce, non può aspettarsi sempre l’invenzione di un Di Ciaccia (l’Antenna); altrimenti come può essere considerata diversamente da un’azienda il cui obiettivo è il profitto (chiamiamo le cose con il loro nome) e non la crescita dei soggetti e lo sviluppo di nuovi orizzonti politici, sociali ed economici. È il solito discorso auto-referenziale che introduce la terza osservazione.

Credo che le possibilità di realizzazione nel campo freudiano, affinché proceda il suo sviluppo, non possa prescindere da quanto già fatto da i nostri predecessori. La formazione dell’Istituto funziona, è continua (infatti rimanda al concetto di Scuola) e per quanto possa essere migliorata produce comunque i suoi effetti. Pensare nuovi istituti, può significare dividere e alienare ancor di più il Campo freudiano in Italia che, nel campo Universitario suo primo bacino di utenza (Lacan perdonerà l’accostamento), spesso risulta sconosciuto. Questo può significare inutili ripetizioni, rivalsa, chissà, dar luogo a giochi di potere tra pari, subdolamente troppo interessati alla causa freudiana (cosa ne fanno, insomma, gli psicoanalisti del proprio godimento? Lo troviamo nella formazione? Forse nel potere che presentifica???).

Gli studenti, specialmente psicologi, continuano con le difficoltà dell’esistenza, del lavoro analitico e del costo personale ed economico che il loro desiderio implica. Voglio chiudere con un appello affinché questa “crisi”, purtroppo ciclica nel campo analitico, possa invece favorire la riflessione sulle questioni che, dalla mia posizione (professionalmente fortunatamente firmo già da psicologo) ho ritenuto opportuno sottoporre alla vostra attenzione.

Grazie per la lettura.

Giorgio Fanelli

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Wednesday, October 24, 2007 6:43 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 28

Leggo con vivo interesse i vari interventi che in questi giorni si susseguono in rete a partire dalla notizia della nascita di un nuovo Istituto di formazione riconosciuto all’abilitazione dell’esercizio delle psicoterapie: IRPA, Istituto che vede tra i suoi fondatori Massimo Recalcati e altri membri della SLP.

Rileggevo giorni fa un suo intervento pubblicato nel n. 19 de La Psicoanalisi. Ho ritrovato in quelle pagine il “giovane” Recalcati che con passione esprimeva il suo desiderio di Scuola non soltanto come “luogo di trasmissione di sapere, ma come comunità”.

Più di dieci anni sono trascorsi e spero non invano! Oggi esiste la SLP. Se Massimo Recalcati nella sua analisi di allora sottolineava che la Scuola Europea di Psicoanalisi e quindi il gruppo italiano, nasceva a suo avviso da “un atto voluto da Jacques-Alain Miller”, credo che oggi possiamo affermare, senza preoccupazione di smentita, che la SLP è la Scuola che molti di noi hanno fortemente voluto e per la quale hanno lavorato e lavorano, mi sento di aggiungere, con gioia ed entusiasmo oltre che con grande impegno.

Certamente non è la Scuola ideale, che sarebbe un fantasma. Ma una Scuola sempre in cammino, sempre in divenire. Sembrano finalmente lontani gli anni della contrapposizione tra Istituto freudiano e Scuola che tanto hanno assorbito le nostre forze spostando a volte l’interesse dal vero obiettivo: che in Italia ci fosse una Scuola di psicoanalisi del Campo freudiano. Nel 2002 finalmente è nata.

Massimo Recalcati ci dice che è stato spinto a creare un nuovo Istituto di formazione e mi permetto di ipotizzare che domani potrebbe, se non dovrebbe pensare ad un’altra Scuola, perché l’Istituto freudiano, all’interno del quale fin dall’inizio ha ricoperto il ruolo di docente, nonché di responsabile della sede di Milano, non gli garantiva più né etica, né scientificità, elementi che lui stesso dice mancanti nella SLP.

Accuse gravi, gravissime direi, che necessitano spiegazioni forti.

Ieri Massimo Recalcati ci ha fornito i primi accenni, sicuramente “tardi” ma, mi permetto di sottolineare, una lettura tutta interna alla sua posizione soggettiva, all’insegna della verità, sicuramente non “ripulita dalla logica immaginaria” che lui stesso sottolineava nel suo articolo di allora, come elemento indispensabile perché vi sia una Scuola possibile.

Mi sembra necessario nell’articolazione che pure riconosco centrale all’interno della Scuola tra l’Uno e il molteplice non dimenticare la posta in gioco della e nella Passe.

Massimo Recalcati ricorderà la sua denuncia sul “rifiuto di dare prova” da parte dei vecchi psicoanalisti e come questo fosse alla base di un lavorare a favore del proprio gruppo e avesse alimentato la reciproca ostilità. Ebbene, il tempo passa per tutti!

Sicura che questa Conversazione sarà un’opportunità di scambio fecondo, arrivederci a Milano.

Laura Storti

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Wednesday, October 24, 2007 6:44 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 29

Caro JAM,

le scrissi ancor prima di conoscere i dati attuali del problema per esprimere una preoccupazione circa il metodo, quello di una dialettica che fosse improntata alla logica dei due tempi, alienazione e separazione e non una dialettica storicistica. Me ne rallegro, perché così posso, spero, godere del diritto ad una replica. Essa mi permetterà di rispondere al quesito postomi da P. I. di Bologna, ma anche alle argomentazioni di altri interventi.

Mantenere un’articolazione tra l’unicità della scuola e la molteplicità delle mediazioni con il sapere universitario mi pare proprio la risposta più adeguata alle critiche di M. R. Come ricorda Éric Laurent questo è un criterio che attraversa tutto il Campo freudiano, non solo a livello di Istituti e Sezioni cliniche, ma anche di altre iniziative (vedi l’Istituto di Formazione permanente in Francia, ad es.). Del resto anche in Italia opera un altro Istituto approvato dal Ministero e diretto da R. Carrabino, il Paul Lemoine, che difende e insegna una clinica del soggetto, pur distinguendo chiaramente lo psicodramma dalla psicoanalisi, per la quale esso si riferisce a SLP e Istituto freudiano. Ebbene io volevo attendere di sapere se la richiesta del nuovo Istituto al Campo freudiano sarebbe approdata ad una “trattativa” rispettosa di questo criterio.

Ora le dichiarazioni che ho lette a firma di Recalcati e la notizia delle dimissioni di 6 docenti di quell’Istituto dalla scuola, costituiscono purtroppo una risposta, anticipata, che va nella direzione del rifiuto di simili condizioni (io parlavo di regolazione da parte del Campo freudiano).

Per venire alla dialettica su cui il collega di Bologna mi interroga: se non mi volevo basare su dati di 2 anni fa non è per ingenuità (oltretutto in quegli anni il R. non mi aveva certo lesinato i suoi ceffoni), ma per metodo. Non ritengo utile alla nostra causa (freudiana) sostituire la ‘analisi della situazione italiana’ alla ‘psicoanalisi’.

La prima, dicevo, è fonte di verità soggettive, mentre solo la seconda può portare a dei giudizi, sono due tempi logici da tenere distinti (come ben spiega Focchi nel suo intervento). L’analisis situs comporta una separazione, un atto ogni volta doloroso, mentre l’analisis status implica solo il comfort di un rispecchiamento.

Se ho fatto presente di non aver ricoperto cariche nell’Istituto è solo perché, immodestamente, mi spiace non aver potuto dare un contributo maggiore. Collaboro con Antonio Di Ciaccia da più di 30 anni (lo invitai a Milano, con Zenoni, per un Seminario del Centro studi nel 1978) e non si contano le baruffe avute con lui in tutto questo tempo, tuttavia non mi riconosco nell’imago d’una banda di colleghi a lui avversa! Così come non mi riconosco in quell’altra, quella dei presunti detrattori dell’impresa di Jonas (a cui ho sempre collaborato, quando richiesto).

Concludo con il dire che l’esempio dell’Istituto freudiano e degli altri istituti che lei ha creati nel mondo, di come hanno saputo difendere l’autonomia di un sapere clinico dall’attacco dello scientismo universitario, ci deve incoraggiare ad altre imprese, come quella dei CPCT, a perseverare nel nostro lavoro, senza cercare altre protezioni.

Carlo Viganò

Milano, 24 ottobre 2007

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From: Adele

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Sent: Wednesday, October 24, 2007 6:49 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 30

Cari colleghi.

forse è inutile esprimere la mia sorpresa per un accadimento che per altro era nell’aria.

Ci sarà un nuovo istituto di formazione all’esercizio della psicoterapia che avrà tutta la legittimità di esistere e di essere promosso come tale. In Italia tutte le istituzioni che hanno come ambito quello della psicologia possono aspirare ad avere un istituto di formazione alla psicoterapia se rispettano alcuni parametri stabiliti dalla legge Ossicini.

Il punto a mio avviso riguarda il Campo Freudiano e la SLP.

Si è sempre detto che un’istituzione di formazione alla psicoterapia era utile, non solo perché era nostro interesse che più persone avessero il titolo di psicoterapeuta, magari con un bagaglio di conoscenze lacaniane, ma perché poteva essere una porta di accesso alla psicoanalisi, all’analisi e alla particolarità del discorso di Lacan. L’Istituto Freudiano l’ho sempre visto attraverso questa angolatura. Non so quanto in realtà l’Istituto Freudiano funzioni in tal senso, però penso che questa sia la sua missione, il suo senso d’essere.

La trasmissione di tipo universitario per noi è utile se crea un “annodamento” con l’analisi e le questioni che concernono lo psicoanalista e il suo desiderio. Altrimenti si rimane a fornire un servizio per i futuri psicoterapeuti che si accontentano del sapere dell’Altro.

Rispetto a molte persone non ci rimane che accontentarci di aver fornito quel servizio, ma la scommessa è da un’altra parte. In questo la Scuola ha una grande responsabilità, deve poter dare l’opportunità, a chi ha una sollecitazione rispetto a ciò che crea enigma nella psicoanalisi e nel desiderio dell’analista, di dargli un posto da dove lo possa interrogare.

C’è uno scarto tra il sapere dell’Altro e la presa di parola soggettiva rispetto a quanto dicevo.

L’articolazione Istituto- Scuola va in questo senso. La Scuola dovrebbe garantire quanto detto aprendo la porta agli allievi attraverso i cartel, come accade in diverse occasioni, per passare da un sapere esposto dall’Altro, alla presa soggettiva delle questioni che quel sapere veicola.

Penso per altro che solo la Scuola possa garantire questo spazio, con tutte le difficoltà che ci sono e ci sono state. Anzi è un suo compito, è un primo momento di formazione che la Scuola deve garantire.

Di questo nuovo Istituto non ne conosco le ragioni, ho letto quanto dice Recalcati, non commenterò quanto ha detto sull’Istituto Freudiano e sulla SLP, per lo meno in questo testo, perché questo è il suo giudizio e ne prendo atto, non di meno mi rimane una preoccupazione: qual è il fine del nuovo istituto. Quello di rendere vivo e creativo e appassionante un insegnamento? Va bene, ma quale è il rapporto con la Scuola su quali posizioni si organizzerà, che garanzie darà alla Scuola per quanto sia Una?

D’altra parte, penso che non possa rispondere, solo al Campo Freudiano, perché tutte le questioni di ordine analitico e di messa al lavoro nella Scuola, passano dalla Scuola presente nella dimensione contingente, sul territorio (o neanche questo serve più?). L’Istituto Freudiano e la SLP possono avere diverse responsabilità, ma queste non possono far dimenticare che rimane sempre aperta la questione del rapporto tra Istituto di formazione e Scuola, non si può avere rapporto con l’AMP unicamente, altrimenti lo spazio del particolare lasciato vuoto dall’assenza della SLP, (nel nostro caso), viene riempito da altro.

La Psicoanalisi non ha mai funzionato nel momento in cui si affida solo all’Uno unificante. Ha una sua funzione nell’articolazione tra l’Uno, la singolarità e la contingenza. Credo che sia anche questo il motivo per cui l’AMP e le sue Scuole si siano organizzate in questo modo.

Per ultimo, non vorrei mai, come lacaniano, che un istituto di formazione alla psicoterapia si assumesse il compito di sostenere e interrogare i diversi modi di avere rapporto con la Causa analitica e quindi di conseguenza, con la posizione dell’analista, perché intravedo il rischio di una sovrapposizione tra un istituto che per legge deve seguire il discorso universitario e la Scuola.

Nell’istituto si può e si deve parlare di queste cose, ma avendo chiaro nel contingente, come e dove indirizzare un allievo che si apre all’enigma della posizione dell’analista.

Pietro Enrico Bossola

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From: Adele

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Sent: Wednesday, October 24, 2007 6:54 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 31

UNA DOMANDA “RIFIUTANTE” DI RICONOSCIMENTO

Intervengo nel dibattito avviato da JAM per dire brevemente il mio pensiero sulla domanda di riconoscimento dell’istituto IRPA all’interno del Campo Freudiano, ma fuori dalla SLP, avanzata da Massimo Recalcati ed alcuni altri colleghi della SLP. Costoro, mi sembra di capire a rigor di logica, intendono dunque, con questo atto, portarsi fuori dalla SLP? Se così è, come sembra, dunque il loro atto dà vita ad una duplice operazione: una domanda di riconoscimento (al Campo Freudiano) ed insieme un atto di abbandono (della SLP). Chiedono dunque al Campo Freudiano di riconoscere il loro istituto, contro una delle Scuole nazionali che costituiscono il Campo Freudiano stesso, a cui rifiutano di fare riferimento. Éric Laurent ha esposto con chiarezza questo punto, nella sua analisi di quella che chiamerei una “domanda rifiutante”di riconoscimento: cioè una domanda di riconoscimento che contiene il rifiuto nella sua stessa struttura logica. Rimaneggiando liberamente per l’occasione una celebre battuta del comico Graucho Marx, i nostri colleghi domandano di poter entrare a fare parte di un club di cui dichiarano di rifiutare uno dei suoi membri principali, anzi quello a cui in primis sarebbero chiamati a fare riferimento. È una domanda dunque che mette l’Altro a cui si rivolge, in questo caso il Campo Freudiano, in una posizione non certo agevole per poter rispondere, perché dovrebbe arrivare a negare se stesso per poter rispondere affermativamente. Dunque è una domanda che detta le sue condizioni al Campo Freudiano: chiedo di entrare a fare parte del tuo insieme, a condizione che tu non mi faccia passare, come dovrei, dalla porta della SLP, cioè della Scuola Italiana del Campo Freudiano. (Scuola che, ricordiamolo, è l’espressione diretta in Italia dell’AMP, ed il cui funzionamento è scandito e orientato, seppure con tutti i limiti delle “umane cose”, dalla logica e dai principi della Scuola Una). Prendere o lasciare! Non mi sembra un buon modo per domandare di entrare a fare parte di un club, tanto meno per chiedere il riconoscimento del Campo Freudiano.

È dunque una domanda che sposta sull’Altro la contraddizione che è insita in essa, e che penso occorra restituire a coloro che l’hanno formulata, ricordando che sono loro i domandanti e che le condizioni di appartenenza al Campo Freudiano le decide il Campo Freudiano.

In conclusione: dietro l’IRPA, è conseguente pensarlo, si prepara il progetto di un’altra scuola di psicoanalisi, sul cui carattere 'antitotalitario' non mi sentirei di scommettere.

Domenico Cosenza

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From: Adele

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Sent: Wednesday, October 24, 2007 9:05 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 32

Gentile Jacques-Alain Miller,

sono un giovane Allievo dell’Istituto Freudiano iscritto al quarto anno di corso.
sto leggendo con interesse, ma anche disorientato, gli Scambi precedenti la conversazione di Milano.

Scrivo in qualità di Allievo dell’Istituto. Quando mi sono iscritto era da qualche tempo che lavoravo in istituzioni che seguivano l’orientamento lacaniano e partecipavo da tre anni all'attività dell’Antenna del Campo Freudiano di Ancona; inoltre avevo conosciuto i testi di Lacan all’università grazie a Massimo Recalcati.

L’iscrizione all’Istituto è stato per me un passo non facile ma che desideravo. Partecipo all’attività dell’Istituto con entusiasmo ma anche con fatica in quanto richiede notevole impegno. La difficoltà maggiore è quella che incontro nella stesura della tesina e nella preparazione degli esami. La prima mi mette a confronto con la difficoltà di rendere conto di un lavoro in cui si tratta per me di esporre come articolare teoria e pratica. in questo il Presidente dell’Istituto Freudiano ha sempre rimarcato la necessità di un rigore senza il quale andrebbe bene qualsiasi cosa. Nella preparazione dell’esame è difficile per me capire come prepararsi; da una parte non si tratta di ripetere semplicemente ciò che è scritto nei testi d’esame; dall'altra è necessario leggerli attentamente per poterne dire qualcosa di ... non so se il termine “valido” sia appropriato ma non ne trovo uno migliore.

Tra poco inizierò il quarto anno dell’Istituto, poi il passo che vorrei poter compiere è quello verso la SLP. A questo proposito la creazione di un altro Istituto oltre a quello già esistente mi disorienta. per me il passaggio dall’Istituto verso la SLP andava da sé, era la logica conseguenza. Tuttora rimane la logica conseguenza. Ma la creazione di questo nuovo istituto trovo che renda quel passaggio più confuso.

Omar Battisti.

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Sent: Wednesday, October 24, 2007 9:08 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 33

Dunque un nuovo istituto di formazione a norma di legge Ossicini è stato creato da un collega della SLP. È un fatto.

È una novità tale che richiede come minimo una conversazione in presenza di Jacques-Alain Miller, che ringrazio per esserci, ancora una volta.

Ci siamo mossi fin qui guidati dalle indicazioni concordate dal Campo freudiano nella forma delle sue Scuole, riunite nell’AMP: la Scuola in Italia è una e il suo Istituto uno soltanto, connesso alla Scuola in una concatenazione ingegnosa inventata a suo tempo proprio da JAM, che ne è il Direttore, con Antonio Di Ciaccia che ne è il Presidente.

Si può essere anche critici con questo Istituto, ma non si può non vedere la importanza enorme, decisiva che ha avuto per la psicoanalisi lacaniana in Italia e nel processo di stabilizzazione della SLP.

Il fatto che abbiamo pensato sin qui la politica della psicoanalisi in Italia a partire da questo, non significa che, se la realtà cambia, questa politica non possa essere cambiata, mi fido di JAM su questo, che sa vedere le cose sempre più in là dell’orizzonte immediato e ci guida a oltrepassare la routine, quando il reale lo impone.

In ogni caso tutti noi, che abbiamo lavorato per il CF riconoscendo le sue istituzioni, siamo chiamati oggi ad inventare una nuova strategia in uno scenario che è mutato.

Massimo Recalcati ha fondato questo nuovo istituto, ha mostrato una tenuta, una forza e una capacità fattiva, che non è conveniente misconoscere. Quel che conta è che sia al servizio della psicoanalisi. Egli e i colleghi che lo seguono dichiarano di riconoscersi nel Campo Freudiano. Hanno esplicitato delle critiche, alle quali sono state date delle risposte, il superamento dialettico non appare facile, vedremo fin dove la conversazione ci porterà.

Un punto trovo dirimente. La posizione di questi colleghi nei confronti della Scuola. Va molto bene che si esternino le critiche, ci sono molti altri che hanno delle critiche, e anche delle proposte a volte. Ma quello che a mio avviso è imprescindibile, è che l’orizzonte della Scuola sia condiviso.

Questo non vuol dire essere amici, il criterio amico/nemico è fondativo di una politica che non è quello psicoanalitica (il teorico di questo principio ne ha tratto le conseguenze nel partito unico nazionalsocialista), il matema fondativo della scuola di analisti lacaniani è quello messo da Lacan al centro del suo atto di fondazione, atto di fondazione delle Scuole della AMP. È un matema del non-tutto, del luogo vuoto dell’analista, della destituzione soggettiva, che ci raccoglie tutti a partire da questo punto vuoto che riconosciamo valido per ciascuno nel suo rapporto alla causa analitica.

Mi auguro che Massimo faccia un passo indietro e ci ripensi, compiendo un gesto esemplare. Un gesto di destituzione, di rinuncia ad ogni proposito di distacco dalla SLP.

La sola critica che io posso formulare alla SLP è di non essere riuscita ad evitare la fondazione di un secondo istituto Ossicini. Forse c’era dell’impossibile in questo, ma la SLP come Scuola di psicoanalisi, non confonde certo l’impossibile con l’impotenza, convive con l’impossibile, lo accoglie al suo interno.

Luisella Brusa

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From: Adele

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Sent: Wednesday, October 24, 2007 9:10 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 34

Vorrei cogliere l’opportunità che JAM ci offre attraverso questa rubrica per fare alcune considerazioni sul momento difficile che la comunità della SLP si trova a dover affrontare. Inizierò da una personale testimonianza sull’effetto che l’insegnamento di Lacan ha avuto ed ha tutt’ora nella mia pratica quotidiana. Da molti anni ormai frequento il campo freudiano, come aderente SISEP ho partecipato alle vicende che hanno consentito la nascita della Scuola in Italia di cui sono membro e, attualmente, segretario cittadino. Il mio lavoro nel campo della salute mentale, orientato dalla teoria di Lacan, è stato ed è possibile grazie al supporto dell’insegnamento prodotto nelle attività dell’Istituto freudiano attraverso le sezioni cliniche e le antenne da una parte, e l’elaborazione della teoria applicata alla clinica nella vivacità dello scambio intellettuale che caratterizza e marca la vitalità della Scuola dall’altra. Non ho mai ho avuto la sensazione che quello che mi è pervenuto sia un sapere preconfezionato, dogmatico e totalitario, dove, paradossalmente, l’effetto di taglio evocato da Lacan per consentire la produzione di parola del soggetto, venga re-inventato sotto forma di ritaglio sistematico di ciò che licet sapere (dopo opportuna censura) e nell’imbavagliamento della voce dubitante della veridicità del Verbo. Ho sempre ritenuto che il confronto con i colleghi sulle esperienze cliniche di ciascuno e, ancor di più, il sottoporre la propria pratica al vaglio dell’analisi e del controllo fosse una modalità valida per far emergere la “soggettivazione critica della propria esperienza e del rapporto con i concetti della psicoanalisi”.

Concordo con quanto afferma Emilia Cece nel suo intervento sulla logica della massificazione che sottende una pluralizzazione di offerte nel campo degli istituti di psicoterapia in Italia, aggiungerei che una ulteriore frammentazione dell’insegnamento in due istituti afferenti al Campo freudiano non solo incrementa la dispersione dell’insegnamento, ma, quel che è peggio, se consideriamo la logica della domanda e dell’offerta, chiediamoci quale promessa possa venire da un’alternativa all’Istituto Freudiano se non quella di offrire un oggetto che saturi la domanda (un sapere a tutto tondo), là dove la logica di un insegnamento che orienta verso la psicoanalisi si è sempre fatto dovere di mantenere aperte le questioni che spingono il soggetto verso il proprio desiderio?

Nel suo intervento Éric Laurent ripropone gli auspici sotto cui Lacan ha fondato la Scuola “i cui membri avrebbero trovato nel riconoscimento di un non-sapere irriducibile – S /(A) – che è l’inconscio stesso, la molla per proseguire un lavoro di elaborazione orientato dal desiderio di un’invenzione di sapere e della sua trasmissione integrale”. Ciò non può prescindere, a mio avviso, nella tensione verso la Scuola Una, dall’assunzione uno per uno della propria responsabilità nell’esserci, e farsi un dovere etico nel saper condividere i principi dell’affectio societatis.

La SLP fin dalla sua fondazione ha seguito questa via, promuovendo i principi etici e scientifici della psicoanalisi secondo l’insegnamento di Lacan. Ciascuno può mettervi in gioco il proprio desiderio, con il bagaglio di consapevolezza, particolare per ognuno, del limite su cui Freud ci ha messi in guardia, ma, come afferma Marco Focchi “l’epica vuole eroi… la psicoanalisi inclina piuttosto al comico”. È più facile fare come Antigone che continuare ad andare avanti superando le contraddizioni e i dissidi.

La Scuola, a mio avviso, non può avallare una deriva di tal genere.

Domenica non potrò essere a Milano, vi auguro un lavoro proficuo.

Cordiali saluti

Laura Freni

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From: Adele

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Sent: Wednesday, October 24, 2007 9:11 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 35

Cercherò di scrivere brevemente ciò che mi concerne della articolazione dell’Uno e del molteplice

Sono nella Scuola come analizzante e praticante la clinica.

Mi ritengo un operaio della clinica, nella Scuola, nel Campo Freudiano, nell’EEP, nell’AMP. Desidero che la Scuola mi dia la possibilità e il tempo di tenere il fardello del sintomo e la gaiezza del mio desiderio.

La Conversazione del 28 ottobre la vivo su questo versante: debito alla causa analitica.

Voglio soffermarmi un attimo sull’Istituto freudiano: emanazione del Campo freudiano di cui è l’unico Istituto di specializzazione promosso in Italia.

Emanazione: l’ho sempre sentita semplicemente così. È dal 1992 che seguo i Docenti italiani e stranieri, stile – per ciò che mi riguarda – singolare e prezioso del Campo freudiano.

Nel sociale ho sempre desiderato che passasse un incontro con questo luogo di formazione.

Senz’altro c’è una particolarità italiana, non sono in grado di farne ipotesi in questo momento, tranne che testimoniare che l’Istituto, per il mio incontro con Lacan e la mia analisi, è stato determinante. Ritengo che l’Istituto sia una porta d’accesso alla Scuola per molti, in Italia.

L’unico Istituto di specializzazione promosso in Italia: ora c’è un reale che lo smentirebbe: un altro istituto del Campo freudiano in Italia. Non se ne era mai parlato fino ad oggi, con i colleghi.

Mi interessa il lavoro e la clinica umile ma militante. In Italia – nella Scuola – nell’Istituto per me vi è mobilitazione in tal senso.

Ora l’Italia sta respirando della presenza e della testimonianza singolare di due AE: lasciamo farci toccare.

Loretta Biondi

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From: Adele

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Sent: Wednesday, October 24, 2007 9:30 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 36

Caro Jacques- Alain Miller,

Eventi della Scuola in Spagna – le Giornate della Comunità di Castilla e León, con la relativa Riunione Istituzionale annuale – mi impediranno di essere presente alla Conversazione di Milano del prossimo 28 ottobre.

Con questo messaggio voglio far giungere ai colleghi e amici della SLP e del Campo Freudiano in Italia la solidarietà e la preoccupazione della ELP per la delicata situazione che essi stanno attraversando, tenuto conto delle gravi accuse che sono state loro rivolte. In effetti, i problemi in Italia ci interessano, concernono tutto il Campo Freudiano in Europa e anche la nuova FEEP, la Federazione Europea di Scuole di Psicoanalisi, che è chiamata a giocare un ruolo importante in questi momenti cruciali per il futuro della pratica analitica.

Considerare il molteplice dalla forza dell’Uno è ciò che ha reso grandi le Scuole dell’AMP, e la SLP ne è un esempio. La creazione di istituzioni di psicoanalisi applicata alla terapeutica è di grande importanza strategica per la psicoanalisi, però lo è molto di più sostenere il loro funzionamento, assicurare che la pratica che vi si svolge sia psicoanalitica e, per questo, è necessaria la garanzia della Scuola, la formazione degli analisti. In questa prospettiva, la nomina dei due primi AE italiani è stata motivo di grande gioia per tutta la Scuola Una.

Spero, è il mio desiderio, che il conflitto esistente possa trovare nella Conversazione gli argomenti dialettici necessari affinché la psicoanalisi ne esca vittoriosa, che serva per rilanciare il transfert di lavoro della comunità analitica italiana e affinché la SLP possa proseguire nelle avanzate raggiunte in questi ultimi anni.

Un saluto molto cordiale,

Xavier Esqué

Presidente della ELP

Barcellona, 24 ottobre 2007

Traduzione: Adele Succetti

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From: Adele

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Sent: Thursday, October 25, 2007 5:56 AM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 37

Mi aggrego ai tanti colleghi che mi hanno preceduto: stupito per l’inatteso di questi giorni, dispiaciuto per le pesanti affermazioni di giudizio sulla SLP e IF da parte di Recalcati, indignato per essere stato già rifiutato (in quanto comunità analitica) come possibile interlocutore di un processo che vedo ormai prossimo ad una conclusione prima che ne potessi cogliere i termini problematici iniziali.

La mia analisi e la mia pratica clinica mi hanno insegnato a stare al “gioco istituzionale”, a saper fare un buon uso dell’Istituzione, luogo ove si misurano gli effetti della castrazione che vado quotidianamente affrontando.

La mia passione è per la psicoanalisi e per la sua causa, instillata dai testi di Freud e Lacan e dal mirabile insegnamento di Miller, e non è dettata dalla vertiginosa spinta ad un frenetico avanguardismo di massa. Consto, sempre con una certa sorpresa, come nella piccola Istituzione Psichiatrica di cui faccio parte, a fronte di un forzato incedere di teoremi psicoeducazionali e psicocondizionanti, emerga sempre più una ineludibile e appassionata domanda di cura, di ascolto, la ricerca di luoghi di parola. Ebbene, è per me la testimonianza del fatto che l’Istituzione e la città non possono più fare a meno degli psicoanalisti.

Ringrazio così Recalcati per averci offerto (questa sì mi sembra una buona invenzione) l’occasione di continuare con più vigore un dibattito sulla nostra Scuola e sulla sua funzione nella società.

Ringrazio altresì Miller per aver colto con acume questa opportunità. In tal modo riusciremo domenica a rilanciare con slancio e affezione la nostra prassi.

Raffaele Calabria

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From: Adele

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Sent: Thursday, October 25, 2007 5:58 AM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 38

Cari colleghi

la questione in gioco nella nostra Scuola è, e resta, come dice Éric Laurent, “l’elaborazione dell’esperienza analitica quale si raccoglie nell’esperienza della passe”.

Come sottolineato nel corso di vari interventi negli SCAMBI, è da J. Lacan che trae origine la nozione di una unità fra le Scuole sulla base del “movimento verso il reale in gioco nella formazione dell’analista”.

Confidiamo che la conversazione del 28 sia il luogo per animare un dibattito attorno a questo tema.

Giuliana Capannelli

Adele Marcelli

Aldo Tricarico

Membri SLP – Coordinatori dell’Antenna di Ancona

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From: Adele

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Sent: Thursday, October 25, 2007 6:01 AM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 39

Caro Jacques-Alain e cari colleghi,

Per cominciare ringrazio Jacques-Alain Miller per aver risposto puntualmente, con la proposta della conversazione del 28 ottobre e con la sua presenza, agli sviluppi della situazione italiana.

Subito dopo l’annuncio, ho letto e apprezzato le riflessioni di Carlo Viganò, in particolare per quanto concerne i modi differenti dell’implicazione dell’IF e della SLP nella dialettica auspicata. Mi rimaneva qualche interrogativo rispetto al “pluralismo delle vie secondo cui viene fatto il passaggio al discorso universitario”. Non si può infatti dimenticare come è nato e si sostiene l’Istituto freudiano, il suo annodamento con la Scuola: le discussioni e i dibattiti per arrivarci, la conduzione di esso e il lavoro di insegnamento che in esso svolgono dei membri della Scuola, la finalità che sin dalla sua nascita ha avuto, che, al di là del conferimento di diplomi, punta alla Scuola Una, come ha ben ricordato Paola Francesconi.

Si poteva pensare, mi chiedevo, di accogliere, nel Campo freudiano, un altro Istituto riconosciuto dallo Stato, e non annodato alla SLP? La proposta di Jacques-Alain Miller di RIPA per le istituzioni di Psicoanalisi Applicata, ci poteva suggerire qualcosa anche per gli Istituti riconosciuti, ma che non sono di iniziativa della Scuola?

La lettera di Éric Laurent, - che tra l’altro informa che sei colleghi italiani, di cui alcuni membri SLP, hanno annunciato “di aver deciso di tagliare ogni rapporto con la SLP”, – e quella di Massimo Recalcati, in cui dichiara che l’IF e la SLP non sono più per lui luoghi di garanzia etica e scientifica, per quanto mi riguarda chiariscono bene le cose.

Un solco si è scavato, non so se etico oppure no, dopo che ho letto la lettera di Massimo.

Sono dispiaciuta, Massimo, che consideri la SLP un luogo di “gravi alterazioni etiche e scientifiche”, di “ripetizioni conformiste” e che rimproveri i membri del Consiglio di non essere stati dalla tua parte. Come già qualcuno ha scritto, ciascuno ha vissuto a turno l’isolamento, e a volte ha subito delle accuse, ma non per questo ha desistito dal perseguire con gli altri l’obiettivo che ciascuna Scuola di psicoanalisi dell’AMP ha, di trasmettere la causa analitica.

Hai espresso il tuo giudizio, Massimo, che mi pare piuttosto senza appello, sull’IF, sulla SLP e sui suoi membri. E non ne vuoi più sapere di noi, ti è persino intollerabile di restare membro della stessa Scuola.

Ti rivolgi perciò al Campo Freudiano, in modo particolare a Jacques-Alain Miller, per chiedere che l’IRPA sia accolto nel Campo Freudiano stesso. Però non manchi, nella tua lettera, di rimproverare anche PIPOL di aver operato una censura e non manchi di mettere in guardia il Campo Freudiano su che cosa sia una “politica laica e illuminata”.

Se devi indicare tu gli ingredienti che farebbero del Campo Freudiano l’istanza che cerchi (dici per esempio che “dovrebbe difendere il diritto del molteplice”, il che sembra implicare che non lo fa) per il riconoscimento del tuo Istituto, come puoi domandargli ancora qualcosa?

Spero che il lavoro di domenica porti del nuovo.

Rosa Elena Manzetti

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From: Adele

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Sent: Thursday, October 25, 2007 6:19 AM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 40

Diamine! Un processo degno di Socrate. E speriamo che non ingoi la cicuta prima dell’esecuzione, perchè in molti accorreranno allo spettacolo.

Solo una piccola testimonianza, forse irrilevante.

Un dialogo con un membro milanese della SLP, avuto all’incirca due anni fa:

- “A Jonas vorremmo invitarla a divenire supervisore rispetto a un ambito di clinica applicata in cui lei è riconosciuto esperto”.

- “No grazie. Preferisco mantenere le distanze da associazioni che ruotano intorno ad un unico capo carismatico”.

- “Non immagina quanto condivido questa sua affermazione! Per l’appunto, credo che sia importante che qualcun altro della SLP sia presente!”

- “Bè, magari, in futuro, se qualcun altro ci sarà, allora ci sarò anch'io”.

Isolamento provocatorio? Mancanza di onestà intellettuale? Paura del confronto?

Non ho ancora trovato una risposta. Speriamo di poter chiarire le idee al prossimo appuntamento di domenica.

Cordialmente

Laura Porta

(Ex allieva Istituto Freudiano,

Socio fondatore Jonas,

Partecipante alle attività SLP)

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From: Adele

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Sent: Thursday, October 25, 2007 6:26 AM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 41

Due punti della e-mail di Loretta Biondi mi fanno riflettere:

1. Senz’altro c’è una particolarità italiana

2. L’Istituto Freudiano è l’unico Istituto di Specializzazione del Campo Freudiano in Italia

Allora mi sembra sia presente una paradossalità del discorso in rete sull’importanza di preservare l’unicità della Scuola, laddove tale unicità sembra riguardare in realtà un confine geografico-politico che certo non c’entra con la psicoanalisi e l’inconscio.

Inoltre leggendo il dibattito in rete mi sono ancora una volta interrogata sul senso (ancora enigmatico in me) di un evento riguardante la mia richiesta nel 2005 di diventare membro della SLP. La mia richiesta venne sospesa in attesa che la sottoscritta scegliesse un supervisore diverso rispetto a Massimo Recalcati con cui ero in supervisione.

Cordialmente

Pamela Pace

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From: Adele

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Sent: Thursday, October 25, 2007 6:27 AM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 42

Gentile dottor Miller,

Mi permetto di rivolgere a Lei personalmente una domanda: perché ha scelto la modalità della conversazione, preceduta da un dibattito in rete tra i membri della comunità italiana, anziché optare per un confronto, coordinato da Lei, tra i fondatori dell’IRPA e le istanze direttive della SLP-IF?

Non le nascondo l’amarezza e la perplessità con cui leggo alcuni interventi in SCAMBI, interventi la cui scompostezza non giova in alcun modo alla comprensione di un momento così delicato.

Al foro mediatico avrei preferito un dispositivo simbolico più ristretto, in grado di garantire un confronto dialettico più pacato.

Cordiali saluti

Anna Zanon (segretaria SLP di Venezia e socio Jonas)

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From: Adele

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Sent: Thursday, October 25, 2007 4:40 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 43

Cari colleghi della SLP

Da parecchi anni condivido la storia e la vita della comunità psicoanalitica del Campo freudiano in Italia. Mi ritengo uno che lavora orientato dal desiderio di conoscere e di apprendere secondo l’insegnamento di Lacan. A partire dalle mie letture giovanili su Freud e Lacan, ma anche di altri autori psicoanalisti e filosofi, mi sono ritrovato, attraverso una solitaria ricerca, in un tempo in cui non si andava su internet, ad incontrare l’Istituto Freudiano. La mia ricerca non si è fermata, grazie alla fucina dell’Istituto ho incontrato persone e soggetti desideranti di sapere e pronti a mettersi in gioco, a confrontarsi, a donare qualcosa di sé, anche la propria ignoranza, l’umiltà di saper dire di non sapere. Non ho mai avvertito in quest’istituzione una posizione burocratica e scolastica. Anzi, vi ho trovato la ricerca di una soggettivazione critica, seppur sottoposta ad una filologica e corretta metodologia dell’analisi del testo e del suo trasferimento clinico applicativo. In pratica, poche chiacchiere e fascinazione immaginaria, ma lavoro e testimonianza nella clinica e nello svolgimento dell’atto analitico.

L’Istituto Freudiano e le istituzioni del Campo Freudiano in Italia, fino alla costituzione della SLP, sono state e sono un punto di riferimento per chi vuole impegnarsi nel mondo della psicoanalisi. L’Istituto freudiano non si è mai presentato come un opificio dispensatore di diplomi, una via facile di accesso all’esercizio della psicoterapia ad orientamento psicoanalitico: un luogo di sapere universitario- post-universitario con un linguaggio facilitato per soggetti incapaci di comprendere i termini difficili della psicoanalisi e di quella di Lacan in particolare.

Oggi, La Scuola è il luogo della partecipazione, della condivisione, della ricerca, non è il luogo dello sfoggio del sapere, il regno delle belle parole ricche di buon senso e facili da capire. Gli eventi promossi dalla nostra Scuola ce lo dimostrano. Mi chiedo, e penso alle parole segnate dalla fatica della testimonianza del lavoro di Maurizio Mazzotti, di come il vissuto personale possa avere fatto vivere “taluni” in un’altra Scuola da quella che ho vissuto io. Mi sento di affermare che Recalcati esprime un disagio che non mi sembra possa trovare accoglienza nella pluralità e nella coralità dei membri della Scuola e nemmeno un consenso di opinioni nell’universale sentire. Forse, il suo disagio nasce dal “particolare” modo di vedere e di interpretare gli eventi che lui stesso con i suoi “impeti creativi” ha provocato. Però non può dire che la Scuola lo ha lasciato solo, gli siamo stati accanto, in tanti abbiamo seguito le sue iniziative. Chi non ha ascoltato le sue articolazioni e le sue tesi sull’anoressia-bulimia? Chi non è stato fascinato dall’esperienza dell’ABA? Sicuramente molto meno da Jonas. E le ragioni c’erano! Da una speculazione più teorica a un’applicazione più pragmatica: una zattera di salvataggio o una macchina da guerra (sic!).

Vorrei concludere con un paragone legato alla mia terra. Recalcati e i suoi epigoni mi sembrano come il mio vulcano Etna: una forza della natura ricca di fascino e innocua finché si riversa entro i limiti della Valle del Bove. Una fonte inesauribile di magma distruttivo quando esplode al di fuori di tali confini.

Spero che gli impeti creativi e gli slanci magmatici vadano a stravolgere altri paesaggi.

Il mio desiderio è che l’Estetica della Scuola, il bello dei luoghi dell’incontro, dello scambio e dell’amicizia possa continuare ad evolversi nell’Etica della Scuola Una.

Carlo Monteleone

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From: Adele

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Sent: Thursday, October 25, 2007 4:41 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 44

Scrivo avendo in mente le giornate dell’ultimo convegno della SLP.

Sono state giornate entusiasmanti, in cui il nuovo si è potuto toccare con mano.

Gli interventi interessanti sono stati molti, ma l’impronta di assoluta novità, è stata data, a mio avviso, dalla testimonianza dei due AE.

I primi AE italiani!!

Sono rimasta molto toccata da ciò che Carmelo Licitra Rosa e Massimo Termini hanno messo in gioco del loro percorso personale e del loro desiderio per la Scuola.

Trovo che questo sia qualcosa di prezioso, di molto prezioso.

Come mi sembra prezioso il lavoro di tanti colleghi che si applicano alla “clinica dura”, quella che non porta soldi, né fama, e che produce effetti strabilianti che non cessano di stupirmi. E non mi riferisco solo agli effetti terapeutici, ma anche all’insegnamento e alla mobilizzazione di desiderio verso la teoria di Lacan che questi lavoratori silenziosi sono in grado di produrre.

Già, perchè nella nostra Scuola, ci sono tante persone che lavorano con fatica, costanza e rigore, senza avere nessuna pretesa se non quella di fare bene il proprio lavoro. Ce ne sono di lavoratori così, nella nostra Scuola: silenziosi, costanti, decisi, solidi, corretti e umili; costantemente disposti a mettersi in gioco, nella pratica clinica e nell’esposizione del loro lavoro, per cercare di tenere al meglio una posizione impossibile.

Ne ho in mente diversi, nella mia Regione, ma ne conosco tanti anche altrove, e ce ne sono sicuramente anche tanti che non conosco.

Dell’Istituto Freudiano, del suo Presidente, dei docenti e di tutti coloro che vi prestano, a vario titolo, il loro contributo, che dire se non un grande grazie, se non la riconoscenza di un debito per come cerca sempre, talvolta anche faticosamente, di mantenersi tramite rigoroso, attento e etico dell’insegnamento di Lacan?

E a questo proposito non posso fermare un’associazione di idee che va subito all’ultimo Congresso dell’AMP.

Grazie al lavoro di quanti è stato possibile?

Criticare costa poca fatica; troppa, per me, che ho imparato a mie spese, nella mia analisi, a occupare diversamente il mio tempo.

Anche l’odio di cui si parla, provoca, in me, un certo stupore.

Come se nel Campo Freudiano non si avesse niente di meglio da fare...

Maria Grazia Calducci

Partecipante alle attività della SPL

Ancona

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From: Adele

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Sent: Thursday, October 25, 2007 4:42 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 45

Segnalo a JAM la necessità di una lettura attenta del mail di Licitra perchè esso contiene – finalmente svelate – tutte le diffamazioni che hanno investito Jonas e le nostre persone e che sono circolate nella bocca di tutti coloro che oggi rivendicano l’Uno della Scuola.

Franco Lolli

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From: Adele

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Sent: Thursday, October 25, 2007 4:44 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 46

Gentile Jacques-Alain Miller,

mi chiamo Massimiliano Rebeggiani, e seguo da circa dieci anni le attività della Sisep-SLP.

Dopo un percorso travagliato ho finalmente conseguito la laurea in psicologia e il prossimo anno farò richiesta d’iscrizione all’Istituto Freudiano.

Mi sono avvicinato a questa conversazione convinto che fosse legittima la presenza di un nuovo istituto, e che fosse auspicabile un riconoscimento da parte della SLP. Credo sia lecito pensare di poter costruire una realtà migliore di quella esistente, una volta esaurita l’idea di poterla cambiare. Quello che mi è veramente incomprensibile è la scelta di rottura con la SLP.

D’altra parte ritengo che questa scuola non possa non farsi carico di una evidente ripetizione, che porta all’allontanamento di alcuni tra i suoi membri di maggior spicco.

Credo inoltre che l’antidoto migliore al proliferare dell’odio sia mettere con forza al primo posto la testimonianza del lavoro. Auspico che i membri di maggiore esperienza di questa scuola rispondano a questa nuova crisi intensificando la testimonianza della propria clinica, e, come ricordavano Carlo Viganò ed Éric Laurent, ripropongano con forza la centralità della passe.

Cordialmente,

Massimiliano Rebeggiani

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From: Adele

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Sent: Thursday, October 25, 2007 4:49 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 47

Cari colleghi,

Vorrei fare due precisazioni:

1) Questi giorni di Scambi sono stati, a mio parere, preziosi, perché sono stati una grande prova di democrazia nella Scuola. Siamo stati messi a confronto con un problema cruciale, e c’è stato uno spazio dove tutti hanno potuto esprimersi. Tutti hanno potuto parlare, qualunque fosse la loro posizione: abbiamo avuto interventi provenienti dalle istanze direttive, di persone presenti da tempo immemorabile nel mondo psicoanalitico, e abbiamo avuto interventi di allievi dell’Istituto, cioè persone appena giunte alla soglia d’entrata. Tutti hanno potuto dire la loro, tutti hanno avuto voce in capitolo, e sarebbe davvero difficile qualificare questa voce come “la voce grossa del padrone”: è piuttosto la voce di chiunque. “Here comes everybody” era l’esergo dei primi numeri della Lettre mensuelle, la rivista che ha sempre presentato i punti di vista della Scuola nella loro molteplicità. Oggi, ancora, possiamo dire di avere avuto una prova del fatto che la Scuola resta fedele alla propria originaria vocazione democratica: chiunque può parlare, esporre la propria opinione. Nella Scuola ogni membro, ogni partecipante, ogni allievo, ha potuto manifestarsi e farsi ascoltare.

2) La vivacità che abbiamo visto in questi giorni nella Scuola mi sembra una promessa, mi sembra una miniera di risorse pronte per essere investite nei progetti che stanno fermentando un po’ dovunque in Italia. L’ultimo di questi riguarda i Centri Clinici, che saranno il terzo anello, accanto alla Scuola e all’Istituto, di un nodo che riprende l’ultimissimo insegnamento di Lacan, la parte più complessa e antinomica dei suoi seminari, su cui il lavoro recente di Miller sta gettando luce.

Miller sta mostrando come Lacan produca qui una visione della psicoanalisi che si spoglia di tutte le armature ideologiche, che è davvero la mariée mise à nu par ses célibataires. Si vede così brillare una nuda essenza che ci darà da lavorare per gli anni a venire.

Non si tratta allora di riscoprire il culturalismo, i mille strati con cui rivestire di panni vecchi la psicoanalisi per adeguarla alla sociologia o alle filosofie di moda. Questo è l’antiquariato, non il futuro della psicoanalisi. Si tratta piuttosto di cercare in quel che Lacan ha detto precorrendo i tempi, si tratta di farne valere il potenziale, di trasmetterlo e di renderlo operativo, perché la sua attualità è tale da essere immediatamente “in presa diretta con il sociale”.

Chi sa ascoltare Lacan e la psicoanalisi sa anche parlare alla contemporaneità, perché attinge a una fonte inesaurita e poco sintona con il carattere vagamente museale del sapere universitario. Non disdegniamo l’Università, ma non ne facciamo il nostro faro.

***

Vedo allora delinearsi due progetti molto diversi tra loro.

Uno è il progetto della Scuola, in sinergia con l’Istituto e con i Centri Clinici. È un progetto che si sta dando gli strumenti per affrontare i temi complessi che ci troveremo di fronte nei prossimi anni: dalla messa a punto di una valutazione adeguata alla psicoanalisi, necessaria per l’interazione con le strutture della Salute Mentale, alla formulazione di nuovi modi di praticare la psicoanalisi non tanto di fronte ai nuovi sintomi, che ormai non sono più tanto nuovi, ma di fronte alle nuove domande, quelle che non sono centrate su un desiderio di sapere, quelle che è necessario saper trattare in una brevità che cortocircuita il passaggio attraverso le modalità classiche di messa in forma della domanda, e che a volte aggira anche la necessità della rettifica soggettiva.

Dove troveremo le risposte a questi problemi se non in un’opera corale, che nessuno può sostenere da solo, perché può nascere soltanto da uno sforzo collettivo, da un lavoro di squadra che ha bisogno del contributo di tutti. Si vede in questo la necessità dell’annodamento Scuola-Istituto-Centri Clinici.

L’altro progetto è sostenuto da una voce che parla a se stessa, che si contempla allo specchio dei propri seguaci e della propria famiglia.

Abbiamo compiti importanti davanti a noi. Abbiamo la giornata del 28: lì la comunità italiana dirà in quale direzione vuole proseguire, e poi dovremo solo rimboccarci le maniche.

Marco Focchi

Presidente SLP

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From: Adele

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Sent: Thursday, October 25, 2007 4:50 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 48

Gentile Dott. Miller,

ho letto gli appunti anticipatori la Conversazione di Milano e la riflessione, che Le invio, coglie, alcuni punti della lettera di Carlo Viganò del 20 ottobre e mi scuso, con Viganò stesso, se saranno mal posti.

Ero allieva al 3° anno dell’IF, quando ci fu una frattura della Scuola e l’apertura di un altro Istituto di formazione.

Frattura che, come scrive in maniera sincera Viganò, rese difficile a molti lo svolgimento di un lavoro nella Scuola e in particolare ha reso difficile e complicato lasciare “il soggetto libero nella sua scelta di desiderio rispetto alla psicoanalisi”.

Mi ero iscritta all’IF nonostante la legge “Ossicini”, per la quale avevo già il riconoscimento di psicoterapeuta, e il mio lavoro come psichiatra in un’istituzione socio-sanitaria pubblica della mia città (Venezia).

All’IF riconoscevo il ruolo di “trasmissione di sapere”; il “sapere” che per me è irrinunciabile in quanto filo, sentiero che mi ha condotto nei rigoli della mia vita.

Frattura della Scuola che è stata il nodo e lo snodo della mia domanda di entrata nella comunità analitica SLP. Domanda nella quale portavo la testimonianza di una ricerca soggettiva che si muoveva all’interno di dissonanze: un rapporto di transfert analitico per un membro della Scuola e un rapporto di transfert verso un docente uscito dalla Scuola e dall’Istituto, al quale riconoscevo essere un motore fondamentale per la mia formazione di analista.

Ho fatto trascorrere alcuni anni prima di quella domanda durante i quali mi chiedevo dove stava la differenza teorica e etica: anni durante i quali c’è stato un punto di partenza (l’applicare i principi e gli insegnamenti di Freud e di Lacan nel mio lavoro) e il punto di arrivo (il riconoscere il valore di una comunità già costituita e il desiderare di appartenervi).

Mi addolora e mi disorienta ripensare che per assumersi le proprie specificità si debba ripercorrere modalità che ho e che abbiamo conosciuto.

Se il punto della divergenza sta nella pratica della psicoanalisi applicata e nel diffondere tale pratica nelle Istituzioni, ed in particolare nelle Istituzioni universitarie e nei Luoghi dove si fa la politica sanitaria nel nostro Paese, ritengo, allora, che non sarà la molteplicità divergente (e ricorrente) di Scuole e Istituti universitari a poter far crescere e radicare il campo freudiano.

Con cordialità

Marina Paties (membro SLP - Segreteria di Venezia)

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From: Adele

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Sent: Thursday, October 25, 2007 10:39 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 49

Gentile Jacques-Alain Miller,

la ringrazio per l’opportunità che ci ha dato. Sono già al mio terzo intervento, i precedenti venivano ogni volta superati e resi anacronistici dalla velocità del dibattito. Alcuni mi hanno aperto il cuore e ho visto il desiderio che Massimo e gli altri colleghi rimanessero nella Scuola facendo un passo ulteriore, avanti e non indietro, e che la Scuola crescesse in una apertura. È questo il mio voto. Non è un segreto per nessuno il mio grande dispiacere che la Scuola e molti suoi partecipanti non riescano a schiodarsi da una posizione speculare, per questo ho apprezzato tutte quelle lettere un po’ dissonanti che superano il momento dello scontro, anche con Massimo, per manifestarsi aperti al nuovo, pars pro toto, l’intervento di Luisella Brusa. So che molta gente soffre in silenzio per questa situazione e che vorrebbe manifestare a Massimo la sua solidarietà, li invito a pronunciarsi perché rimanga nella Scuola.

Io lavoro bene nella Scuola e nell’Istituto dove la mia posizione è stata sempre richiesta, accettata nella sua particolarità ed apprezzata; non credo di prodigarmi poco per la Scuola e l’Istituto con i colleghi di Padova e con quelli di Roma, però lavoro bene anche con Massimo per alcuni interessi che abbiamo in comune, in questo momento la traduzione di un testo di Alemán-Larriera su Lacan-Heidegger, Ex-sistenza e tempo, che verrà discusso nella sua comunità di lavoro Palea, alla quale io partecipo. Se questa separazione si compie io perderò per la terza volta amici (v. A.Davanzo, E. Perrella), colleghi e investimenti produttivi e vivificanti anche per la psicoanalisi. La Scuola e Massimo hanno una grande opportunità di farci vedere del nuovo: un passo verso la riconciliazione e l’accoglienza e la fine di una sequela di esclusioni ribadite con un’aria di trionfo che mi fa tremare. C’è un reale lì cari colleghi, rosicchiamolo, consumiamolo, sgretoliamolo, impariamo a saperci fare! Togliamoci di dosso questa brutto modo di procedere che ci porta a formulare una domanda non priva d’angoscia che ho ascoltato andando in giro per l’Italia: “Chi sarà il prossimo?”

Perché in Inghilterra Melania Klein e Anna Freud, nonostante le loro divergenze, hanno potuto stare nella stessa Istituzione? Non so se avrò il coraggio di presentarmi a Milano domenica. Il mio timore di assistere a un nuovo macello è grande.

Erminia Macola

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From: Adele

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Sent: Thursday, October 25, 2007 10:45 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 50

Nel leggere i diversi testi inviati per l’incontro del 28 ottobre a Milano, mi sono trovata a ripercorrere i tempi del mio rapporto con la SLP. Il mio inizio è stato quando ancora non si chiamava così, ma prendeva forma attraverso l’iniziativa di JAM e il transfert di lavoro suscitato in alcune persone. Venendo da una precedente esperienza analitica, che risultava ormai stretta, ho trovato nella nostra Scuola Lacaniana il proseguimento di quella che mi pare ancora l’autenticità della scoperta di Freud e la possibilità della sua operatività anche nelle istituzioni pubbliche in cui mi trovavo già da molto a lavorare.

Nel tempo, la forma e il nome della Scuola sono cambiati, fino all’attuale SLP, è nato l’IF e dopo altre istanze. Tutte però idealmente collegate alla SLP.

Sono molto d’accordo con chi dice che c’è un nesso diretto tra la SLP e l’IF e che anche il discorso, per così dire universitario, dell’IF punta a creare la possibilità di una domanda verso la Scuola Una.

In questa Scuola Una come nell’IF, dove mi sono trovata a operare partendo dalla causa della psicoanalisi, mi è sempre sembrato che ci fosse posto per la singolarità, con le sue caratteristiche e anche i suoi limiti. Questo non può evitare, se non in una visione ideale pericolosa, contrasti e conflitti, nemmeno nella nostra Scuola.

Se qualcosa mi pare che l’esperienza possa anzi mostrare non è tanto un loro smussarsi o superarsi, ma piuttosto forse l’opportunità di una più ampia e puntuale espressione fin dal loro iniziale apparire.

In tale senso mi sembrano anche molto importanti le osservazioni di alcuni allievi che, nel chiamare in causa la Scuola e l’IF, mostrano di tenere ad essi per sé e per i loro colleghi.

Tutto questo, nel ribadire l’unicità del transfert di lavoro tra SLP e IF.

Giovanna Di Giovanni

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Sent: Thursday, October 25, 2007 10:46 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 51

Gentile Jacques-Alain Miller,

Sono un’allieva dell’Istituto Freudiano e vorrei portare la mia piccola testimonianza.

Non ho certo strumenti per valutare, criticare o comprendere la scelta del voler fondare un nuovo Istituto di Specializzazione ma credo di aver acquisito un piccolo bagaglio di esperienza per poter dire che l’Istituto Freudiano funziona, funziona bene e forse è proprio per questo motivo che si sta cercando di attaccarlo.

In quest’anno ho avuto modo di partecipare a conferenze e cartelli delle Sezioni Cliniche di Bruxelles e Parigi, ad oggi sono iscritta al Master del Dipartimento di Psicoanalisi di Parigi VIII; non sono qui per fare confronti, ma posso garantire che l’insegnamento dell’Istituto Freudiano è ad altissimo livello, è creativo, è all’avanguardia e, soprattutto, ciò che più lo caratterizza, è la 'posizione' dei docenti, posizione assolutamente lontana dal discorso universitario, e docenti sempre disponibili, pronti alla trasmissione del desiderio della psicoanalisi e all’ascolto del soggetto, presenti nel tutoraggio e determinanti per la costruzione della tesina, tesina che viene fatta cercando di tenere un rigore teorico, ma lasciando spazio alla singolarità e alla creatività dell'allievo.

Nessun docente si è mai posto con superiorità e individualismo, la causa è sempre stata comune, ma nell’uno per uno.

Non vorrei dire un’assurdità ma è come se l’insegnamento si muovesse secondo la logica della passe, il docente non insegna ma trasmette il proprio desiderio e il proprio “sapere analitico” nel tentativo di un’avanzata teorica.

In definitiva: No, non sono assolutamente d’accordo con le accuse inferte all’Istituto Freudiano e credo che bisognerebbe guardarsi intorno per capire la ricchezza che abbiamo e la fortuna di avere tanti “analisti-docenti” disposti a mettere il proprio desiderio a nostra disposizione.

Giorgia Tiscini

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From: Adele

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Sent: Thursday, October 25, 2007 10:47 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 52

Ogni mercoledì mattina è sveglia presto. Almeno per me che cerco sempre di rubare alla sera quel che rimane del giorno.

Ogni mercoledì mattina? Ah! Ecco! C’è ripetizione!

Calma, calma! Un attimo di respiro! Bisogna ancora riprendersi dal traffico romano, svuotare un po’ i polmoni di smog, distendere i muscoli messi sotto sforzo dagli slalom audaci, le mosse repentine per cambiare strada, prendere qualche scorciatoia, tagliare la traiettoria agli automobilisti tuoi concorrenti, infilarsi con lo scooter negli interstizi lasciati aperti da auto e autobus, battere tutti sul tempo percorrendo la sbiadita linea che separa le carreggiate per piazzarsi in pole position ai semafori. Ma questa è furbizia, destrezza da centauri, escamotage, arte di arrangiarsi!

Una volta arrivato a destinazione però le cose cambiano: inizia la riunione e lì ci sono Ezio, Beatrice, Bianca Maria, Céline, Michelle e il nostro più-uno. Tutti lì ogni mercoledì mattina. Pronti a discutere con modalità sempre diverse, con tempi e accelerazioni impreviste. A volte ci si può soffermare per una intera riunione su un solo caso, a volte si riesce rapidamente a indicare punti critici ed essenziali di più casi. Non è l’invenzione a priori che ci assilla, non è il voler inventare. Ma per ogni singolo caso, visto e seguito, è la sperimentalità stessa del Cecli che ci porta allo scoperto. Ci spiazza su questioni cliniche ben precise: prendere o non prendere un caso? Possiamo prendere in carico la sua gravità? Questione di diagnosi. E se non è la gravità a interrogarci, è la domanda. Come mai ha deciso di venire proprio al Cecli, proprio adesso? Cosa vuol dire veramente, effettivamente per ogni singolo caso fare un ciclo? Come chiudere un ciclo? Si ha la netta sensazione che tutta la propria formazione sia messa in gioco, puntata lì.

Ma non solo. Tutto questo si fa con i colleghi e non è mai scontato riuscire a intervenire in equipe, non è mai scontato aprire bocca in una riunione e rimettere la propria parola al servizio del tentativo di fare un passo in più rispetto al caso che si discute. Lo ripeto, non è mai scontato, neanche per gli psicoanalisti. Quando si apre bocca, per tutti, è sempre di godimento che si tratta, il proprio. Ritrovo nei miei colleghi la stessa attenzione, lo stesso scrupolo, lo stesso impegno, lo stesso interrogarsi sul fatto stesso di lavorare al Cecli. Di questo li ringrazio.

Poi finita la riunione clinica c’è l’incontro con i tirocinanti.

Ogni mercoledì? Allora c’è ripetizione, burocrazia?

All’inizio vedo visi smarriti. Forse loro pensano di vedere un marziano. Anche qui una scommessa, la sfida di riuscire a varcare uno iato: tra tutta l’elaborazione preziosa, minuziosa, attenta che contraddistingue il Campo freudiano, il rigore di tutto ciò e il sapere in pillole, la poltiglia che l’università cerca di far ingurgitare loro. C’è uno iato da attraversare, ponti da costruire. Il nostro orientamento di fronte ai loro sguardi smarriti. È una sfida certo. E sempre più, attorno al Cecli, all’Istituto freudiano, alle riunioni della Scuola, del Consultorio del Cortile alla Casa Internazionale delle donne, alla Casa di Valmontone incominciano a girare studenti universitari venuti per il tirocinio e rimasti sorpresi che c’è un Campo dove tutta la loro insoddisfazione, il disagio per il corso di studi che stanno attraversando, può trovare una messa in forma e un interlocutore. E da qui essere rilanciato, orientato. Iniziano a chiedere anche se ci sono opportunità di lavoro, nostre istituzioni dove poter impegnarsi. Qui occorre ancora più creatività, anche coniugata all’escamotage per fare lo slalom tra i paletti della burocrazia italiana.

Poi, finita la riunione con i tirocinanti, è il momento degli incontri con le persone che hanno preso un appuntamento al Cecli e negli spazi, negli interstizi ci sono le riunioni con Grazia, spesso volanti, su questioni varie. Ma spesso lei ha già pensato anche alle soluzioni! Federica ed Elisabetta ci danno un aiuto prezioso. Quindi si può tirare un sospiro di sollievo.

Di spazio per l’invenzione ce n’è! Ma è innanzitutto quella precisa, puntuale, secca, quella che la clinica richiede, reclama, dove lo spartiacque tra la riuscita e lo scivolone è sempre sottile. È a questo punto che ci accorgiamo di quanto sia necessaria la nostra formazione nel Campo freudiano e di quanta ancora ne occorre. Di come l’imprevisto della clinica la chiami in causa tutta quanta, improvvisamente, tutta in una volta, di volta in volta. Di come l’inconscio e il sintomo richiedono come risposta l’invenzione ma al tempo stesso vi fanno ostacolo, resistenza. Di lei, l’invenzione, si puoi scrivere, parlare, allietare i colleghi, entusiasmarli. Certamente! Ma senza dimenticare che è dall’incontro tra la sofferenza di chi bussa alla porta e la nostra formazione che viene fuori; dall’incontro tra il disorientamento di chi domanda e il nostro orientamento verso la Scuola, il rapporto che ciascuno di noi intrattiene con la causa analitica fin dove la sua analisi lo ha confrontato. È da qui che vibra la risposta dell’invenzione.

Ogni martedì sera cerco di andare a dormire più presto possibile. Spesso non ci riesco. Ma domani mattina c’è il Cecli.

Massimo Termini

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From: Adele

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Sent: Thursday, October 25, 2007 10:49 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 53

Amici, non ci sono amici!’ così gridò il saggio morente;

‘Nemici, non ci sono nemici!’ grido io, il folle vivente”

Cari colleghi,

non condivido affatto le affermazioni di Massimo Recalcati, da cui sono dolorosamente toccato. Per stima personale, simpatia e amicizia che mi auguro sappiano resistere a una forte divergenza di idee. Le sue affermazioni sono basate su premesse erronee e affrettate e un ragionamento fallace e contraddittorio; arrivano così a una conclusione che mi sembra insostenibile per il Campo freudiano in Italia e quindi per lui stesso.

Cerco di presentare l’argomentazione di Massimo senza tradirne i contenuti.

1. Le premesse, ovvero la questione scientifica. La Scuola, causa l’organizzazione burocratica e autoritaria che la informerebbe, produce lavori di scarsa qualità, dispensa una formazione di scarsa qualità, come sarebbe dimostrato dalle nostre pubblicazioni e dalle tesine.

1.1 Questa tesi è falsa. “Amicus Plato sed...” Certo, i lavori pubblicati sono disuguali, ma accade in ogni rivista, di incontrare articoli di diverso spessore, compresi i Quaderni di Jonas non è così? Ma in generale l’Istituto è molto esigente sulle tesine, il livello qualitativo dei lavori dei colleghi mi pare buono e l’orizzonte si sta ampliando di anno in anno. (Lascio cadere il fatto che alcune affermazioni di Massimo suonano francamente offensive – linguaggio senza parola, stereotipie, olofrastizzazione).

1.2 Per quanto riguarda la Scuola conosco la situazione di Roma. La comunità romana sapete tutti, si è costituita intorno ad Antonio Di Ciaccia, affiancato per un certo periodo dal grande Virginio Baio e poi via via da altri, tra cui la cara Cristina Rossetto. In questo contesto, decisivo per la mia vita, ho passato gli ultimi 15 anni, e, aldilà delle differenze caratteriali e temperamentali di ciascuno di noi, ho visto crescere giorno per giorno un ambito plurale, aperto, flessibile, rigoroso. Il che non vuol dire che non ci siano state difficoltà o incomprensioni tra colleghi, ma l’intento di ognuno, ispirato dal transfert di lavoro e dall’affectio societatis era poi sempre quello di far prevalere le ragioni della Scuola sulle esigenze particolari.

Al centro l’orientamento lacaniano e il piacere di lavorare insieme i testi di Freud e di Lacan con Jacques-Alain Miller. Ma anche discussioni su Jung, sulla filosofia, sulla letteratura, sulla matematica. Ho invitato più volte i miei vecchi amici della SPI, a cui devo la mia prima formazione, ma anche gli junghiani. Aneddoto interessante: proprio quei colleghi che alla fine degli anni novanta lasciarono la scuola in nome della pluralità soleriana contro il cosiddetto pensiero unico di Miller, boicottarono una bellissima sera nella quale Giorgio Antonelli, junghiano, venne a parlarci dei rapporti tra Ferenczi, Freud e Jung.

1.3 Partecipando agli insegnamenti dell’Istituto freudiano ho avuto modo di cogliere la logica che il suo presidente, Antonio Di Ciaccia, ha voluto imprimergli e che intende valorizzare le risorse di ogni docente nello svolgimento della didattica, senza particolarismi. A ognuno è ovviamente consentito di soddisfare le sue ambizioni nell’Università o altrove ma il lavoro dell’Istituto tende a realizzare un progetto che Jacques-Alain Miller ha messo in cantiere una trentina di anni fa e che oggi vede una comunità intellettuale di più di un migliaio di analisti in tutti il mondo capaci di leggere Lacan e di utilizzarne le risorse nel mondo contemporaneo. È un’impresa straordinaria nella psicoanalisi, e apparirebbe tale anche in ambiti numericamente meno ristretti. La qualità della formazione è verificabile ogni volta che ci confrontiamo con gli altri gruppi lacaniani, dove pure non mancano individualità di spicco. Abbiamo condiviso questa opinione con Massimo Recalcati a Roma, pochi mesi fa.

L’AMP sta diventando il luogo che renderà lecito postulare lo psicoanalista come partner della civiltà, senza che questo debba apparire un delirio. L’Istituto al servizio della Scuola, la Scuola al servizio della psicoanalisi, la psicoanalisi partner della civiltà, grazie all’orientamento lacaniano, a partire dalla lettura che Jacques-Alain Miller ci propone di Lacan!

2. Il ragionamento: dalla scientificità all’etica. La questione etica è in buona parte evocata a proposito di un certo ostracismo esercitato nei confronti di Jonas. Questo, a sua volta, sarebbe l’effetto di un approccio scolastico, dogmatico alla psicoanalisi, verificabile appunto dalla scarsa qualità dei lavori di allievi e colleghi. L’appiattimento del sapere psicoanalitico avrebbe prodotto, a sua volta un’intolleranza nei confronti di chi, leggi Massimo, si sottrae alla banalizzazione, con fenomeni di censura, di denigrazione, di cancellazione. Di questo sarebbe responsabile la SLP nel suo complesso, causa l’organizzazione gerarchica e burocratica. (Tralascio di nuovo le connotazioni offensive e caricaturali “la voce grossa” del Padrone, il comando superegoico e i suoi ritornelli infernali ipnotici).

2.1 Su questo punto obietto: ma non ha partecipato lo stesso Massimo alla costituzione di questa Scuola, come membro del primo consiglio? E se fosse vero quello che afferma, perché non ne ha fatto parte l’intera comunità, prima di costruire una realtà alternativa? (In ogni caso mi pare ipotizzabile che il punto non sia questo: da quanto leggo vedo piuttosto un conflitto, in atto forse sin dalla nascita di Jonas, che sembra essere stato percepito come un organismo, un gruppo autonomo nella scuola. Un “noi” contraddittorio rispetto alla singolarità solitaria degli analisti nella scuola Una).

3. La conclusione. La terapia che propone Massimo per una diagnosi che non condivido, sarebbe questa: sviluppare il molteplice per garantire l’Uno della scuola. L’amicizia, la politica dell’amicizia come terapia dell’omologazione, della stereotipia, dello stile mortifero che SLP-IF trasmetterebbero. La politica dell’amicizia, finalmente, è la politica del nuovo istituto, IRPA, che comprende, in una formazione lacanianamente orientata, psicoanalisti di altra formazione, filosofi, sociologi, ecc.

3.1 Lo stile di Massimo è unico, suggestivo, da polemista dotto, da letterato raffinato. Sto tentando di sottoporlo a una fredda riduzione logica, certo ingiusta; ma resta che l’argomentazione mostra di avventurarsi su un terreno tanto affascinante quanto incerto, di deleuziana memoria. Molto bello, mi dico, ma in questa pluralità aperta, chi sarebbe in grado di garantire l’orientamento? Da matematico penso che solo la disciplina della lettera apre alla creazione. In quattro anni riusciamo a malapena a insegnare i rudimenti della clinica di Lacan; che tipo di formazione potrebbe garantire una pluralità non regolata, che cosa potrebbe non renderla volatile, simile a quella che già forniscono le varie scuole di consulenza? E, spostando l’attenzione sulla Scuola, non abbiamo imparato che è proprio dalla rivendicazione della libertà dalle regole che nasce prima la confusione e poi l’autoritarismo?

3.2 E infine, è il punto che mi appare decisivo, che cosa vuol dire amicizia se ci si lascia dietro i cadaveri degli amici precedenti? La politica dell’amicizia ha bisogno dell’odio come momento fondativo, come atto? Uccido i fratelli e poi predico l’amicizia con gli altri? Chi è il tuo prossimo? All’obiezione prevedibile che lui, Massimo, è il primo aggredito non oppongo il fatto, visibile nelle lettere, che molti colleghi affermano il contrario, ma piuttosto che la maggioranza della Scuola, la maggioranza dei suoi membri non è stata resa edotta in questi anni dell’accaduto secondo la versione che Massimo lamenta. Perché non sei intervenuto nelle due ultime assemblee generali? Oggi tutti noi vediamo una tua invenzione nascere in opposizione alla nostra casa, che pensavamo fosse anche la tua.

3.3 È la terza sera che di fronte allo schermo del PC leggo gli interventi, mi chiedo se intervenire, esito. Il tono e gli argomenti, provocati dalle accuse di “gravi alterazioni etiche e scientifiche” sembrano ingombrare ancora di più la difficile via della ricomposizione, per quale volevo esprimermi. Era questo l’intento di Massimo Recalcati, costruire un muro invalicabile tra noi, ratificare una divisione già decisa e attuata, renderla incolmabile, arrivare al punto di non salutare le persone con le quali si erano condivise esperienze difficili, e invece fraternizzare con chi fino a pochi anni fa ci considerava degli imbroglioni, degli avventurieri?

Sappiamo tutti che gli steccati con i nostri colleghi della SPI (IPA) e vicini sono stati rotti in Italia grazie al lavoro di tutti quelli che hanno permesso la nascita della SLP e tra loro ha dato un contributo prezioso Massimo Recalcati. Insieme a quelli di Marco Focchi, Riccardo Carrabino, Rosa Elena Manzetti, Carlo Viganò, Maurizio Mazzotti, Antonio Di Ciaccia e così via. (Suggestionato dal significante /ricerca/, che l’IRPA riprende e che oggi è di gran voga nelle università italiane, nomino solo i colleghi che a mente riesco a verificare empiricamente attivi nel dialogo con i nostri vicini o con altri saperi).

Possono un nuovo Istituto, e magari una nuova scuola italiana, far parte del Campo freudiano? È una nascita sul transfert negativo nei confronti della SLP, su un giudizio definitivo non su questo o quel collega, ma su tutta la Scuola nel suo complesso, sui singoli membri che partecipano con amore e dedizione. No, per me non è una buona scelta. Continuiamo a lavorare insieme, approfittando dell’occasione che Jacques-Alain Miller ci ha dato.

Sergio Sabbatici

Segretario SLP Roma

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From: Adele

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Sent: Thursday, October 25, 2007 11:00 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 54

Sto seguendo con interesse, passione e com-passione questa Conversazione e sono riconoscente a coloro che a vario titolo la alimentano con il loro contributo o, per usare un’immagine, portano legna al fuoco. Saranno gli esiti, non garantiti, a definirne le sue caratteristiche: un roveto ardente o un incendio che desertifica? Faccio auspici per il primo. La libertà di espressione, la ricchezza di contributi, la passione che li connota, testimoniano dell’assunzione di responsabilità e del desiderio di ognuno per la Causa, per quel posto vuoto da preservare per l’inconscio, citato nel contributo di M. Recalcati.

Come “Partecipante alle attività della SLP” ero a conoscenza solo a grandi linee degli “oggetti” e dei soggetti della contesa. Questa occasione mi offre l’opportunità, e forse anche ad altri, di sapere di più su ciò che è in questione, di avere elementi per dare un posto adeguato a un reale che talvolta parassitava incontri, laboratori di lavoro, riunioni, cartel.

L’incontro con la Scuola di Milano, relativamente recente, prima SISEP e poi SLP, ha rappresentato per me un punto di orizzonte professionale e umano che ha coinvolto il saper fare e il saper essere: l’incontro con un sapere che non sa e con una dimensione etica che si fonda sull’atto che scaturisce dal contingente.

Facendo leva su questi mattoni ho intravisto la possibilità di occupare spazi vuoti e crearne di nuovi per portare l’Orientamento Lacaniano nel territorio dove vivo e opero, la Brianza: nell’istituzione del Volontariato per il disagio psichico, il mio ambito di enunciazione, nell’Unità di Psichiatria, nei Servizi Sociali per le aree di Psichiatria e dei Minori e Famiglie, nella Scuola con la formazione degli insegnanti.

Lo sforzo è stato e rimane notevole, la diffidenza verso la psicoanalisi consistente.

Tutto ciò è stato possibile grazie alla Scuola SLP e ai membri che hanno offerto la loro presenza e testimoniato il loro desiderio. Abbiamo insieme gettato dei semi, almeno ne sono convinto.

Nell’epoca degli oggetti del mercato e delle relazioni usa e getta, dell’impero del Cognitivismo, del Comportamentismo e gli altri ismi che occupano tutti i posti vuoti e anche quelli già occupati, non c’è tempo da perdere se si vuole continuare a mantenere aperto un posto per l’inconscio, se si ha a cuore la sorte delle future generazioni.

Ci vuole un tempo di approfondimento e un altro per fare. Considero questa conversazione un momento di elaborazione importante per la Scuola, per nominare, mettere parole e pensieri, senza la pretesa con ciò di definire, ma per meglio riconoscere e differenziare il grano dall’olio. Un conto è l’invenzione, il nuovo, l’espressione singolare, il pluralismo, il molteplice per quel che se ne può dire, un altro è la frammentazione, la ricerca incessante dell’eccezione e la conseguente proliferazione di organismi alla misura di saturare una domanda fondata su logiche del mercato. È l’offerta che regola la domanda e non viceversa.

Per mia esperienza, affinché l’offerta, in questo caso i contenuti del Campo freudiano, possa essere accolta e mettere radici è necessario che sia chiara, coerente con i suoi principi, non sia inquinata da divisioni, frammentazioni, appartenenze variegate. Tre scuole che si ritengono lacaniane già esistenti a Milano mi sembrano già troppe.

Considero inoltre che la “terra di conquista”, preferisco però l’espressione “campo di semina” , da parte del “Champ freudien”, non debba limitarsi solo alla formazione di analisti e psicoterapeuti e la clinica, ma penso ci sia una zona più ampia di applicazione cui rivolgersi: operatori della relazione d’aiuto, istituzioni di vario tipo, spazi culturali da penetrare.

Per tutto questo, una Scuola Una, ancorché multiforme e non monolitica, democratica e considero questo momento un segno vitale di democrazia, si presenta verso l’esterno più credibile, più funzionale e capace di garantire all’interno la dialettica necessaria per salvaguardare i principi su cui si fonda.

Cordialmente

Valerio Canzian

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From: Adele

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Sent: Thursday, October 25, 2007 11:03 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 55

Scusate il ritardo! Non so se questa mia giungerà in tempo utile. Ma tant’è, è il prezzo che si paga al tempo di comprendere. Le mie osservazioni si riferiscono alla seconda di Massimo Recalcati, “Daccapo”.

La questione è posta lì sulla SLP e sulla sua politica.

Che si fondi un altro Istituto ci può stare, è inopportuno, è dispersivo, ma ci può stare. Ad essere candidi si potrebbe dire che aumentando l’offerta formativa si può sempre sperare di allargare l’insegnamento della psicoanalisi di orientamento lacaniano e ben vengano i filosofi, i sociologi, i teorici della politica, se il risultato è quello di formare degli psicoterapeuti di orientamento lacaniano. L’Istituto freudiano si dovrà impegnare di più per superare le difficoltà che tale operazione comporta, sarà un’ulteriore messa a lavoro, ma abbiamo spalle solide ed una spiccata vocazione al sacrificio. Ce la faremo. Ma ciò che mi colpisce è quel che mi sembra un’ipotesi di Recalcati, di dar vita in Italia ad un’altra scuola del Campo.

Una scuola che nascerebbe, affonderebbe le sue radici, sulla critica alla SLP. Una nuova scuola che si contrapporrebbe al monolitico Politburo caratterizzato da verticalità gerarchica, importanza dei titoli, burocrazia del discorso dell’Università (sic!), insediamento delle cariche istituzionali, voce grossa del Padrone (sic, sic!), comando superegoico e ritornelli infernali (?).

Una sclerotica nomenklatura incapace di coltivare la dimensione laica della psicoanalisi, di intercettare le nuove istanze della società e per questo tendente all’isolamento.

Se cosi fosse mi accoderei volentieri all’assalto della Bastiglia!

Ed a questa Scuola così descritta Recalcati contrappone l’idillio di una scuola basata sull’invenzione.

La sua!

All’istanza dell’Unicità della scuola, da lui vista come un laccio mortifero della creatività, contrappone la scuola dell’Uno solo, solo e finalmente libero di dar spazio alla sua esigenza innovativa.

È proprio vero che siamo nell’epoca della moltiplicazione degli oggetti a, tante piccole scuole self made. In questo Recalcati non è originale, basta vedere su internet, quante ce ne sono di scuole di psicoterapia One Man Made.

Eppure lo sforzo di “intercettare ed adunare queste esperienze molteplici di legami” come ci suggerisce Recalcati ci riguarda tutti, è uno sforzo che il Campo deve fare sempre più se si vuol mantenere vivo il discorso della psicoanalisi.

Uno sforzo che ci deve vedere tutti insieme ed uno per uno.

Gabriele Grisolia

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Sent: Thursday, October 25, 2007 11:03 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 56

La mia esperienza:

- ho avuto un analista (seconda analisi) che si è messo da parte rispetto alla SLP

- ho un supervisore al momento contestato dalla maggioranza – partecipo alle attività di una Scuola che non ritiene per il momento, di avermi come socia

- frequento da 13 anni una Sezione Clinica dell’Istituto Freudiano, Istituto che ha tolto dalla mia città qualsiasi attività di formazione.

Eppure mi sembra di continuare a “navigare” nel mare del Campo Freudiano, così – come mi è possibile, solo orientata dal mio oggetto-causa, con un atteggiamento di attesa, spero, e non di animosità .

Navigare è un desiderio, stare a galla è una necessità.

Un desiderio rivolto a tutti: “arrivare all’osso”.

Costanza Costa

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Sent: Thursday, October 25, 2007 11:04 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 57

Una questione sulla formazione dell’analista che mi sembra essere il nodo cruciale che solleva non tanto l’esistenza di un secondo istituto quanto l’idea di un’altra scuola, oltre alla SLP.

Se la Scuola Una si fa garante dell’inesistenza dell’Altro va da sé che abbia al suo cuore qualcosa di insopportabile.

All’insopportabile ognuno risponde con il proprio fantasma e la Scuola si fa un partner ulteriore, oltre all’analisi e al controllo, nel sostenere il soggetto ad assumersi e a sopportare il proprio fantasma. Apre un vuoto perché ognuno possa dire a suo modo e farsene carico.

Il mio timore è che l’esistenza di una seconda scuola rischi di far credere a chi è in formazione che ci sia un modo per eludere, non incontrare questa inesistenza. Un’altra scuola dove ci sia più accoglienza, e quindi più garanzia rispetto ai propri detti.

È per questo che per un’etica della formazione sarebbe meglio che la Scuola fosse Una a testimonianza che non c’è altra formazione dell’analista se non passare attraverso un’unica strettoia che vale per tutti: l’Altro non c’è, ci sono solo i sintomi. Strettoia niente affatto naturale e che nella Scuola in questo momento sembra essere diventata più una strozzatura. Mi chiedo infatti se la poca clemenza che mi è sembrato di cogliere in alcuni Scambi non siano il segnale che nella SLP per alcuni l’insopportabile sia stato soppiantato da un invivibile, e mi domando come mai.

Francesca Senin

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Sent: Thursday, October 25, 2007 11:06 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 58

Mi si perdoni.

Io non sono bravo nel proporre riferimenti teorici e citazioni.

Sono anche cieco, al punto da non riuscire a vedere dinamiche di potere, là dove, forse, vi sono, e stupido da ritenere che esista anche la buona fede, fatto salvo l’inconscio.

Amo la SLP e l’Istituto Freudiano.

Mi ritrovo nel condividere l’ultimo intervento di Viganò e l’intervento di Luisella Brusa, in particolare gli ultimi due passaggi, che, mi auguro me lo consenta, faccio anche miei:

“Mi auguro che Massimo faccia un passo indietro e ci ripensi, compiendo un gesto esemplare. Un gesto di destituzione, di rinuncia ad ogni proposito di distacco dalla SLP. La sola critica che io posso formulare alla SLP è di non essere riuscita ad evitare la fondazione di un secondo Istituto Ossicini. Forse c’era dell’impossibile in questo, ma la SLP come Scuola di psicoanalisi, non confonde certo l’impossibile con l’impotenza, convive con l’impossibile, lo accoglie al suo interno”.

Gianni Lo Castro

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From: Adele

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Sent: Thursday, October 25, 2007 11:08 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 59

La lettura del primo intervento di M. Recalcati mi ha suscitato alcuni interrogativi:

  1. Contro chi è indirizzata questa invettiva? O se volete, parafrasando Roudinesco, “Perché tanto odio?” E perché proprio adesso che hanno preso avvio a Roma e a Milano i CE.CLI promossi congiuntamente proprio dall’IF e dalla SLP?
  2. Quali sono le motivazioni che vengono addotte per cercare di argomentare l’atto che ha portato ad aprire un Istituto di psicoterapia?
  3. Perché, pur decidendo di non voler più far parte delle Scuola di Lacan in Italia si chiede di mantenere il legame con l’AMP?
  4. Dov’è sparita la Scuola, il suo posto, il valore, la sua funzione logica, l’agalma che vi trova alloggio, visto che non la si riconosce più nella SLP, ma parimenti, non viene in alcun modo menzionata sotto altre forme?

Proverò a rispondere alle prime 2, sollevando alcune riflessioni:

1. Ciò che viene preso di mira è:

la politica dell’Istituto freudiano;

la politica “culturale” della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi del Campo freudiano;

il Campo freudiano: Avremmo davvero avuto bisogno del Campo freudiano come partner! JAM fu il solo a tenderci una mano.…

PIPOL:Idem per PIPOL che ci ha censurati fino allo scorso anno…..

Si tratta dunque di un’invettiva che, travalicando Istituto freudiano e SLP, tocca il Campo freudiano e le Rencontres che organizza. È JAM che ha dato avvio a PIPOL nel 2002.

2. Le motivazioni avanzate sono, sia rispetto all’IF. che alla SLP:

gravi alterazioni (sembra piuttosto una classificazione da DSM-IV) etiche e scientifiche. Rispetto a delle accuse così pesanti avrei auspicato delle argomentazioni sostenute da qualcosa di più probante che non un racconto fatto in toni esclusivamente personalistici. Ma in ogni modo, procedo nell’analisi della lettura. Apprendiamo così che le “gravi alterazioni etiche” sono ricondotte a due accuse espresse a seguito della nascita di Jonas:

a) “essere dei formatori di psicoanalisti”, mentre “l’intervento di JONAS nel campo della formazione riguardava esclusivamente la formazione degli operatori…”

b) “svuotare l’IF dei suoi allievi”. È interessante notare che a quest’ultima “si collega il progetto e la realizzazione di IRPA”. È dunque questo che viene messo in posizione di causa? Questa parte merita alcune precisazioni:

- È essenziale chiarire chi fossero questi operatori in questione. Qualche pagina precedente si legge: “molti giovani, per lo più allievi dell’IF, ci hanno seguiti….” Credo che non ci sia altro da aggiungere, se non un’ulteriore curiosità: come mai JONAS è stato progettato per impartire una formazione, dal momento che l’unico istituto di formazione istituito dal Campo freudiano in Italia è l’Istituto freudiano? Né la Rete Istituzionale Italiana, né l’Associazione dei Consultori hanno mai fatto formazione.

- Recalcati lamenta che “nessuna accusa si rivela più calunniosa. Lo dice uno che con il suo lavoro ha orientato in modo continuo, verso l’Istituto una massa di persone”. Non è la prima volta che sento questa affermazione; in passato come oggi, non smette di sorprendermi. Non è forse quello che naturalmente dovremmo fare noi tutti? Noi, che crediamo che il transfert vada al di là della nostra esigua persona, la travalichi, per giungere nel luogo dell’Altro. Nessuno di noi si riconosce un merito, per non averlo trattenuto su di sé, perché sappiamo che esso si indirizza altrove: alla Scuola, alla psicoanalisi, a Lacan. Se uscissimo da questa logica – che è quella del transfert verso la Scuola – entreremmo in quella del “voto di scambio”. Allora sì, che avrebbe senso recriminare.

- Lacan ci ha insegnato a non prendere in conto l’etica dell’intenzione, poiché quella che mette in valore è l’etica delle conseguenze che si trova strettamente collegato all’atto. Seguendo questa prospettiva, poco importa se con la nascita di JONAS non ci fosse l’intenzione di formare degli psicoanalisti. Oggi siamo di fronte ad un atto: la creazione di un Istituto di formazione per l’attività psicoterapeuta. Questo atto si può giudicare solo dagli sviluppi che avrà. E questo dipende anche da ciascuno di noi.

Le gravi alterazioni scientifiche sono invece ricondotte:

- alla didattica dell’Istituto freudiano e alla politica culturale della SLP che favorirebbero una ripetizione conformista, dogmatica del sapere psicoanalitico, a scapito di una “soggettivazione critica”. Recalcati ritiene che “al cuore della politica culturale dell’IF e della SLP ci sia oggi la pratica della censura”, in quanto tutto ciò cade all’esterno del circolo composto dalla triade Freud- Lacan- Miller sarebbe oggetto di cancellazione.

No. Non sono d’accordo. Al cuore della politica dell’IF e della SLP c’è la passione per la trasmissione dell’insegnamento di Lacan, che può passare solo attraverso un transfert di lavoro che va dall’uno a un altro. Qui non può esserci stereotipia, ma attenzione, ascolto e messa in valore della singolarità di cui ciascuno di noi è portatore. È grazie a questa politica, che è stato possibile attuare, a Rimini come in tante altre città, iniziative pubbliche, promosse congiuntamente dalle due istanze, grazie al prezioso lavoro dei colleghi italiani e stranieri, che hanno lasciato una traccia indelebile nella città e un anelito di poesia.

Al cuore della politica dell’IF e della SLP c’è il desiderio per la causa analitica, e la consapevolezza del ruolo etico che la psicoanalisi lacaniana è chiamata a svolgere. Al cuore della politica dell’IF e della SLP c’è la determinazione a far parte di una rete simbolica in cui si iscrivono le varie Scuole di Lacan nel mondo e le varie istituzioni del Campo freudiano.

Per creare una Scuola o un Istituto non è sufficiente – almeno non lo è per me – “uno slancio personale” o “un impeto creativo”. Né l’Istituto freudiano, né la Scuola Lacaniana di Psicoanalisi sono nate da uno slancio personale del loro Presidente, ma se esistono è a causa del desiderio di Lacan, dei colleghi dell’ECF, dell’EEP, dell’AMP, della Scuola Una, del desiderio singolare di J.-A. Miller, e non ultimo di noi membri della SLP.

È un peccato che queste 6 persone, si siano perse la sorpresa di ritrovarsi comunità analitica gaiamente al lavoro, come è avvenuto lo scorso dicembre a Rimini, in occasione della giornata sul Controllo; per non parlare dell’emozione e dell’avanzata clinica, che ha donato a noi, l’ascolto delle testimonianze della passe dei nostri cari colleghi. Questi sono effetti di Scuola.

Antonella Del Monaco

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Thursday, October 25, 2007 11:09 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 60

Cari colleghi,

trovo di grande importanza la proposta di una Conversazione per affrontare questo momento delicato per la Scuola Italiana, poiché mi pare una proposta che invita a mettere “a cielo aperto” una crisi. La Scuola non è un collettivo ideale. Poiché la sua posta è il reale in gioco nell’esperienza analitica, non può che incontrare, e fare un posto, a ciò che vi è di più feroce e osceno nel legame sociale. Mi pare che la Conversazione, e la dialettica auspicata, ci inviti a non rimuovere, misconoscere o rigettare quel reale.

Ringrazio dunque J.-A. Miller per questo atto, che ci invita a funzionare effettivamente come Scuola.

Ciò che Massimo Recalcati auspica – scambi, relazioni, connessioni con i diversi luoghi della cultura ecc. – è senz’altro condivisibile, e lui stesso in diverse occasioni ha dato prova di esserne all’altezza.

Tuttavia, se la dimensione dell’estensione della psicoanalisi, così come la sua applicazione nel campo delle istituzioni, così come la sua giunzione con l’insegnamento, non si annodano al reale in gioco nell’esperienza analitica, ebbene abbiamo già perduto la bussola che ci può orientare: saremo, volta a volta, caduti nell’intellettualismo, nella gestione istituzionale, nel discorso universitario.

La Scuola è il luogo non solo deputato a preservare il posto fondante al reale in gioco, ma i suoi dispositivi sono tali affinché questo sia quantomeno possibile. Il dispositivo Scuola nel suo insieme e, in particolare i dispositivi della passe, del controllo e – non dimenticherei – del cartello come luogo di elaborazione del sapere esposto, necessitano di una fiducia. Fiducia, appunto, nel dispositivo, che rende possibile lavorare con le persone, con tutte le rivalità immaginarie che ciò comporta.

Trovo, come anche altri hanno già sottolineato, che questa fiducia sia ciò che Massimo Recalcati e i colleghi che hanno fondato l’IRPA hanno affermato di non poter (più) accordare.

Credo che la Conversazione, anche questo un dispositivo rispetto al quale accordare la propria fiducia, dispositivo che implica oltre alle opinioni, qualcosa che si gioca in presenza, sia il momento in cui è necessario e imprescindibile che essi dichiarino primariamente se questa fiducia possa in qualche modo rinnovarsi, o se è definitivamente consumata.

Paola Bolgiani

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Friday, October 26, 2007 4:54 AM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 61

Vorrei innanzi tutto ringraziare Jacques-Alain Miller per aver dato vita, in questa circostanza, alla conversazione che ci sarà domenica e a questo dibattito; trovo importante che si sia scelto di non coinvolgere solo le istanze direttive della Scuola e dell’Istituto, ma l’insieme della comunità analitica italiana.

Sono colpita dalle accuse che Massimo Recalcati rivolge all’Istituto e alla SLP, colpita perché, nel ritratto che ne fa, non riconosco la Scuola di cui faccio esperienza. Non condivido l’analisi secondo cui nella Scuola oggi il molteplice sarebbe azzerato dall’Uno. La mia esperienza della Scuola è piuttosto quella di un luogo in cui lo spazio per l’invenzione e per la costruzione di un sapere inedito è preservato, non in astratto ma grazie al lavoro di ciascuno, alle iniziative di volta in volta messe in atto, ai legami tessuti con altri, al confronto con la città; ma soprattutto grazie alla centralità accordata alla formazione analitica e al reale che è in gioco. Sì, perchè l’invenzione – se è tale e non acting out o deriva immaginaria - è resa possibile dal prendere in conto il reale in gioco, e questo non può avvenire se non nell’analisi personale. Non c’è istituto di formazione che, da solo, possa fare questo.

La ricchezza e il senso dell’Istituto freudiano sono nel suo essere annodato alla Scuola. Certo, la legge richiede un insegnamento di tipo universitario, ed ecco allora la scommessa, non facile, che abbiamo accettato con l’Istituto: come far convivere, annodare, il sapere inedito in gioco nella formazione analitica e nella Scuola, con il sapere esposto che la legge chiede di trasmettere? Come non limitarsi a trasmettere un sapere, ma trasmettere del desiderio verso la Scuola e la psicoanalisi? Ciascuno di coloro che si spendono nell’insegnamento all’Istituto e nelle Antenne e Sezioni Cliniche rinnova ogni volta questa scommessa.

Ma è possibile, in un istituto di formazione, trasmettere del desiderio verso la psicoanalisi senza che questo sia orientato verso la Scuola? Sinceramente, non credo. Al di là delle intenzioni di ciascuno, inevitabilmente (logicamente) si finisce per orientarlo contro la Scuola, e rischia di prevalere la “tendenza naturale verso l’allontanamento, la divergenza, la dispersione”. Che è altra cosa dal molteplice. Mi viene in mente la frase di Lacan ne La direzione della cura: “l'analista è meno libero nella sua strategia che nella sua tattica [...]. L’analista è ancor meno libero in ciò che domina strategia e tattica: cioè la sua politica”. Ecco: ci sono molti modi, sono d’accordo, per servire la causa psicoanalitica; ma non qualsiasi cosa. A me sembra che un istituto di formazione senza il riferimento a una Scuola (e domani? una nuova Scuola?) non sia una buona idea, per la psicoanalisi.

Maria Bolgiani

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Friday, October 26, 2007 4:57 AM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 62

Cari colleghi della SLP e dell’Istituto Freudiano

Seguo con molta attenzione il dibattito generato dagli ultimi eventi in Italia.

Assistetti con vicinanza all’intenso movimento di creazione della SLP, scuola nata come la spagnola nella cornice de l’EEP, dove il dibattito tra l’Uno e il Molteplice era presente fin dalla sua stessa creazione. Ho assistito anche nella molteplice Italia al grande sviluppo dell’Istituto e della sua attività d’insegnamento alla quale partecipo periodicamente.

Abbiamo visto in ogni passo la forza di una stessa logica: il molteplice non è il frammentato, l’uno non è l’omogeneo. Il molteplice necessita dell’uno come sua forza moltiplicativa, il frammentato si rinforza nella sua affermazione come un conglomerato di solitudini (gli arcipelaghi evocati dal mio collega Vicente Palomera), soprattutto quando rivendica il sentimento di appartenenza a una comunità, qualsiasi essa sia. La scommessa della scuola, della scuola Una, è stata sempre quella di fare un’esperienza con gli altri che sanno e assumono, in modi diversi, che non c’è comunità (seguendo la massima “la comunità di quelli che non hanno comunità”). Ed è sempre in questo paradosso che dobbiamo fare l’esperienza della Scuola.

Voglio sottolineare adesso, come segretario della passe nel consiglio dell’AMP, un punto già evocato dal delegato generale Éric Laurent nella sua recente lettera ai membri della SLP. È un punto nel quale questa logica dell’uno e del molteplice è specialmente sensibile: l’unità dell’esperienza della passe nelle sue multiple lingue e luoghi. Non vedo come la Scuola della passe potrebbe sostenersi nel suo insieme se uno dei suoi componenti – membro, sezione o Scuola – non accettasse decisamente uno stesso dispositivo e una stessa logica nell’orientamento della passe in ogni caso: lista e elezione dei “passeurs”, segreteria della passe, cartelli, funzionamento dell’extime, ecc.

Il vincolo con la Scuola Una comincia in questo punto e non può essere ovviato senza riconsiderare tutto l’insieme perchè implica il vincolo singolare di ciascuno con la causa analitica e con la esperienza della Scuola.

La fiducia in questo punto è condizione per l’esistenza del vincolo di Scuola e non può essere sostituito da nessun altro riferimento o argomento.

Miquel Bassols

25/10/07

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From: Silvia Morrone

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Thursday, October 25, 2007 11:54 PM

Subject: [SLP-Corriere] Scambi (*)

Scrive Jacques Lacan nel 1980: “Non mi aspetto niente dalle persone, qualcosa dal funzionamento”.

Questo enunciato ha rappresentato e continua a rappresentare per me, in questi anni di lavoro in istituzione, un principio fondamentale che ha sostenuto i numerosi – e credo, inevitabili – momenti di difficoltà del lavorare con altri, “orientati” analiticamente o meno.

Direi soprattutto nel primo caso, perché, un po’ come sta accadendo in questi giorni, ha sempre un sapore un po’ amaro, rappresenta una “fitta al cuore”, per me, constatare che la psicoanalisi non ci garantisce, mai, anche se questa constatazione ne produce subito un’altra: è proprio questo il motivo per cui Lacan ha fondato una Scuola. Non qualsiasi Scuola, lo sappiamo bene tutti noi che abbiamo domandato di poterne fare parte: una Scuola che non offre delle garanzie, ma piuttosto delle strettoie, che sono quelle che il modo di procedere della nostra esperienza ci impone, quotidianamente, nella solitudine del nostro rapporto con la Causa, sia quando passa nella trasmissione di un insegnamento, sia quando passa nella pratica.

Fare appello a “qualcosa del funzionamento” mi consente di operare una metafora, là dove le strettoie dei legami istituzioni diventano così insopportabili che l’unica soluzione possibile sembra quella di rivoluzionarne le fondamenta.

Non mi sento di escludere a priori che ciò possa accadere, ma si tratta di lavorare molto le questioni, con altri, di essere convincenti, logicamente convincenti. Per quel che mi riguarda, trovo che non sia questo il caso.

Fin ad oggi, le “strettoie” dell’analisi, della Scuola e delle istanze ad essa collegate, si sono potute trasformate in risorse, grazie al fatto che altri hanno sostenuto il mio desiderio con discrezione, con decisione, “al di là del principio di piacere”.

Sono rimasta molto colpita da chi ha fatto riferimento al rischio di “buttare allo sbaraglio” qualcuno che può non essere in un tempo della sua analisi opportuno alla pratica della psicoanalisi. Mi ha fatto tornare alla mente le parole di Manuel Fernandez Blanco, a partire dalla sua esperienza di lavoro nel campo della psicoanalisi applicata. Blanco aveva constatato come la radicalità del modo in cui si presentano oggi i sintomi richieda che la formazione dell’analista non sia “ai suoi primi passi”, se posso dire così, e come d’altronde è già stato richiamato in diversi modi nel corso di questi Scambi.

Penso che questo tocchi profondamente l’etica della psicoanalisi e ne faccia qualcosa di peculiare, prezioso, imprescindibile dai luoghi che sono stati costruiti in Italia per la trasmissione e l’applicazione della psicoanalisi e che differenzia la psicoanalisi dal campo “psi” in cui imperversa la logica della “spinta all’agire”.

Silvia Morrone

Segretaria SLP Torino

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Friday, October 26, 2007 3:10 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 63

Cari Colleghi,

In Italia, la messa in opera del Campo freudiano ha richiesto una politica, una strategia e una tattica, nella lettura (e variazioni) che Lacan ci dà di von Clausewitz.

1. Politica

Questa è stata sempre, finora, quella indicata da Jacques-Alain Miller. Molti colleghi (soprattutto anziani come me) hanno attivamente partecipato alla costruzione del Campo freudiano. Ma la strategia e la tattica è stata affidata prima all’Istituto freudiano, e successivamente, in linea con i tempi necessari per la sua costituzione, alla Scuola. Dopo un periodo di assestamento, la SLP e l’IF sono arrivati a sviluppare le loro strategie e tattiche specifiche, e a coordinarle tra di loro. La politica dunque è sempre stata orientata da Jacques-Alain Miller e dalla AMP da lui creata. La strategia è sempre stata subordinata alla politica.

2. Scelte strategiche

Quindi tutte le scelte strategiche effettuate dall’IF e dalla SLP sono state guidate dalle rispettive istanze. A volte c'è stata discordanza nel valutare la strada da seguire, ma l’ultima parola è sempre rimasta nelle mani di J.-A. Miller e del Delegato generale dell’AMP. Mi permetto di dire che in un solo punto strategico ho fortemente insistito con le istanze: mantenere sì l’unità dell'Istituto, ma favorire la moltiplicazione delle Sezioni Cliniche e Antenne nelle diverse città. Riproposi a J.-A. Miller lo stesso schema unità-moltiplicità quando, il 24 giugno 2000, al Ritz di Parigi, egli mi chiese di mettere in opera qualcosa di articolato a livello della clinica nel momento che si pensava al futuro CPCT, oltre alla rete già operativa delle istituzioni di cura.

3. Il progetto-Recalcati

Recalcati, ora. Recalcati aveva e ha un progetto. Ignoro se lui stesso lo sapesse fin dall’inizio. Per me da molti anni è stato chiaro. Perché?

Se dovessi paragonare Recalcati a un compositore, non citerei Stockhausen ma Corelli, il quale si ripete e ha un ritmo prevedibile. È un’ottima cosa avere un progetto. Il problema è che il progetto-Recalcati si sovrappone con quello della politica di cui sopra. Il progetto-Recalcati non coincide affatto con tutte le sue numerose iniziative. Queste piuttosto hanno la funzione – forse a sua insaputa ma sicuramente all’insaputa di chi lo ha seguito – di elementi strategici di un progetto d’insieme.

Non giudico il progetto buono o cattivo. Non so se il progetto avrebbe potuto essere inserito nella politica del Campo freudiano. Non sta a me farlo. Le sue varie iniziative avrebbero potuto trovare una collocazione? Penso di sì. Ma solo se coordinate all’interno della politica del CF e non come strategie per un progetto-Recalcati. Forse sarebbe stato utile e importante che Recalcati proponesse al dibattito il suo progetto. Ma avrebbe dovuto far presente questo progetto alle istanze: Jacques-Alain Miller per primo, le istanze dell’AMP e del Campo freudiano. Non so se lo abbia fatto. Non lo ha fatto comunque con me, ed è giusto, perché io non ero e non sono l’interlocutore a livello della politica.

4. Un lettore di Sun Tzu?

Rispetto a questo progetto Recalcati ha fatto funzionare le sue varie iniziative come movimenti strategici. Ignoro se Recalcati sia un lettore di Sun Tzu. Rimango ancor oggi nel dubbio. Perché? Perché alcune sue scelte strategiche rispondono alle indicazioni del famoso filosofo guerriero che visse 2000 anni fa. Altre scelte strategiche invece se ne discostano e, discostandosene, hanno esposto Recalcati a evidenti errori tattici. Non parlerò della tattica, anche se è quella che ha di più toccato molti colleghi, e ha avuto talvolta delle improvvide cadute di stile. Parlo invece della strategia.

5. Strategia di Recalcati

La strategia di Recalcati si è sviluppata su tre linee, due delle quali articolate tra di loro. La prima è stata quella di far credere che esistessero iniziative equivalenti. Per esempio, come ADC faceva x, MR faceva y. Tutte e due le iniziative sarebbero state a pari titolo. La seconda linea è consistita in un continuo sottolineare una simmetria, se non una rivalità, tra ADC e MR. Queste due linee erano tra di loro articolate. C’era poi una terza linea che era un movimento strategico che chiamerei del fatto compiuto. È stata utilizzata anche in questa occasione.

6. Un concerto già conosciuto

Rispondere a queste tre linee non è stato semplice, nonostante Sun Tzu. La simmetria immaginaria? Per risolverla, basta eliminare uno dei due. Per questo offrii la mia dimissione a J.-A. Miller. La simmetria delle iniziative? È stato più difficile coglierne il valore strategico, poiché il progetto-Recalcati non era mai venuto alla luce. Mettere in discussione queste iniziative, senza che fosse venuto alla luce il progetto-Recalcati, voleva dire dare adito alle illazioni di una rivalità immaginaria.

Paragonavo Recalcati a Corelli. Vedete se, oggi, non ricomincia un concerto già conosciuto e scritto. Prima era per violino solo, ora per tutta l’orchestra.

7. Mio rapporto con Recalcati

Un ultimo punto. Nei vari interventi, diversi colleghi, tra cui Recalcati, hanno confuso fatti, opinioni e voci di corridoio. Consiglierei di ascoltare più la BBC e meno la RAI. Per sfatare delle voci di corridoio, dirò alcuni fatti del mio rapporto con Recalcati.

a) Membro del consiglio EEP quando J.-A. Miller ne era il presidente e, se non erro, Manzetti presidente della Scuola italiana in fieri, mi battei perché 2 giovani milanesi fossero nominati membri: Scognamiglio e Recalcati.

b) Come presidente dell’IF, d’accordo con J.-A. Miller, ho nominato MR primo direttore della sede milanese.

c) Sempre come presidente dell’IF, l’ho nominato nella prima serie dei membri del Comitato di Docenza dell’Istituto.

d) Il 16 giugno 2003, il cartello della Garanzia-Europa ha nominato AME Massimo Recalcati. I membri del cartello erano (e sono): Bassols, Brousse, Laurent, J.-A. Miller e, come più uno, Di Ciaccia.

e) Ultimamente, Angelina Harari mi ha chiesto di scrivere la prefazione di un libro di MR che deve uscire (o è uscito) nella collana del Campo freudiano in Brasile. L’ho scritta e inviata (giugno 2007).

Cordialmente a tutti.

Antonio Di Ciaccia

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Friday, October 26, 2007 3:14 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 64

Cari colleghi,

vorrei contribuire con un breve intervento al dibattito aperto da J.-A. Miller in un momento delicato della vita della comunità italiana del Campo freudiano. Da quando, molto tempo fa, sono stata toccata dalla psicoanalisi lacaniana, non ho più potuto non implicarmene. Prima di tutto, come analizzante; successivamente come membro del GISEP, della SISEP, della SLP ora. Non ultimo, come psicoanalista in rapporto al sociale e alle sue istituzioni, grazie ai nuovi e fondamentali sviluppi della psicoanalisi applicata (cosa che non sarebbe stata possibile senza l’esistenza dell’AMP). La situazione italiana è particolare a causa della legge che regolamenta l’esercizio della psicoterapia. Per ciò nacque l’Istituto freudiano, come emanazione della Scuola Una. Credo che ognuno dei docenti, per i rispettivi insegnamenti nell’istituto, non possano non avere come punto di riferimento e di orientamento il rapporto con la Scuola, vale a dire con la SLP.

Lo stesso vale per il lavoro che ciascuno di noi fa nell’ambito della psicoanalisi applicata, lì dove prova a realizzarla. In breve, come mantenere viva e rigorosa, nei mari spesso in tempesta di questa nostra epoca, l’eredità freudiana (che è quella seguita e rilanciata da Lacan), senza il riferimento alla Scuola in quanto Una come bussola?

Penso che nei momenti di difficoltà, di dispiaceri, di ostacoli trovati anche nell’ambito della Scuola stessa, da parte dei singoli o dei gruppi, il riferimento alla Scuola Una come funzione e come concetto possa aiutare ogni volta a superarli, facendo con essi, a partire da essi. Credo che questo possa essere un modo di intendere il rapporto tra l’Uno ed il molteplice; fare in modi diversi, singolari, creativi, in relazione all’Uno, mantenendo il legame con l’Uno, quindi riconoscendosi anche in esso.

Ognuna delle Scuole delle AMP rappresenta quella funzione di Scuola Una già proposta da Lacan; dunque in Italia è la SLP a rappresentarla. È questo uno dei punti per me più incomprensibili della questione posta da Massimo Recalcati, cioè, se la sua critica, non già all’Istituto, ma alla SLP si riferisce ad una mancanza di etica, come e perchè domandare ad un’istanza che riconosce quella funzione ad una delle Scuole un riconoscimento per il nuovo istituto? Anche perchè, tale istituto, come farebbe a mantenere un annodamento con la Scuola di Lacan in una posizione di rottura (non di separazione) con la SLP?

Mi auguro davvero che durante la conversazione queste e molte altre questioni di grande importanza per la psicoanalisi freudiana e lacaniana in Italia possano entrare in una dialettica. Umilmente credo che non sia questo un buon momento storico perchè il campo freudiano disperda le proprie forze.

Con amicizia,

Maria Laura Tkach

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Friday, October 26, 2007 3:14 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 65

Caro Jacques Alain Miller e cari colleghi,

anch’io sento l’esigenza di intervenire nel dibattito elettronico che ci condurrà, tra due giorni, a Milano. Condivido la maggior parte delle opinioni espresse dai colleghi italiani circa l’unicità e la salvaguardia della Scuola e dell’Istituto freudiano al quale essa fa riferimento per ciò che concerne la formazione degli psicoterapeuti secondo la legge Ossicini. Lo condivido nel senso che non vedrei come un nuovo Istituto di formazione, specie per come è stato fondato e per come si propone oggi, possa contribuire all’avanzata del campo a noi caro: il campo freudiano. Detto questo la cosa per me di maggiore interesse è constatare come, ancora una volta, la Scuola non si tiri indietro di fronte alle domande che ad essa vengono poste. Di questo non posso che ringraziare Miller e lo slancio con cui coglie al volo la buona opportunità e, perché no, ringrazio anche Massimo Recalcati. In questo senso, l’analisi ci insegna, che ogni domanda è benvenuta al di là della modalità in cui questa fa la sua comparsa, modalità che certo non possiamo definire a priori, a nostro piacimento, pena l’esclusione della domanda stessa e del soggetto che la sostiene o sulla quale si sostiene. La questione e la scommessa, per me, diviene allora quella di verificare quanto sia possibile accogliere e trattare una domanda senza inchiodare l’altro e al contempo me stesso all’enunciato, condizione questa affinché possa sorgere piuttosto l’enunciazione propria a ciascuno. Quando questo accade direi che il soggetto può effettivamente fare un passo che non è né un passo avanti, né un passo indietro ma, piuttosto, un passo a lato. È lì, direi, la sorpresa: ritrovarsi altrove da dove si pensava di essere e di riconoscere, come diceva Freud, che l’io e le certezze su cui si fondava non era nient’altro che un pagliaccio. A quel punto non resta che ridere di ciò che si era stati.

Non sempre si riesce ad acconsentire a ciò... è una questione di fiducia, fiducia che, nonostante gli enunciati, credo si leghi piuttosto al sorgere dell’enunciazione.

A presto e grazie

Sergio Caretto

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Friday, October 26, 2007 3:16 PM

Subject: [SLP-Corriere] SCAMBI n. 66

Cari colleghi,

vorrei esprimere la mia opinione rispetto alla questione che anima attualmente le discussioni della Scuola e riguarda la richiesta che un nuovo Istituto, riconosciuto dalla Legge Ossicini, chiede di essere inserito nel Campo Freudiano. Le considerazioni che seguono si ispirano ad alcuni significanti, parole chiave che riguardano tanto la situazione storica quanto la contingenza attuale della presenza della Scuola Lacaniana in Italia. Presenza forte ed attiva che rilancia l’opzione psicoanalitica e la sua etica in un momento di forte predominio delle neuroscienze. La psicoanalisi ha a cuore e prende partito in favore del desiderio del soggetto, desiderio singolare strutturalmente insaturo.

Il singolare poi ha per oggetto la scommessa di un infinito aperto – l’aperto, insegna Agamben che così legge Heidegger, è ciò che distingue l’animale dall’uomo, deve produrre certo la marca della sua specificità nella dimensione soggettiva di una creazione, di un’invenzione, di un proprio tempo a venire aperto a tutti i possibili. La psicoanalisi è una politica della memoria, memoria e responsabilità del soggetto, non solo di fronte al rimosso, al rimemorabile, ma proprio in ragione di quella rimozione originaria, di quel taglio che produce il parlessere come scarto del reale.

L’obiettivo comune della Scuola riguarda allora la crescita del Campo Freudiano in Italia e nel mondo, in un momento dominato dalla macchina bellica delle neuroscienze, dalla rarefazione dell’ Altro e la proliferazione dei sembianti, come opzione pratica forte a sostegno e garanzia del desiderio del soggetto; la politica della psicoanalisi richiede l’articolazione del desiderio con la prassi.

Ritengo quindi che in questo momento ogni scissione, si presenti poi essa come filiazione o rottura all’interno del Campo Freudiano, produzione di luoghi altri di ascolto e sapere, possa generare smarrimento, confusione e incidere negativamente sullo slancio creativo, sulla passione che ha animato in Italia il rilancio della psicoanalisi Lacaniana, la sua presenza forte nelle istituzioni, il suo potere eversivo di destabilizzare Io apparentemente sovrani e rilanciare l’inquietudine del soggetto. Tale evento si presenterebbe necessariamente sotto la specie del trauma e come tale necessitante di una produttiva riflessione collettiva atta a dimensionare l’implicazione soggettiva, a riscattare la singolarità dell’avvenimento in un percorso tra il “sottile presente” e il “dolce domani”.

La mia impressione è che si è lontani ancora dal tempo di comprendere, tanto più da quello di concludere. Per quanto Lacan insegni che la contingenza e il tempo dell’atto e l’atto non è mai garantito, vi è in questo caso la possibilità di una scommessa sull’incertezza che ne accolga la singolarità ma ne eviti la ripetizione? Come si potrebbe immaginare l’interlocuzione tra due Istituti in un contesto come quello italiano così pieno di energie in statu nascendi, se non in una dimensione confusiva e problematica?

Cerchiamo allora di rispettare le contingenze e le singolarità ma di tenere insieme le energie costituenti, di non disperdere il buon lavoro comune in cui tutti ci sentiamo impegnati. Spero che queste riflessioni possano contribuire alla causa comune nel rispetto di quella causa singolare che, uno per uno, ci fa senzienti.

Fulvio Sorge

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From: Adele

To: SLP-Corriere@yahoogroups.com

Sent: Friday, October 26, 2007 6:53 PM

Subject: [SLP-Corriere] COMUNICATO N. 6 DI JACQUES-ALAIN MILLER

Communiqué n°6

Chers collègues, le bouclage du Nouvel Âne ce matin me laisse le loisir de m’occuper à nouveau de vous. Vous trouverez ci-après la liste des collègues ayant envoyé des textes destinés à la Conversation. Cette liste a été établie par ma secrétaire. Étant donné le nombre important de messages transitant par ma messagerie, il peut y avoir des erreurs. Dans ce cas, adresser un message à jam@lacanian.net avec pour objet errore. J’ai mon billet d’avion, arrivée à Malpensa demain à 11h 35, mais, étant donné les grèves d’Air France, j’ai aussi un billet de train, arrivée à 21h 20 à Milan Centrale. J’espère avoir le temps, avant de partir, de participer un peu aux scambi. Contrairement à certains collègues, je suis confiant: rien n’est écrit à l’avance, c’est ce qui est intéressant. Il n’est pas question, comme le craint la chère Erminia Macola, d’exclusion, expulsion, extermination, mais d’inclusion. Un champ n’est pas une maison. Si une maison est trop petite, ou malcommode, on construit d’autres maisons dans le champ: je ne vois pas où est le problème. Il y a problème quand on se tire dessus d’une maison à une autre, quand on vide ses poubelles dans le jardin du voisin, quand on creuse des tunnels pour saper les fondations d’un autre édifice, quand on bouche la vue de la demeure déjà là, et, dans les westerns, quand les vachers mènent leur bétail piétiner les terres à blé et à maïs des fermiers. Zuccardi croit que Recalcati est un Léonidas à la tête de 300 Spartiates: mais non, mais non, Recalcati n’est pas spartiate du tout, et Di Ciaccia n’est pas le roi des Perses. C’est un Chinois qui joue au go avec vous, avec moi: je t’offre ma tête, oseras-tu la couper? Il mène les troupes de Pékin qui protègent la Cité interdite. Focchi est prussien: il dirige les troupes hégeliennes d’élite, qui acculent l’adversaire dans les défilés de la Loi du cœur. IF et SLP, c’est l’armée régulière. Jonas et IRPA, ce sont les irréguliers, les Apaches, habiles aux coups de main rapides, insaisissables guérilleros qui coupent les voies d’approvisionnement et de communication de l’adversaire. On a vu 100 fois cette histoire au cinéma. Les réguliers et les irréguliers, même quand ils font partie de la même armée, ne se supportent pas. Pour les irréguliers, les réguliers sont des lourdauds, tous pareils (ils sont en uniforme); pour les réguliers, les irréguliers sont des chenapans, qui n’en font qu’à leur tête, de dangereux incontrôlables, alors que c’est la discipline qui fait la force des armées. La discipline, c’est ce qui fait leur faiblesse, rétorquent les guérilleros, c’est l’imagination qui fait la force. Etc. Et le vieux général en chef, au corps tout couturé des batailles passées, que pense-t-il? D’abord, c’est un Père – un Père pour du semblant, mais il en faut un, surtout ici, en Italie, pour qu’il puisse aimer tous ses enfants, avec leurs qualités et leurs défauts. Ensuite, c’est un chef de guerre, qui a un combat à mener pour une grande cause, plus grande que lui: son devoir est de réunir le maximum de forces contre l’ennemi extérieur (les tenants de la société de contrôle et de surveillance, les agents du Depression Business, les TCC, etc.), et d’utiliser ces forces au mieux des compétences de chacune. Enfin, il doit incarner la fonction dite de joker-trickster au sens de Dumézil. Si j’en ai le temps, avant de partir pour Milan demain, j’envoie un autre communiqué. Adele, faîtes passer, s’il vous plaît, ce communiqué tel quel, en français, beaucoup d’Italiens lisent le français. Vous ferez ensuite la traduction italienne que je relirai, et vous l’enverrez après. – Jacques-Alain MILLER, le 26 octobre 2007, 17h 55

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